Ma il concorso per i docenti nasconde un inghippo?

Ma il concorso per i docenti nasconde un inghippo?

Svolta nel mondo della scuola? Non è ancora chiaro. Gli annunci, però, sono trionfanti. Il 24 settembre è previsto il bando per un concorso (il primo da 13 anni) per l’immissione a ruolo di almeno 12mila insegnanti. Qualcosa si muove, anche perché adesso si cerca di esaurire le graduatorie di prima e terza fascia. Insomma, si risolve il nodo della scuola? È ancora presto per dirlo.

«Bisogna andarci piano», spiega a Linkiesta Matteo Cacciola, ingegnere e insegnante, esperto di scuola. «Parlare di concorso che copre i posti disponibili può sembrare una buona cosa, ma occorre capire come questo verrà fatto». Stando a quanto è stato detto, cioè pochissimo, ci sarà un bando, che, «con ogni probabilità, sarà nazionale, cioè e prevederà di coprire i posti vacanti a livello di tutto il Paese», a cui seguirà un «sub-contingentamento provinciale successivo, cosa che non è insolita». È stato fatto, ricorda, «per l’Agenzia delle Entrate».

Ma quale potrebbe essere il problema? La risposta, esemplificata per le Scuole Superiori ma calabile anche per gli altri gradi d’istruzione, è nei dettagli. «Una questione di tipo tecnico, ma che diventa sostanziale. Quali sono i posti non coperti che si vorrebbero coprire?», si chiede. «Un punto che andrebbe specificato». Il rischio è che si vada a coprire spezzoni di ore molto piccole. «Al momento, i posti non coperti sono assegnati a personale docente abilitato. E ci sono due tipi di abilitati: quelli che hanno fatto un concorso – l’ultimo è stato fatto nel 1999 – e quelli che hanno fatto le scuole di formazione per l’insegnamento, le Sis, o i percorsi speciali di formazione». Le scuole, dal canto loro, «possono trovarsi con alcune ore non coperte per alcune classi di insegnamento. In quesi casi si va ad attingere alle graduatorie». Ma non è sempre così: «Quando in una scuola il monte ore da coprire per una classe non raggiunge le sei ore, e cioè si tratta di spezzoni di ore molto piccoli, le scuole non sono tenute a comunicarlo all’Ambito Territoriale di competenza. Questo, comunque, non può nemmeno decidere di accorpare spezzoni di ore da scuole diverse per raggiungere il minimo di 12».

In quei casi, quando serve coprire poche ore di una materia, le scuole possono ricorrere anche a graduatorie di istituto, che possono comprendere anche docenti non abilitati. Ma il punto è un altro: «Siamo sicuri che nei posti considerati buoni per chi farà il concorso, non siano compresi anche questi spezzoni di ore?». Se così fosse, continua, «si avrebbero casi di professori costretti a spostarsi per poche ore alla settimana, ma comunque remunerati secondo il contratto nazionale, che prevede un minimo di base e aggiunte successive». Risultato: «Più professori ma meno pagati e comunque una spesa maggiore da parte dello Stato. Cioè, la situazione peggiore che si possa immaginare». Almeno, allo stato attuale delle cose. Finché il provvedimento non sarà più chiaro, ci si può aspettare anche questo.

Se, però, lo scopo è quello di immettere in ruolo il maggior numero di docenti al fine di coprire i posti vacanti, il concorso è davvero necessario? «Se i posti decisi dal contingentamento nazionale su base provinciale non riguardano gli spezzoni orario, ma sono parte di quella mole di assegnazioni che annualmente gli Ambiti Territoriali danno ai docenti abilitati tramite Graduatorie ad Esaurimento, si potrebbero affinare soluzioni tecniche nuove, per immissioni in ruolo a costo zero» continua Cacciola. «Questo perchè il Ministero è a perfetta conoscenza di tutte le graduatorie a esaurimento di ogni provincia d’Italia. Se invece,  per un dato insegnamento, la graduatoria ad esaurimento della tal Provincia non è del tutto sguarnita, il Ministero potrebbe permettere all’Ambito Territoriale di immettere in ruolo anche in assenza delle 18 ore di cattedra completa».

E poi, «se invece, la graduatoria ad esaurimento risultasse vacante, la soluzione è ancora semplice: si potrebbe incrociare le altre graduatorie delle province vicine, e pescare da lì, con un margine temporale di risposta e il tutto a costo zero».

In ogni caso, «c’è anche un secondo dubbio, che andrebbe chiarito», aggiunge. E riguarda la libertà dei docenti, una volta di ruolo (e quindi a tempo indeterminato), di cambiare sede. «Questo è molto poco probabile per i docenti che seguono le graduatorie, che sono legate alle province. Quei docenti, inseriti nella prima fascia 2012/2013 saranno pressappoco esauriti, se già non lo sono. E poi si attinge ai docenti di terza fascia. In ogni caso, qui il problema non si pone davvero: chi sceglie le graduatorie ha già fatto una scelta di vita, decidendo di stabilirsi in un luogo preciso. Sarebbe difficile che costoro, una volta ottenuta la posizione di ruolo, cambino zona per spostarsi». Chi passa il concorso, invece, lo può fare senza problemi da un punto di vista normativo, «ed in più non ha quel radicamento di cui si parlava prima, anzi è più portato a fare sacrifici per un solo anno pur di ottenere un posto a tempo indeterminato e spostarsi, poi, nei luoghi di origine». «E dal momento che, cambiando provincia, lo stato deve comunque farsene carico, può cercare impiego anche in scuole dove la sua presenza non è per nulla necessaria». Mettere limitazioni, in questo senso, non sarebbe possibile. «Per questo motivo la cosa va studiata bene: non dico che i tecnici non lo faranno, ma invito solo alla prudenza». In queste cose, «sono stati fatti già molti errori».

Una riforma della scuola, spiega Cacciola, «non si vede da decenni. Non dico per scherzare. Anche quelle sbandierate nei recenti anni – e prescindo dal colore politico – non sono state vere riforme, ma pezze». Quello che sarebbe utile «è una riforma vera, corposa, grande». In una parola, coraggiosa, per far sì che la scuola smetta di essere usata, e di essere vista, come un grande serbatoio di ammortizzatori sociali. 

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