Se una persona muore, un’app custodisce le sue ultime parole

Se una persona muore, un'app custodisce le sue ultime parole

Le persone muoiono, i loro profili Facebook no. É questo l’assunto alla base di “If I Die“, applicazione che, in caso di morte di un utente del social network, pubblica le sue “ultime parole” sul suo profilo e su quello delle persone a lui care. Come funziona? Semplice: basta che scriviate il vostro epitaffio (e i vostri messaggi d’addio), consegniate il tutto all’archivio dell’applicazione, e scegliate tre amici fidati che, quando sarà il momento, comunicheranno online il triste avvenimento. 

“If I die”, a quel punto, farà il resto, pubblicando frasi e lettere commosse sulla vostra bacheca e su quella di amici, fidanzati e parenti. Potete sbizzarrirvi, registrando anche video-ricordo contenenti le vostre memorie e le ultime volontà. Un gioco macabro? Non secondo Wilook, la compagnia israeliana che ha ideato l’app: «Tutti abbiamo delle cose da dire, e non sempre c’è un pubblico disposto ad ascoltarci finché siamo in vita. La cosa importante è riuscire a lasciare dietro di noi un messaggio, un’impronta, un segno del nostro passaggio».

Il CEO di “If I Die”, Eran Alfonta, ha avuto l’idea quando una coppia di amici, in viaggio in Italia senza i figli piccoli, è scampata per un soffio ad un incidente potenzialmente mortale. Subito dopo l’avvenimento, i due si sono fermati a riprendere fiato ed hanno cominciato a riflettere: «Se ci fosse successo qualcosa di brutto, non avremmo più potuto dire nulla ai nostri bambini». Sono stati loro a chiedere ad Alfonta di creare un sito che avrebbe permesso loro di registrare un messaggio per i figli, il quale venisse spedito loro in caso di morte.

Secondo Mashable, If I Die conferisce immortalità ai social network, poiché permette ai profili di continuare ad aggiornarsi anche dopo la scomparsa del legittimo proprietario. Uno degli strumenti dell’applicazione permette anche di stabilire una data specifica di pubblicazione – utilizzabile in caso di suicidio, oppure nel caso in cui l’utente contrasse una malattia incurabile. I fondatori dell’app credono fermamente nel suo successo: «Ci aspettiamo centomila utenti nei primi sei mesi», afferma Alfonta, che ammette: «Io stesso ho registrato messaggi per mia moglie e per i miei quattro figli». Del resto, qualcuno, scaramanzie a parte, ne avrà pur dovuto testare il funzionamento. 

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