Due milioni di italiani sono affetti da dislessia, e spesso non lo sanno. Ora una legge tutela i loro diritti

I disturbi specifici dell’apprendimento interessano il 3 per cento della popolazione, eppure sono poco conosciuti. Mancate diagnosi e la paura dei pregiudizi portano a nascondere le difficoltà a scrivere, leggere o fare calcoli. Adesso una proposta di legge aiuta queste persone a trovare lavoro

Oltre due milioni di italiani soffrono di disturbi specifici dell’apprendimento. In una parola, sono dislessici. È un fenomeno che riguarda almeno il 3 per cento della popolazione. Si tratta di un disturbo neurologico diffuso, eppure poco conosciuto. Quasi invisibile. Può interessare la decodifica del linguaggio scritto, la capacità di calcolo o quella di lettura. Alcuni dei soggetti interessati non sono neppure consapevoli della propria condizione. Molti altri cercano di nascondere le proprie difficoltà per paura dei pregiudizi connessi alla poca conoscenza del fenomeno.

Una proposta di legge appena depositata in Parlamento prova a rendere la vita più semplice alle persone con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento). Il documento è stato presentato a Montecitorio dai deputati del Partito democratico Laura Coccia e Cesare Damiano, e prevede specifiche disposizioni per favorire l’inserimento lavorativo e sociale degli italiani che convivono con questo disagio. È il secondo intervento normativo dopo la legge quadro sulla dislessia, approvata ormai sette anni fa, incentrata in particolare sul mondo della scuola.

Anzitutto alcune precisazioni. In Italia, nonostante la diffusione, il fenomeno è quasi sempre sconosciuto. «Vi è un errore di percezione e conoscenza – spiega la deputata dem nella proposta di legge – che porta a far coincidere la DSA semplicemente con la dislessia, ovvero con la difficoltà di comprensione nella lettura derivante dalla problematicità di associare i grafemi ai fonemi». In realtà questo è solo uno dei disturbi che possono essere diagnosticati. Le condizioni sono diverse e possono variare da individuo a individuo. «Queste persone – scrive Enrico Ghidoni, responsabile di Neuropsicologia clinica, Disturbi cognitivi e Dislessia nell’adulto presso l’arcispedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia – hanno una particolare difficoltà nell’imparare a leggere, scrivere o fare calcoli, e questa caratteristica li accompagnerà per tutta la vita. Tuttavia molti di loro riusciranno a mettere in atto forme di compensazione e strategie per aggirare le difficoltà». La poca conoscenza genera spesso incomprensioni e pregiudizi. Eppure, continua il medico, «l’essere persone DSA non coinvolge l’intelligenza e le funzioni cognitive più complesse, che possono essere anche di livello superiore alla media, ma le difficoltà specifiche in ambiti funzionali così di base, come lettura e scrittura, espongono queste persone al rischio di commettere errori banali che sono causa di stigmatizzazioni negative».

Oltre due milioni di italiani soffrono di disturbi specifici dell’apprendimento.È un fenomeno che riguarda almeno il 3 per cento della popolazione. Si tratta di un disturbo neurologico diffuso, eppure poco conosciuto. Quasi invisibile. Può interessare la decodifica del linguaggio scritto, la capacità di calcolo o quella di lettura. Gran parte dei soggetti interessati non sono neppure consapevoli della propria condizione

La legge 170 del 2010 si è occupata di sostenere il percorso scolastico dei ragazzi con Dsa. Tuttavia nel nostro Paese manca ancora una precisa normativa in ambito lavorativo. La pdl depositata a Montecitorio è stata pensata proprio in funzione degli oltre 12mila studenti italiani con disturbi specifici dell’apprendimento che ogni anno concludono la loro esperienza formativa e provano a inserirsi nel mondo del lavoro. I problemi che si trovano davanti sono importanti. Come spiega la Fondazione Italiana Dislessia, «nel mondo del lavoro spesso c’è una totale mancanza di conoscenza della dislessia e talvolta sono i lavoratori dislessici stessi a non avere piena consapevolezza sia delle proprie difficoltà (in particolare chi non ha ricevuto una diagnosi) che delle proprie potenzialità». Spesso il problema è proprio la mancata comprensione del fenomeno. Del resto la DSA non è obbligatoriamente causa di scarsa riuscita professionale. