Decisioni irreversibili dall’effetto immediato. Con queste parole, pronunciate da Yasser Alì, portavoce del presidente egiziano Mohamed Morsi, eletto il 24 giugno, l’Egitto volta pagina. Una serie di provvedimenti che rimescolano tutte le carte del Paese, e rivoluzionano i suoi vertici. Prima di tutto, Morsi dà un taglio al passato: il generale Hussein Tantawi, capo delle forze armate, ministro della Difesa e successore di Mubarak, viene obbligato al ritiro. Insieme a lui, il capo di Stato maggiore Sami Anan. Al loro posto il generale Abdel Fatah el Sissy, nominato comandante delle forze armate e ministro della Difesa e il generale Sadky Sobhy come capo di Stato maggiore. Morsi fa e disfa tutto in un giorno. Un avvicendamento ai vertici calcolato. Senza dimenticare la preziosa nomina del magistrato Mahmud Mekki come vice-presidente, una delle figure più autorevoli nel contrasto a Mubarak e membro della Corte.
La vera mossa del cavallo, però, è un’altra: l’annullamento di un decreto costituzionale emesso dai militari appena prima della sua elezione, il 17 giugno quando l’esito del voto non era ancora sicuro. Il decreto limitava la sfera d’azione del presidente, gli impediva di diventare capo supremo delle forze militari, e mirava a lasciare gran parte del potere nelle mani dell’esercito. Inoltre, la giunta aveva sciolto il Parlamento, che non è stato più ricostituito. Morsi ha reagito al decreto emettendone un altro, che cancella il precedente e gli dà piena autorità sia legislativa che esecutiva, e dunque anche la possibilità di completare la Costituzione egiziana.
Tutto insieme non se lo aspettava nessuno. In una sola domenica di agosto Morsi ha spazzato via il potere dell’esercito egiziano? Non proprio. Innanzitutto, la mossa era calcolata e preparata. In seguito all’annuncio, in tanti si sono riversati per festeggiare nelle strade egiziane, ma l’esercito non ha mostrato nessun segno. Anche le reazioni ufficiali che sono seguite non lasciano trapelare nessun nervosismo: da quello che Mohamed el Assar, nuovo vice-ministro della Difesa, ha riferito alla Reuters, alla base di tutto c’è stato un accordo, raggiunto nei mesi precedenti e che comprende lo stesso Tantawi. Nessuna sorpresa, allora, per i militari. A ciò si aggiunga anche la caduta di immagine subita dalle forze armate dopo l’uccisione di 16 soldati nel Nord Sinai, un fatto che ha creato molto imbarazzo ai vertici dell’esercito. Morsi ha approfittato anche di questo per imporre la sua linea.
Il punto non è solo politico: è anche un momento storico. Per Mohamed Hussein Tantawi, di sicuro. Una carriera nell’esercito, di cui fa parte fin dal 1956, e poi, dopo vent’anni da capo delle forze armate, la presa del potere al posto di Mubarak. Una transizione lenta per un nuovo potere che, secondo alcuni, non era del tutto voluto. Tantawi è stato visto come il simbolo di un esercito che non vuole mollare la presa. A 76 anni, in molti si immaginavano il ritiro. Al suo posto il nome più probabile era proprio quello di Sami Anan, anche lui deposto da Morsi. Forse per salvare le forme, o forse come elemento più sostanziale, ai due generali è stata conferita un’alta onorificenza: la medaglia dell’Ordine del Nilo, il riconoscimento più importante del Paese. Secondo alcuni, si tratta di una via d’uscita sicura e definitiva. Migliore, senza dubbio della sorte capitata a Mubarak.
In ogni caso, il gioco adesso è nelle mani di Morsi e, di conseguenza, della Fratellanza Musulmana. Senza un Parlamento, i poteri legislativi passano dall’esercito al Presidente. Solo quando la commissione riuscirà a preparare una bozza per una nuova Costituzione, entro i successivi due mesi l’Egitto tornerà a votare. Ma adesso, se l’assemblea non riuscirà a comporne una, Morsi potrà nominare una nuova. Fa parte dei suoi nuovi poteri. E sembra intenzionato a usarli tutti.