di Francesco Carini – Homo Sum
Oggi ricorre l’anniversario del barbaro assassinio di Pio La Torre, uno fra i più grandi Sindacalisti e Politici italiani (la maiuscola è voluta), che si è opposto alla Mafia sin da giovane, quando si schierò a favore dei braccianti agricoli per l’applicazione dei decreti Gullo, in virtù di cui i terreni non o mal coltivati potevano essere assegnati ai contadini, la maggior parte dei quali vivevano in stato di miseria. Poco più che ventenne, il politico fu detenuto per più di un anno in galera fra il 1950 e il 1951 per eventi connessi alla sua partecipazione e alle manifestazioni in favore dell’occupazione delle terre.
Protagonista di battaglie di civiltà per 30 anni, prima come sindacalista CGIL e poi come deputato del PCI, fu artefice dell’introduzione del 416/bis nel codice penale (quindi del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso), promulgato con la legge 646 del 13 settembre 1982 (quasi 5 mesi dopo la sua morte), sulla base di una sua proposta risalente al 31/03/1980, come si evince anche dal sito del Centro Pio La Torre.
Ovviamente ci troviamo di fronte all’ennesima situazione in cui l’impegno civile e politico, quello vero, si paga con la vita. Come hanno fatto in molti si sarebbe potuto girare dall’altra parte, ma ha scelto un’altra strada e la Mafia ha agito vigliaccamente, uccidendo una persona seria, oltre che uno fra i pochi galantuomini rimasti in Italia, seguendo un leitmotiv ben consolidato, partito con omicidi eclatanti quali quelli di Emanuele Notarbartolo, passando per vicende meno conosciute come quella che ha visto coinvolto Pasquale Almerico negli anni ’50 (rimasto isolato prima di essere trucidato), fino ad arrivare prima a Peppino Impastato e successivamente a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (solo per citare alcune vittime).
Adesso c’è un grande timore che la mafia possa rialzare la testa in seguito al blocco delle attività dovute al Covid-19 e al conseguente aumento delle povertà, ma…