Ricolfi: “Con queste sparate, i tecnici diventano politici”

Ricolfi: “Con queste sparate, i tecnici diventano politici”

In principio è stato il ministro per il Lavoro e delle Politiche Sociali, Elsa Fornero. Ha dichiarato che, se le cose vanno male, non è responsabilità del governo. «Noi abbiamo risanato l’Italia. Ora tocca alle imprese». Pochi giorni dopo, lo stesso presidente del Consiglio Mario Monti, all’apertura del Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, ha alzato il tiro: «La crisi? Io vedo avvicinarsi il momento in cui si esce», ha annunciato. E infine, la conferma del ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera: anche lui, guarda un po’, vede la luce fuori dal tunnel. Anche se, ammette, «c’è ancora molto da fare».

Una raffica di dichiarazioni, con una tempistica insolita, di tre principali esponenti del governo. Tutte date senza avere un dato che le sostenga, anzi: sembra che le cose stiano in modo molto diverso. Un fatto strano, soprattutto per un governo di tecnici. Una nuova strategia di comunicazione? Può darsi. Ma per ottenere cosa? Secondo il professor Luca Ricolfi, ordinario presso la facoltà di Psicologia dell’Università di Torino, se davvero c’è dietro una strategia, non è una buona strategia . «In quello che dicono non c’è niente di vero. Non ha nessun senso dire queste cose». E allora perché le hanno dette? «La cosa più probabile è che si tratti di autodifesa. Dagli attacchi e dalla situazione difficile che passa il Paese. Intendiamoci: il governo non può dire che, come è probabile, la crisi non finirà presto».

Ma allora siamo di fronte «a un discorso da politico, degno di un qualsiasi politicante, non di un tecnico». Un tempo sarebbe stato diverso? «Avrebbero almeno portato dati a sostegno della sua tesi. Dovevano dire una cosa di questo tipo: “Confindustria, la Cgia di Mestre, i centri studi, dicono una cosa? Ebbene, noi che siamo dentro alle cose e le vediamo da vicino possiamo dirvi che la realtà è diversa e che stiamo andando meglio”. Questo è un discorso da tecnico». E allora non è possibile che il disegno sia più complesso, che guardi al futuro prossimo, magari a un partito per le elezioni? «Tutto è possibile. Come tattica, comunque, mi sembrerebbe poco acuta. Dire alla gente quello che vuole sentirsi dire è tipica dei politici», un’arma vecchia come il mondo. Sempre efficace ma non certo originale.

Sul futuro, però, una cosa è certa: «tutti stanno tentando di infilarsi in un partito montiano». E anche per questo, «dire queste cose non giova. Stanno provocando solo smentite e irritazione». E se per Monti può valere il fascino discreto del potere, forse «tentato dal Meeting come occasione per mettersi in mostra» – ma è una tentazione cui nessuno resiste – diverso è il caso della Fornero, «che ha detto cose lontane dalla verità. Non è vero che il governo ha risanato i conti. E le imprese, poi, possono molto poco, di fronte a una politica che ha colpito con durezza il lavoro». Il suo discorso, allora, «non sembra una tattica politica ma le ipotesi di una persona che ha perso il contatto con la realtà. Una beffa per gli imprenditori, da cui però non vedo nessuna reazione da parte loro». E nemmeno «da parte dei media».

Di sicuro, però, all’orizzonte, un partito montiano c’è, o c’è qualcosa di simile. Poco si muove, al momento, ma l’agenda Monti resta un binario da seguire per i partiti, che sembrano avere un margine di azione politica molto ristretta. «A livello di campagna elettorale, la libertà d’azione è massima. I partiti prometteranno tutto, anche quello che non possono mantenere». Anche perché «saranno pochi i giornali che andranno a fare le pulci alle loro promesse» E a livello di azione di governo? «È presto per dirlo, ma in quel caso la libertà d’azione sarà pochissima». Dipenderà, «prima di tutto, dal contesto internazionale. Se saremo in un altro dramma, come quello della Grecia di quest’anno, le scelte politiche saranno obbligate». Ma resta comunque un margine d’azione molto risicato.

«A parte questioni su diritti civili, come le coppie gay, centrodestra e centrosinistra faranno le stesse cose. Perché non hanno molte scelte». Nemmeno un poco? «Forse una minima oscillazione. La destra insisterà pochissimo di più per la riduzione della spesa. La sinistra insisterà pochissimo di meno per la riduzione della spesa». Ma in cifre? «Quantificando questa diversità in termini da finanziaria, non saranno più di cinque miliardi di euro». Per il resto nessuna differenza. «Possibili alternative alla cosiddetta agenda Monti ci sono, ma nessuno potrà avere o il coraggio o il potere di applicarle. E nemmeno i voti». Per cui, tra i keynesiani «che potrebbero lasciare andare il deficit, o i gianniani, che propongono tagli severi alla spesa, ci ritroveremo con due parti che si differenziano per 5 miliardi di euro». E anche le ipotesi più estreme, «come il ritorno alla lira dei grillini» sono fuori luogo. «Sono irrealistiche e dannose: perché non citano mai studi scientifici seri che la comunità può controllare?», si chiede.

E allora, in una politica ingessata (e a quanto sembra lo sarà per mesi) i proclami trionfalistici dei tre esponenti, appaiono a Ricolfi solo un’autodifesa per un operato non popolare e dai risultati di lunga gittata. Se sono qualcosa di più, lo sapremo tra poco. Di sicuro, sanciscono una verità che nessuno mette più in discussione:«Non sono discorsi da tecnici, ma da politici». E la metamorfosi, almeno quella, sembra ormai compiuta. 

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