Per favore, non fatevi più quei tatuaggi. Parola di tatuatore

Da segno di ribellione identitario, il tatuaggio è diventato fenomeno di massa. Una moda promossa da calciatori e showgirl subito raccolta dal resto del mondo. Con tutti gli effetti collaterali della situazione

Sembra incredibile, ma al mondo esistono ancora persone senza tatuaggi. Una specie da proteggere, a quanto pare. Negli ultimi anni il tattoo è diventato mainstream: da segno, più o meno sincero, di ribellione, è passato a marchio di conformismo e ordinarietà. In questo mondo di tatuati, però, esistono ancora delle categorie per distinguere chi sta sopra da chi sta sotto, chi ha gusto e chi, invece, non ce l’ha. Chi è (era) ribelle da chi, al contrario, era (è) conformista. E a stabilirlo sono gli stessi tatuatori, che – en masse – si sono stancati di fare certi tipi di tatuaggi, perché troppo puerili, perché troppo umilianti. Quali sono? Lo spiegano bene in una lunga, lunga conversazione su Reddit.

Il simbolo dell’infinito
Lo conoscono tutti dai tempi delle medie un “8” mezzo orizzontale. Esoterico, affascinante, inquietante. Lo inventò nel 1655 un matematico inglese, John Wallis, e dalle pagine dei libri di matematica è passato sulla pelle di studenti troppo affezionati alla materia, oppure troppo poco istruiti. Chissà. Il simbolo dell’infinito, da segno convenzionale è passato a simboleggiare quello dell’amore – nella speranza, fin troppo risibile, di farlo durare per sempre. Ma purtroppo, di infinito, c’è solo il buon gusto.

Grandi citazioni senza senso
Non bastano i segni matematici: il problema sono le parole. Soprattutto quando sono radunate insieme in frasi celebri o che, peggio ancora, comprendono termini come “sogno”, “sorriso”, “speranza”, “amore”. Ma anche “danza”, con tutti i suoi derivati. Un vero incubo per i tatuatori, che però devono pure campare.

Scritte in lingue asiatiche
Un classicone senza tempo. Sono le stesse frasi profonde di cui sopra, però scritte in lingue orientali che, nel 99,9% dei casi, non si conoscono. Tutto ciò che viene dall’Asia, cioè dalla Cina e/o dal Giappone, è subito mistico e saggio. Da questa certezza discende il problema dell’interpretazione: spesso molte frasi sono sbagliate, o per caso o per volontà. È capitato di leggere cose come “la vita è un limone”, che può anche avere un senso, tatuato sull’avambraccio di un’ignara americana. O altri che siano convinti di aver scritto “coraggio” e, invece, si trovano “tartaruga”. Errori difficili da cancellare.

Il maledetto tribale
Come ogni volta in cui la cultura occidentale cerca di fagocitare le espressioni artistiche di altri popoli senza capirle (altro 99,9% dei casi), anche con il famigerato “tribale” si dà luogo a errori, a reinterpretazioni, a orrori. Oltre alla totale perdita di senso del disegno, inevitabile quando ci si appropria di un’espressione culturale togliendola da contesto originario, c’è un altro problema: il tribale è passato di moda. Se tutti si tatuano, anche i tatuaggi perdono appeal. E il tribale è il più diffuso di tutti, quello che ogni calciatore deve avere addosso, quello che nessun tatuatore farebbe ancora senza levare gli occhi al cielo.