Berlino – Tra le nuove patologie sociali che l’Europa sta sviluppando, spicca la “grande coalizione”, quella che nasce dell’accordo tra i due partiti maggiori di “centrodestra” e “centrosinistra”, ormai noto come il “modello tedesco”, die Große Koalition visto che da anni la Germania sperimenta questa modalità di governo. E’ il “partito della nazione” che abolisce di fatto le differenze parlamentari tra “sinistra” e “destra”, per configurarsi come l’unico modello ideologicamente adeguato per conseguire il “superamento delle ideologie” e l’abbattimento“dei confini tra destra e sinistra”. Due traguardi indispensabili per raggiungere due obiettivi (che poi sono i pilastri sui quali si regge l’euroliberismo): il ritiro della partecipazione dello Stato dall’economia; e la progressiva riduzione del welfare in Europa attraverso l’ineludibile sostegno della “sinistra” e i sindacati senza i quali la pace sociale non è garantita.
Così operandp la “sinistra” non soltanto difende ardentemente l’economia di mercato, ma, come già sottolineava Pasolini, non smette di celebrarne tutte le implicazioni morali e culturali. Si tenga a mente che quella che ancora oggi chiamiamo “sinistra” è nata da un patto difensivo contro la destra nazionalista, clericale e reazionaria, siglato all’alba del XX secolo tra le correnti maggioritarie del movimento socialista e le forze liberali e repubblicane che si rifacevano ai principi del 1789 e all’eredità dell’illuminismo, la quale include anche Adam Smith.
L’Italia è retta di fatto da una coalizione “destra-sinistra” dal 2011: prima con Monti, poi con Letta, successivamente con Renzi e Gentiloni. Ogni governo di questi ultimi sette anni è stato espressione delle forze politiche dei due schieramenti.
Come notò subito Rosa Luxemburg, era un’alleanza ambigua, che fino agli anni Sessanta ha reso possibili molte lotte emancipatrici, ma che una volta che si sono esauriti i motivi, non poteva che sfociare nella sconfitta di uno dei due alleati. È quello che è accaduto alla fine degli anni Settanta, quando l’intellighenzia di sinistra si è convinta che il progetto socialista fosse essenzialmente “totalitario”. Da qui passo dopo passo, si è iniziato il ripiegamento della sinistra europea sul liberalismo di Adam Smith con il conseguente abbandono di ogni idea d’emancipazione dei lavoratori.
Pertanto è più che naturale che l’Italia sia retta di fatto da una coalizione trasversale dal 2011: prima con Monti, poi con Letta, successivamente con Renzi e Gentiloni. Ogni governo di questi ultimi sette anni è stato espressione delle forze politiche dei due schieramenti. Anche il futuro sembra esserne segnato. Tant’è che venerdì scorso a Berlino, il premier Paolo Gentiloni ha assicurato Angela Merkel che, «la coalizione di centrosinistra sarà il pilastro di un governo stabile, non caratterizzato da posizioni anti europee». Tuttavia non ha escluso comunque la coalizione con il centrodestra perchè, «le soluzioni di governo le daranno gli elettori il 4 marzo». Il modello tedesco impera.
Il paradosso che ha l’effetto di una bomba è che nell’altro secolo il dissenso era schiacciato in nome dell’anti-comunismo, oggi esso ridiventa un crimine perché, così hanno stabilito Matteo Renzi e i suoi più stretti compagni di partito che si definiscono uomini di “sinistra”.
Infine, proprio ieri nella sua Bologna l’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea Romano Prodi si è dichiarato – davanti a tutti – dalla parte di Paolo Gentiloni. Lo ha abbracciato, lodato, rilanciato alla guida di Palazzo Chigi come l’unica personalità in grado di tirare l’Italia fuori dal pantano, se dalle urne del 4 marzo non dovesse uscire una maggioranza.
Comunque vada, ci sarà alla fine un governo retto dall’accordo liberista tra “centrosinistra” e “centrodestra”, come in Germania appunto. Questo è il messaggio che il mainstream diffonde, sorvolando sui particolari. Non c’è dubbio che il futuro italiano si annuncia già segnato da una differenza sostanziale rispetto a quello dei tedeschi. Infatti, lo squallore e la sofferenza inflitti ai lavoratori nel Novecento, li ritroviamo speculari nel presente italiano, ma oggi i lavoratori sanno che non possono più contare su una strenua difesa dei loro interessi da parte della “sinistra”, come accadeva in passato. Il paradosso che ha l’effetto di una bomba è che nell’altro secolo il dissenso era schiacciato in nome dell’anti-comunismo, oggi esso ridiventa un crimine, perché così hanno stabilito Matteo Renzi e i suoi più stretti compagni di partito che si definiscono uomini di “sinistra”. C’è dell’altro da aggiungere?