A trent’anni dalla caduta del Muro, Berlino resta un luogo simbolico, cuore pulsante di una realtà in continua trasformazione. Capitale della Guerra Fredda, emblema di un mondo diviso in due blocchi contrapposti e antagonisti, questa metropoli contiene in sé le mille stratificazioni del presente e del passato, con un ritorno circolare in cui riemergono continuamente gli interrogativi sulla presunta “via particolare” dei tedeschi. Enorme caleidoscopio della memoria, Berlino sovrappone e amalgama mutazioni architettoniche e storiche che hanno disegnato il Continente. Dal suo tessuto urbano affiorano i mille volti e le mille anime che hanno delineato la storia di questa città-mondo: l’Unter der Linden di Federico Guglielmo I di Brandeburgo, le residenze della capitale imperiale bismarckiana e guglielmina e le testimonianze dell’era gloriosa del Bauhaus; le aberranti visioni urbanistiche di Albert Speer negli anni Trenta e le steli di nudo cemento dedicate alla Shoah da Peter Eisenman sulle rovine del bunker di Hitler; i resti della barriera di mattoni, filo spinato e nidi di mitragliatrice che il 13 agosto 1961 ha spezzato in due la città e la sfida della nuova Potsdamer Platz, tirata su dopo il crollo del Muro, simbolo della “Nuova Berlino” di oggi.
La storia politica tedesca del Novecento è stata a lungo segnata dalla questione del ruolo della Germania nell’esercizio della sua sovranità e della natura specifica della sua supremazia, effettiva o potenziale. Berlino incarna simbolicamente tutto questo, in un’infinità di teche museali della vecchia e nuova Germania, oggetto di narrazioni ideologicamente contrapposte, dove problematica, spesso conflittuale, risulta la visione del paese nel suo rapporto con l’Europa e i partner occidentali. Città dal ritratto sfuggente e contraddittorio, in cui si fondono classicità, modernità e pragmatismo, in altre parole l’immagine e il mito della metropoli contemporanea, per decenni Berlino è stata plasmata dal Muro, dapprima immensa cicatrice aperta della nazione tedesca, poi emblema di un progressivo emergere di una rinnovata consapevolezza nazionale. E al tempo stesso simbolo potente dell’identità europea del popolo tedesco, in un paese come la Germania che ha sentito più di ogni altro il processo di integrazione europea, subendolo nell’iniziale fase postbellica, ma plasmandolo e beneficiandone nel lungo periodo.
L’esito di questo imprevedibile e contrastato processo storico può essere riassunto in modo paradigmatico nella complessità stessa di Berlino, in bilico perenne fra continuità e mutazione. La prima esperienza di Grande Coalizione nel 1966, la Neue Ostpolitik di Willy Brandt, l’affermazione di un presunto Modell Deutschland nel periodo dei governi di Helmut Schmidt, il tenace disegno unitario di Helmuth Kohl sono tutti processi che prendono forma e si sviluppano fra le mura sbrecciate di questa metropoli unica al mondo, lungo la barriera invalicabile di 160 chilometri di cemento e filo spinato, all’ingresso dei suoi checkpoint Charlie, Alpha, Bravo. È la storia di una città sconfitta, costretta alla resa senza condizioni, occupata e divisa, battuta per decenni dai servizi segreti di mezzo mondo, che trova, anche grazie alla riunificazione e al processo di integrazione europea, gli strumenti decisivi per ristabilire le proprie credenziali politiche e morali dopo l’orrore del nazismo e le lunghe tenebre della DDR.
La notte in cui crollò il Muro e finì un mondo apparve evidente come la simbiosi fra Berlino e il resto della Germania sarebbe diventato il pilastro della riunificazione. Vedemmo in televisione le immagini di migliaia di tedeschi orientali invadere pacificamente Berlino Ovest. In quell’abbraccio tra berlinesi, di nuovo uniti, si fondono di colpo le immagini dell’escalation della Guerra Fredda, dell’interminabile guerra di spie, della costruzione del Muro, dei tentativi di fuga riusciti e di quelli soffocati nel sangue, della vita ai tempi delle due Berlino, della terribile Stasi. In tre giorni, due milioni di persone passano il confine fra le due città, fra Est e Ovest, fra i due blocchi contrapposti, marcando la fine di un’epoca. Il 9 novembre 1989 il pensiero dei berlinesi e di tutto il mondo è per la vittoria della democrazia e la fine delle dittature comuniste dei paesi dell’Europa orientale. Un processo inarrestabile, che porta alla riunificazione della Germania di Helmut Kohl, ridisegna l’idea stessa di Europa, conduce due anni dopo alla disintegrazione dell’Unione Sovietica.
Chiamata a ripensare nuovamente se stessa, a inventare uno sviluppo equilibrato e armonico, nel 2000 Berlino diviene capitale di una nuova Germania, una Germania che getta alle proprie spalle l’ombra della catastrofe e, da paese diviso che era, si dimostra oggi capace di nuove forme di statualità e di coesione nazionale per tornare a svolgere un ruolo di primo piano sulla scena internazionale. Nell’odierna società multiculturale della Germania riunificata, il fascino di Berlino risiede ancora una volta nella presenza nel suo perimetro urbano di molti ambienti che la rendono unica, in un intreccio continuo di continuità e mutazione. Il suo mosaico umano, la molteplicità delle sue voci rispondono a domande su eventi che hanno deciso il futuro di tutti, non soltanto dei tedeschi.
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