C’è un video che su Facebook che ha totalizzato 66.000 visualizzazioni. Si vedono due ragazze, Alessandra e Roberta, entrambe in abito di sposa bianco e un sacerdote barbuto che le unisce in matrimonio. Messinscena? Farsa? Parodia? Niente di tutto ciò. E’ un vero rito religioso e il presbitero che celebra, padre Rosario, appartiene alla Chiesa Cattolica Ecumenica.
Padre Rosario appartiene alla chiesa cattolica ecumenica. Nata in California nel 1987, è una delle tante chiese che si autodefiniscono cattoliche perché riprendono in pieno tutta la teologia e la dottrina (primato di Pietro compreso) ma non riconoscono più l’autorità del Vaticano e quindi, oltre ad avere una propria gerarchia separata con propri preti, vescovi e arcivescovi (ma non papi e cardinali) non impongono il celibato ai loro sacerdoti, hanno donne fra i diaconi e i sacerdoti, ammettono i divorziati risposati alla comunione e li risposano, consentono la contraccezione e talvolta anche l’aborto e dulcis in fundo celebrano matrimoni fra omosessuali. Il loro essere cristiani e cattolici pur mantenendo l’indipendenza dalla Santa Sede è il tratto che viene ribadito con più forza. Chiese lontane dalle gerarchie e dalle cupole e dalle loro contraddizioni, più vicine (almeno così affermano) allo spirito originario del Vangelo. Orientarsi in questo mondo non è semplice, la frammentazione è vasta, spesso sono gruppi molto piccoli che non oltrepassano i confini di una città. In Italia, un esempio di questo tipo di chiese è la chiesa cattolica ecumenica che ha sedi in Sicilia, Campania e Abruzzo. E probabilmente esistono anche altre esperienze sconosciute sul nostro territorio nazionale.
I vescovi delle chiese cattoliche indipendenti ribadiscono la legittimità delle ordinazioni: secondo la teologia cattolica, i vescovi sono i successori degli apostoli. Per garantire questa successione, ciascun vescovo deve essere a sua volta ordinato da un altro vescovo in una linea temporale che, simile ad albero genealogico, dovrebbe risalire fino agli apostoli. Molti di questi vescovi sono stati ordinati da ex vescovi della Chiesa romana e quindi in questo modo sarebbe rispettata la successione apostolica. Inutile dire che a San Pietro non sono d’accordo.
Il mensile paolino “Jesus” ha stimato che le chiese cattoliche separate, contraddistinte quasi tutte da queste posizioni molto più progressiste della chiesa cattolica ufficiale, possano contare su circa dieci milioni di fedeli. Si conterebbero nel mondo almeno 500 denominazioni, con veri e propri picchi negli Stati Uniti e in Brasile. E’ un mondo frammentato e diviso, dove spesso la chiesa si raduna intorno ad un leader carismatico e si frantuma alla sua morte o spesso alcuni gruppi finiscono per distaccarsene e fondare a sua volta nuove chiese e nuove denominazioni. Tentativi di creare organizzazioni comuni per raccogliere questi movimenti, tutto sommato anche simili fra loro, sono finora falliti.
Alcuni sociologi leggono in queste chiese una conseguenza dell’individualizzazione della società contemporanea: i grandi fenomeni di massa sono in declino e l’uomo del nostro tempo cerca, in ogni settore, una propria dimensione individuale. Questo si riflette in politica, dove sono scomparsi i grandi partiti con milioni di iscritti, nella tv dove proliferano i canali tematici a danno di quelli generalisti, e infine nella religione dove si ricerca una spiritualità più prossima e quindi più personale.
Altri, come Massimo Introvigne, vedono in queste chiese un tentativo di esportare la spiritualità cristiano-cattolica a quelle categorie che si sentono escluse dalla Chiesa romana: i preti sposati, i divorziati, gli omosessuali. Introvigne fa notare, a questo proposito, la presenza di molti sacerdoti e vescovi gay e addirittura attivisti nei movimenti LBGT.
