Ieri, 18 febbraio, è uscito Storie Sterrate di Marco Denti, ecco una intervista all’autore.
Lei cita Laurie Anderson che diceva “Scrivo per scoprire cosa ho in mente.”. Lei perché ha scritto Storie sterrate? Cosa aveva in mente?
Non avevo in mente una destinazione o uno schema particolare. Da sempre mi affascina il ruolo centrale che la scrittura riesce ad assumere, anche nella musica o nel cinema e quando gli editori di Jimenez (Michela Carpi e Gianluca Testani) mi hanno proposto di indagare un po’ più a fondo, mi sono lasciato trasportare dal senso di rinnovata meraviglia per il lavoro (e la vita) di questi musicisti/scrittori e/o scrittori/musicisti. È stato un bel viaggio, che mi ha fatto riscoprire quanto sia vitale e fondamentale il rapporto con la scrittura, con le storie, con le canzoni.
Io ho un caro amico musicista, ci siamo trovati a volte a discutere su quale debba essere la priorità di un musicista, lui dice la musica prima delle parole perché due accordi di chitarra e tante belle parole non fanno di una canzone un “pezzo musicale” degno di nota, destinato a durare. Lei cosa risponderebbe al mio amico?
Devo dare ragione al suo amico, e non solo per solidarietà nei confronti dei musicisti, ma perché le componenti musicali, all’interno di una canzone, sono determinanti. Poi ognuno ha il suo metodo. Elliott Murphy mi diceva che comincia tutto quando prende in mano la chitarra, mentre un bravissimo songwriter e raffinato chitarrista, Kelly Joe Phelps, mi spiegava che ogni sua canzone nasce da un racconto, a volte persino brevi romanzi, che poi via via riduce fino a farne il testo di una canzone, che infine comincia a comporre sulla chitarra. Un metodo un po’ complicato, ma devo dire dai risultati notevoli.
Tra i tanti autori e autrici di “Storie sterrate”, chi preferisce e perché?
Non ho dubbi: Leonard Cohen e Rickie Lee Jones. Leonard Cohen ha un’attitudine verso le parole (scritte o cantate, è lo stesso) che mi ha colpito. Dietro ogni singola poesia o canzone c’è un enorme lavoro, un continuo rimescolamento di sensi. E poi è stato un personaggio ricco di contraddizioni, che andava in ritiro con i monaci e poi si ubriacava con loro. Fantastico. Rickie Lee Jones perché ha interpretato il lato notturno, romantico, selvaggio e jazz della vita, creando atmosfere irripetibili. Consiglio di ascoltare e riascoltare all’infinito Pirates, pura magia.
“Oggi tutti provano a essere Bruce Springsteen” leggiamo nel capitolo dedicato a Steve Earle. Qual è la “terre commune” tra un musicista di 71 anni e uno di 30 secondo lei?
Credo che, a un certo livello, ci sia una sorta di continuità ineluttabile per cui da Steve Earle o Nick Cave si risale a Bruce, da lì a Dylan, da lì a Johnny Cash e a Elvis e via via fino a Hank Williams, Leadbelly, Robert Johnson. In “Storie sterrate” in effetti è emersa questa figura di eroe a cui ci si ispira e a cui si fa riferimento. Un modello, una fonte di ispirazione e tra tutti è Jim Morrison quello che, da Patti Smith a Julian Cope è tornato con più frequenza.
Ci racconta delle “prose-poems”, poesie in prosa, di Jim Morrison?
Beh, Jim Morrison aveva un approccio multiforme alla scrittura e per lui distinguere la prosa della poesia non ha senso, anche perché va aggiunta la sua peculiare visione cinematografica. Ecco, alla fine, credo che la sua sia stata una scrittura per immagini, cosa che rende così vivide, ancora oggi, le canzoni dei Doors.
A proposito di Woody Guthrie, John Steinbeck diceva: “Woody è solo Woody” (.Woody Is Woody) Woody Guthrie incarnava probabilmente il vero spirito americano, come lo descriverebbe a chi non lo conosce?
Lo descriverei come un messaggero che porta notizie da un sogno in pezzi e di un paese che non c’è mai stato, ed è per quello che è una vera voce americana.
Ho trovato in “Storie sterrate” anche Willy Vlautin che io conosco unicamente come scrittore, che mi dice di lui come musicista?
Willy Vlautin è stato a lungo la colonna portante dei Richmond Fontaine e qui è curioso perché erano un gruppo dove le sue doti di narratore si sono nascoste dietro una musicalità affascinante, visto che le canzoni spesso diventavano delle piccole suite, più adatte a una colonna sonora che a una rock’n’roll band. Anche con la band successiva (e attuale) i Delines mi pare si sia ricamato un ruolo un po’ defilato, da chitarrista. Forse è solo una mia impressione, però devo dire che i suoi romanzi hanno rivelato uno degli scrittori americani più importanti degli ultimi anni e credo che a breve ne avremo conferma.
Nel capitolo dedicato a Lou Reed ad un certo punto viene fuori l’argomento legato al carattere di Reed, quanto conta se fosse o meno “una testa di …” rispetto al suo talento, è il vecchio dilemma che vede contrapposti L’uomo e L’artista. Che idea ha lei a questo proposito?
