Ha fatto discutere l’intervento di Giuseppe Cruciani, giornalista e conduttore della Zanzara su Radio 24, sul caso Conte. «Sarebbe ora di togliersi gli occhiali da tifosi. La giustizia sportiva è un’indecenza. Provvedere», ha twittato. Un intervento molto gradito dai tifosi juventini, mentre non è piaciuto agli interisti. Ma, appunto, non si sono tolti gli occhiali. Il processo, però, sembra a molti un caso “politico”. Conte , dopo essersi visto rifiutato il patteggiamento, ha deciso di non rilanciare. E il procuratore federale Palazzi ha chiesto un anno e tre mesi di squalifica.
Giustizia sportiva indecente, secondo lei. Allora la Juventus è vittima di una persecuzione?
No, non lo è. Almeno, io non lo penso. Il problema non è la Juve, o Antonio Conte e i giudici sportivi, il problema è la giustizia sportiva stessa.
Ma perché?
Perché? Ma perché il caso Conte – che ripeto non è una persecuzione – è emblematico: c’è un pentito, che è Filippo Carobbio, ex giocatore del Siena, che sostiene che Conte sapeva della combine. Senza nessun sostegno, senza mezzo riscontro. Conte ha portato più di venti testimoni che hanno affermato il contrario, e non è bastato. L’unica cosa è che l’accusa è scivolata da illecito sportivo a omessa denuncia. La cosa incredibile è che nella giustizia sportiva Conte ha l’onore della prova della sua innocenza, di fronte all’accusa di Carobbio, che non è sostenuta da nulla.
Ma allora perché i giudici continuano a sostenere Carobbio?
Perché gli serve. Carobbio è un pentito fondamentale per altri tavoli, come il caso delle partite truccate. Perciò non possono permettere che passi l’idea che le sue accuse sono campate per aria, come nel caso di Conte. Magari ha ragione, ma come fai a dimostrarlo? Carobbio non ha nessuna prova, solo la sua testimonianza, contro quella di altre venti persone. Eppure prevale, perché Carobbio, per i giudici, deve restare un testimone credibile, a loro serve così. Ma Carobbio a parte il punto di tutto questo è un altro.
E qual è?
Che non si può accettare che un business miliardario come il calcio, con squadre come la Juventus quotate in borsa, sia nelle mani di quattro burocrati che applicano regole che nemmeno si sarebbero viste nei processi stalinisti.
Addirittura.
Solo che lì, c’era l’ideologia, il partito, un’adesione a una forza che giusitificava, o almeno spiegava certe cose. Qui cosa c’è? Moralismo. I giudici sono impegnati in una missione moralizzatrice, che contrasta ogni modo di immaginare un normale processo.
E allora la Juventus cosa dovrebbe fare?
Dovrebbe rifiutare la giustizia sportiva. Dovrebbe cercare lo scontro frontale, non riconoscere il tribunale, anche andando contro la Federcalcio. Questa giustizia non serve a nulla, va riformata.
Un po’ l’ha fatto: ha schierato Bonucci con la fascia di capitano.
Ma che roba è? Una cosuccia, una presa in giro. Io parlo di un rifiuto netto. Forte. Come Conte, che non avrebbe dovuto patteggiare. Io l’ho sempre detto: era un errore. Nemmeno un accordo politico tra la procura e la Juventus poteva bastare. E così è stato.
Zeman ha scritto che chi patteggia ammette la sua responsabilità.
E chi se ne frega di Zeman. Se patteggi, in teoria, ammetti una parte della colpa. Ma non è detto che sia vero. Conte ha scelto il patteggiamento per uscirne vivo. Se va avanti e affronta il processo, come fa a dimostrare che non sapeva? È quasi impossibile: non accettano gli altri testimoni, non vogliono retrocedere su Carobbio. Come può sperare di dimostrare le sue ragioni? È perduto. Il problema di questa giustizia, che è velocissima – troppo – indiziaria, che ripone l’onere della prova dell’innocenza all’imputato. Ma che giustizia è?
Scusi, un’ultima domanda. Ma non è che lei è juventino?
No. Io tifo per la Lazio. Ho scritto quel tweet, e i tifosi della Juve mi hanno incensato, mentre quelli dell’Inter mi criticavano. Ma io l’ho detto chiaramente: bisogna togliersi gli occhiali del tifo, e ragionare. Questa giustizia non funziona. È indecente e va rifondata. Provvedere.