PALERMO – «Un fenomeno degenerativo [così] devastante», scrive la Corte dei Conti Sicilia in sede di controllo del rendiconto generale relativo all’esercizio 2012 della Regione siciliana – per cui «il totale delle passività, a carico della finanza pubblica ammonterebbe ad un miliardo e 310 milioni di euro». La cancrena, che in Sicilia ha provocato una vera e propria “fossa delle Marianne” del debito ha un nome preciso: sistema per la gestione dei rifiuti Ato, Ambiti territoriali ottimali. Di ottimale, in questi carrozzoni politico-clientelari, c’è stato solo il bruciare denaro pubblico, a fiumi, e in poco più di dieci anni di vita. I primi risalgono, infatti, al 2002 e già da subito rappresentarono l’ultima geniale trovata della politica isolana per rimpolpare il bacino delle assunzioni a chiamata diretta.
La Regione ha anticipato agli Ato 582 milioni 264 mila 614 euro
Le “anticipazioni regionali per normativa di riferimento ed anno di erogazione” sono chiaramente riassunte nella tabella e si riferiscono a tre leggi successive, dal 2005 al 2010, emanate dalla Regione Sicilia.
«L’esposizione debitoria – recita la relazione della magistratura contabile siciliana – complessiva che ne deriva ammonta al 31 dicembre 2012 a circa 528 milioni di euro (336,3 milioni di euro per anticipazioni ai comuni, cui si sommano 191,7 milioni di euro per anticipazioni agli ATO). Tali importi, che vanno ben oltre i livelli di sostenibilità – continua la Corte dei Conti – risultano spesso non correttamente contabilizzati dagli enti locali e finiscono per costituire un’enorme incognita per un quadro finanziario locale già di per sé fortemente problematico».
Soldi prestati e non rientrati
Le somme anticipate dalla Regione Sicilia (vedi tabella 6), sarebbero dovute rientrare alla base attraverso vari meccanismi, ma solo poche briciole sono tornate nelle casse pubbliche: 53 milioni 835 mila e 654 euro sono i soldi recuperati. Il grosso da ricevere ammonta ancora a poco più di mezzo miliardo di euro: 528 milioni 428 mila 960 euro. «L’ammontare complessivo delle passività – prosegue impietosamente la relazione – che gravano sul sistema risulta, tuttavia, molto più elevato se si considera anche l’esposizione debitoria delle società d’ambito e dei consorzi nei confronti di fornitori, banche ed altri creditori, che ammonta ad oltre 593 milioni di euro».
Cosa sono gli Ato
Trattasi di società spa che hanno formalmente natura giuridica e autonomia privata, ma che svolgono attività pubblica non dissimile da quella che svolgevano i Comuni quando raccoglievano l’immondizia in modo autonomo. I soci di tali aziende sono gli Enti locali che si mettono assieme per gestire in modo “ottimale” la raccolta dei rifiuti. L’attribuzione della titolarità delle risorse per la gestione dei rifiuti è stata stabilita, anni or sono, dal Commissario delegato per l’Emergenza rifiuti nella Regione Sicilia. Questi aveva previsto con propria ordinanza, già nel 2002, l’obbligatorietà della gestione dei rifiuti in Ambito territoriale ottimale (Ato).
L’emergenza in Sicilia dura da 14 anni
Era ministro, parliamo del 31 maggio 1999, Rosa Russo Jervolino quando il governo (dipartimento della protezione civile) istituì il “Commissario delegato per l’emergenza rifiuti e la tutela delle acque” nella persona del presidente della Regione Sicilia, il diessino Angelo Capodicasa. A lui furono affiancati addirittura un vice commissario (Felice Crosta) ed un sub commissario (Nicolò Scialabba). «Il commissario delegato – si legge all’articolo 1 dell’atto di istituzione, voluto dalla presidenza del Consiglio dei ministri – è nominato per la predisposizione di un piano di interventi di emergenza (…) per far fronte alla situazione determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani nella regione siciliana».
Le 120 (su 291) assunzioni a chiamata diretta dell’ato Belice Ambiente
Dal 27 maggio 2003 al primo febbraio 2011 quasi la metà dei circa 300 assunti a tempo indeterminato sono stati cooptati con il metodo della “chiamata diretta”, senza cioè, alcun criterio di merito o trasparenza. Ma non finisce qui. I debiti dell’Ato “Belice Ambiente S.p.a.”, che erano già a quota 30 milioni 500mila e un euro al 31 luglio 2011, sono levitati a 45 milioni 844 mila e 102 euro al 03 luglio 2012, un bel “più 15 milioni di euro” in meno di un anno. Lo mette in evidenza un’altra tabella (numero 6, vedi sopra) riassuntiva della Corte dei Conti siciliana. In tale riepilogo è facile intravedere anche quanto, in percentuale, la Regione Sicilia abbia concesso “in prestito” ai singoli ambiti. Per l’Ato Tp 2 ‘Belice Ambiente’ il 15% erogato, nel 2011, ammonta a 4 milioni 575 mila euro.
