Il voto di ieri in Senato con cui si è sostanzialmente bocciato il DDL Zan non è una sorpresa per nessuno. Tranne per Monica Cirinnà, Alessandro Zan, Giuseppe Conte, Chiara Geloni e i rispettivi partiti (PD, M5S e ArticoloUno). Mal contati, e tenendo presente che diversi senatori di Forza Italia han votato in favore del DDL, nel centrosinistra sono comparsi nel voto segreto una quarantina di franchi tiratori che hanno affossato il disegno di legge. La probabile suddivisione nei gruppi di centrosinistra, stando a quanto si era letto nei mesi precedenti nelle dichiarazioni a stampa è circa di 20-25 provenienti dal M5S, una decina scarsa dal PD e forse fino a 4 in Italia Viva.
Cirinnà, Zan e Geloni dicevano che Renzi si sbagliava: avevano torto
Da qualche mese il leader di IV, Matteo Renzi, andava avvisando: badate che in Senato non abbiamo i numeri avuti alla Camera. Sarà necessario un compromesso almeno con Forza Italia. Non gli han dato retta: anzi, Cirinnà e Zan e Provenzano e Boccia dicevano che Renzi si sbagliava, che i numeri ci sarebbero stati. S’è visto ieri chi aveva ragione e chi torto. Perfino Enrico Letta aveva invitato a fare i necessari compromessi: ma il segretario del PD è rimasto inascoltato dai suoi stessi gruppi al Senato. Un dato politico che dovrebbe farlo riflettere in previsione dell’elezione per il Quirinale.
L’ottimo precedente della legge contro il bullismo
Tutto ciò mi ha riportato con la memoria a quanto mi disse tempo fa l’ex Garante per l’infanzia e adolescenza del Lazio, Jacopo Manzetti, circa il percorso che si fece, solo nel 2017, per approvare la legge contro il bullismo. Quel testo di legge, in sé ottimo sotto diversi punti di vista, fu approvato all’unanimità, anche col voto dei Fratelli (e sorelle…) d’Italia, dei leghisti più turpi e cattivi e di tutta Forza Italia. Ricordano gli atti parlamentari che ci fu un solo voto contrario al Senato: Domenico Scilipoti Isgrò, del gruppo di FI, e appena 6 astenuti, fra cui l’immarcescibile Carlo Giovanardi. Tutti gli altri in favore.
Ma allora era possibile votare tutti insieme per una legge di civiltà? Certo che era possibile. Bastava essere disposti a “fare politica”, ossia trovare un ragionevole compromesso. Non si è voluto fare, per trasformare il DDL Zan in una bandierina ideologica della sinistra-sinistra contro la destra e il centro cattolico. Sorpresa: la sinistra-sinistra ha perso. Lezione prodromica di ciò che potrebbe accadere fra qualche mese per l’elezione del Presidente della Repubblica. Su cui, non a caso, Renzi da mesi ripete che la maggioranza relativa è in mano al Centrodestra, considerati i rappresentanti regionali. E che dunque il nome del prossimo presidente dovrà arrivare da quella cultura politica: Emma Bonino, idealmente, ma realisticamente la sua antitesi, Pierferdinando Casini.
Cosa significa “saper fare politica”
Diciamo che oltre a saper fare politica, sarebbe stato utile saper fare i cosiddetti “conti della serva”, quando si tratta di soppesare favorevoli e contrari. Una qualità che diversi senatori del PD, del M5S e di ArticoloUno ancora devono acquisire.
La cosa buffa è che ora che le uova si sono rotte, dal PD e dal M5S accusano Renzi e Italia Viva di essere i responosabili. Sottolineano l’assenza di Renzi di ieri dal Senato. Eppure ieri in Senato erano assenti anche 16 senatori del Gruppo Misto (quasi tutti ex M5S), 4 del M5S, 3 del PD, ma di questi nessuno parla.
Tutta la colpa a Italia Viva, sempre
Zan e Provenzano (PD) hanno, come sempre, approfittato per accusare il loro ex segretario, con la consueta onestà intellettuale che li contraddistingue: quando c’è un problema, la causa prima aristotelica è sempre Renzi e Italia Viva. Finisce che la chiosa più giusta la si deve al parlamentare Roberto Giachetti: “Dopo il passaggio a luglio a voto palese per 1 voto, solo dei dilettanti potevano pensare che oggi a voto segreto potesse andare diversamente. Oppure dei cinici che in modo spregiudicato scelgono le bandierine a danno dei diritti di chi subisce quotidianamente discriminazioni.” Abbiamo visto dispiegare ciò che Mario Lavia ha chiamato, con grande senso del gusto, il “cirinnismo”.
La sinistra impari a fare politica, insomma. E magari, impari prima a fare i conti della serva.