Se in Vaticano finora sono rimasti piuttosto indifferenti al fenomeno, ben diversa invece la posizione dei vari vescovi che si sono ritrovati i cattolici non romani nelle loro diocesi. La conferenza episcopale brasiliana ha dichiarato che: “non hanno un proprio popolo, operando fra la gente già impegnata nella chiesa cattolica”. E’ stato scritto anche che la loro attività pastorale si limita alla somministrazione dei sacramenti, soprattutto al di fuori delle regole cattoliche, e da questa attività sarebbe la loro principale fonte di guadagno.
In Italia la reazione è stata dura. Il vescovo di Teramo, Michele Seccia, ha messo in guardia i fedeli dopo la notizia apparsa sui giornali di un matrimonio omosessuale celebrato da un prete ecumenico in Abruzzo. “Tali eventi” –ha attaccato Seccia– “hanno determinato stupore e disorientamento fra i fedeli per l’uso di vesti e riti simili a quelli della chiesa cattolica romana.” Seccia ha poi avvertito che: “i sacramenti celebrati da ministri non lecitamente e validamente ordinati non hanno alcun valore e coloro che attentano alla celebrazione degli stessi incorrono nella scomunica”. La chiesa ecumenica ha replicato, per bocca del suo vescovo Agostino De Caro: “Siamo molto delusi e amareggiati da queste dichiarazioni sprezzanti e false.” De Caro ha ribadito che da sempre la sua chiesa precisa di non parlare a nome della chiesa vaticana, ha rivendicato la propria legittimità ad esistere e ad agire nel nome della libertà di culto. Ha chiesto rispetto e in un passaggio interessante del lungo comunicato stampa afferma: “La nostra storia nasce da vocazioni cattoliche romane, che la prova di un clero pesante e poco lungimirante ci hanno oppresso e maltrattato fino all’inverosimile: facendoci abbandonare seminari, istituti religiosi e percorsi vocazionali già avviati.” Il clero romano ha mostrato i muscoli anche in Campania dopo che erano uscite sui giornali locali le foto di un altro matrimonio omosessuale: “Non sono una setta, non sono una chiesa, sono un’organizzazione che vorrebbe denominarsi tale ma le mancano gli elementi fondamentali” –ha tuonato in un’intervista il vescovo di Nola, Beniamino De Palma – “C’è tanta confusione dottrinale, idee poco chiare. Questa organizzazione, che non ammette l’infallibilità del Papa, dà i sacramenti a tutti: anche a divorziati risposati e coppie omosessuali. Ma questa non è vera accoglienza. Perché tutti vanno accolti, ma nella verità. Siamo intervenuti perché c’è il rischio che questa organizzazione possa seminare smarrimento nei fedeli che non hanno una grossa preparazione teologica, e riesca a ingannarli unicamente con queste novità che propagandano: una chiesa nuova, una chiesa diversa, dove i preti si sposano. C’è il pericolo di creare confusione nelle persone più semplici. Per fortuna al momento questa organizzazione non ha un seguito.”
Ma c’è anche chi nella chiesa romana ha provato ad interrogarsi sul fenomeno: osservando gli analoghi fenomeni sudamericani, Demetrio Valentini, vescovo di Jales, in Brasile ha dichiarato a Jesus: “Il fenomeno segnala la necessità che la Chiesa latinoamericana, come quelle di Africa e Asia, abbiano una propria autonomia e un volto proprio, cioè liturgia, ministeri e teologia propri, per costruire un cattolicesimo che si identifichi con le culture locali. Serve una comunione che permetta la diversità.”
La sensazione personale è che queste “piccole Chiese” si stiano muovendo e crescendo proprio su quelle tematiche in cui la Santa Sede annaspa, dove la pressione del mondo è sempre più forte e il Vaticano non riesce più farsi comprendere e capire persino da suoi stessi fedeli, come dimostra la sconfitta nel recente referendum irlandese.
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