Non mi sono mai posto il problema. Per me gli artisti sono artisti: qualcuno che ci fa scoprire qualcosa che non riuscivamo a vedere con i nostri occhi. Non m’importa se sono educati o se hanno pagato le tasse, se si comportano bene o bevono o sfasciano le camere d’albergo. Sono uomini e donne che aprono porte, che accendono fuochi, che sfidano se stessi, e possiamo solo immaginare la pressione a cui sono sottoposti. Poi ognuno ha le sue giornate, ma devo dire che, per esperienza personale (avendo incontrato di persona una buona parte dei protagonisti di “Storie sterrate”) più sono geniali e ispirati, e più sono modesti e gentili.
Lei suona uno strumento? Ha mai scritto canzoni, insomma è uno della banda delle “Storie sterrate”?
Sì, suono un po’ la chitarra, il basso e durante il lockdown per non impazzire ho studiato qualche accordo di pianoforte. E, sì, ho provato a scrivere delle canzoni, ci provo ancora e ci proverò sempre, ma non mi illudo: ogni volta che sento qualcuno di questa “banda” (e anche molti altri, a dir la verità) non posso che fermarmi ad ammirarli, e rimettere le chitarre nelle custodie a tempo indeterminato. Qui c’è gente che con una canzone di prende per mano e ti porta via per sempre.
Non so se mi ha più impressionata con le citazioni letterarie o con le citazioni musicali, userò Storie sterrate come un “breviario” da ora in poi, le faccio moltissimi complimenti: Cosa fa nella vita oltre a scrivere?
Mi fa molto piacere l’idea del “breviario” perché per spiegare questi giganti, ho chiesto aiuto ai loro pari e, allora, giusto per esempio, per capire Dylan sono andato a saccheggiare Sam Shepard, e così. Anche perché adoro i libri che contengono altri libri, primo tra tutti “Danubio” di Claudio Magris. Quando si arriva a quel livello si capisce che tutto quello che c’è oltre la scrittura è relativo. Però voglio risponderle e dirò che mi occupo di comunicazione e in particolare, negli ultimi anni, di un progetto di agricoltura sociale che ogni giorno mi porta a riconsiderare alcuni bisogni primari: aria, acqua, terra, cibo, lavoro. È una bella sfida.
Le faccio l’ultima domanda. Se volessi citarla, mi suggerisca una frase tipo: come dice Marco Denti …
Non saprei, con Storie sterrate posso solo condividere l’esperienza di essermi buttato e di aver sfiorato qualcosa di importante. Una sensazione di stupore, forse anche di apprensione, che ancora non riesco a identificare con precisione. Mi ha ricordato una festa sul mare, tanti anni fa: c’era una rock’n’roll band che faceva scintille sulla spiaggia, gente che ballava sorridente, i fuochi d’artificio, e mio fratello mi fa: “Andiamo a tuffarci”. Detto, fatto, vestiti e stivali compresi. L’acqua era fantastica, il cielo stellato un incantesimo, l’aria era piena di musica, ma io non so nuotare. Ecco, quella sensazione lì. Bellezza e pericolo, insieme.
Il libro
In tutti i musicisti/scrittori o scrittori/ musicisti c’è una vocazione a non fermarsi, a mutare forme e dimensioni per misurarsi con qualcosa di ignoto, di inedito. Per molti non è solo il passaggio dalla parola cantata a quella scritta (o viceversa): è la ricerca di nuovi mondi, di spazi diversi. Perché le canzoni vanno veloci, vivono nell’immediato, creano una miniatura del mondo reale, un microcosmo da esplorare in poco, pochissimo tempo. Tre minuti, all’incirca. Macrocosmi sono invece i romanzi, mondi sconfinati in cui si intrecciano vite, storie, paesaggi, linguaggi. Il rock è l’attimo, mentre la letteratura ha bisogno di più tempo, anche di più pazienza, di un corteggiamento più convinto. Tra gli autori di cui racconta Marco Denti c’è chi ha scritto un libro e chi poteva evitarlo, chi ha narrato la propria autobiografia e insieme tutta un’era, chi scrivendo il proprio memoir ha smantellato un’intera carriera, chi ha varcato il confine tra il memoir e il romanzo, chi avrebbe potuto scrivere un romanzo e invece non l’ha mai fatto ma nelle sue canzoni ci sono più storie che in un’intera bibliografia, chi l’ha fatto per una causa, chi l’ha fatto senza motivo, chi per tornare indietro nel tempo, o per andare avanti, scegliendo tra una strada già tracciata e una storia sterrata. Con, tra gli altri, Patti Smith, Bob Dylan, Lou Reed, Stephen King, Nick Cave, Bruce Springsteen, William Burroughs, Jim Morrison, Leonard Cohen, David Byrne, Hunter S. Thompson, Joni Mitchell, Willy Vlautin, Morrissey, Billy Corgan, Chuck Berry, Jim Carroll…
Storie sterrate. Musicisti/scrittori. Scrittori/musicisti di Marco Denti
Editore: Jimenez
Anno edizione: 2021
Pagine: 320 p., Brossura € 17,10