Quello sopra citato è solo uno dei tanti esempi possibili di mala gestione nei 27 Ato in cui è stata suddivisa l’Isola. Del resto se gli ultimi bilanci, approvati pochi giorni fa, dell’Ato ‘Caltanissetta 1’ risalgono agli anni compresi tra il 2008 ed il 2011, qualcosa vorrà dire. Il capoluogo, da solo deve sborsare in tutto 16 milioni 393 mila 193 euro. Il Consorzio rifiuti nel palermitano (Coinres) non è da meno: «A riguardo merita particolare segnalazione – come reso noto sempre dalla Corte dei Conti (delibera 101-12) – l’ingiustificato ritardo con il quale il Coinres ha assolto all’obbligo legale di redazione e deposito del bilancio, laddove alla presentazione dei documenti contabili relativi agli anni 2007, 2008, 2009, si è provveduto solo nel 2010». E la lista potrebbe proseguire quasi all’infinito
Differenziata al 7,3 %
Secondo il rapporto Eurostat 2011, l’unico dato in cui il nostro Paese supera la media europea riguarda il conferimento della spazzatura in discarica: siamo al 49% contro il 37% della media europea. In Sicilia il quadro è assai più desolante: la raccolta differenziata è ferma al palo, col suo misero 7,3% (dati: ‘Indice di Green Economy 2012, Fondazione Impresa’) contro il top della classifica, il Trentino, che arriva quasi al 60%, mentre l’Isola smaltisce indifferentemente in discarica per il 90%, contro una media nazionale del 48%, quando realtà come la Lombardia portano in discarica appena il 6,7%. Colpa, soprattutto, delle tre grandi aree metropolitane: Palermo, Catania e Messina, infatti, non superano il 5% (tra il 3 ed il 5%). Nel complesso – secondo il rapporto 2011 di Legambiente “Comuni ricicloni” – solo il 5% dei comuni siciliani, appena 21 amministrazioni, può vantare un risultato superiore al 30%.
Discariche in fase d’esaurimento
È ovvio che con una tale mole di rifiuti le discariche in Sicilia (quasi tutte private) facciano affari d’oro. Il costo della tonnellata conferita è variabile come l’umore di un metereopatico: nel trapanese tra i 110 ed i 138 euro a tonnellata; servirsi della discarica di Siculiana (Ag) ne costa 60; la zona di Palermo paga 127 euro per interrare rifiuti; insomma, una giungla selvaggia dalle tinte opache. Le discariche già esaurite sono oltre trenta e quelle in via di esaurimento sono la stragrande maggioranza. Un bubbone pronto a esplodere che farà impallidire le passate emergenze rifiuti di Napoli: perché il dubbio non riguarda il ‘se’, l’interrogativo, semmai, verte solo sul ‘quando’.
Gli interessi della mafia sui rifiuti
Nella provincia etnea, a gennaio scorso, esponenti del clan mafioso Cintorino e dipendenti dell’azienda “Aimeri Ambiente” di Milano, sono stati tra i 27 destinatari di ordini di custodia cautelare. Tra loro c’era anche il boss Roberto Russo, 48 anni, ex responsabile operativo dell’Aimeri, detenuto per altri reati, indicato vicino alla cosca Cappello-Bonaccorsi. L’operazione è stata denominata, dalla Dia e dalla Procura di Catania, “Nuova Ionia” ed è servita a far luce su oscuri intrecci nell’ambito mafia e rifiuti nelle province del capoluogo etneo, Enna e Milano. Altri dirigenti, legati agli Ato della Sicilia centro orientale (Messina e Caltanissetta) sono finiti nel mirino della magistratura. Sempre a gennaio scorso un ex commissario liquidatore dell’Ato 3, Antonio Ruggeri, è finito ai domiciliari con l’accusa di peculato: è stato arrestato dalla polizia perché avrebbe firmato da solo la liquidazione – che nemmeno gli spettava – poiché era anche dirigente del comune (la legge vieta di avere un doppio stipendio). Prima di dimettersi avrebbe firmato il bonifico della sua buonuscita: 136mila euro, nonostante nel 2010 avesse rinunciato al compenso. A maggio scorso altri arresti domiciliari per un paladino della legalità, Vittorio Digeronimo. La sua fama di eccellente manager nisseno presidente fino a due anni fa dell’Ato rifiuti ‘Kalat Ambiente’ è finita grazie a una inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti che ha coinvolto un gruppo di amministratori di società calatine tra cui lo stesso Digeronimo: è stato accusato di frode e truffa per avere spacciato rifiuti normali per compost riciclabile.
L’ennesima riforma in vista
Un altro tentativo di resettaggio del sistema rifiuti è stato messo in campo a gennaio di quest’anno dal neo governo Crocetta. Con la legge regionale 3/2013 l’ex sindaco di Gela ed ex eurodeputato del Pd ha sconfessato su tutta la linea le politiche fallimentari dei suoi predecessori Raffaele Lombardo e Totò Cuffaro, chiudendo (entro il 31 dicembre 2013) gli Ato-carrozzoni e indicando la via verso le nuove Srr (società di regolamentazione del servizio di raccolta). In pratica saranno costituiti dei consorzi, tra comuni e province, sotto il controllo della Regione, cosa che dovrebbe migliorare la gestione del sistema rifiuti.
Altre assunzioni in vista
Un’altra inquietante possibilità, per le devastate casse regionali si staglia però all’orizzonte: alcuni politici regionali hanno già paventato la possibilità di acquisire il personale, attualmente in servizio negli Ambiti dei rifiuti al già immenso esercito di dipendenti e precari (18.500 solo questi ultimi) in servizio presso gli enti locali siciliani. Tutto ciò in un momento in cui la Corte dei Conti Sicilia ha sancito chiaramente che, i debiti della Regione – e quelli degli altri enti locali e non, isolani (Ato compresi), insieme ai crediti inesigibili – ammontano a 21 miliardi di euro.
Twitter: @AleAccardoP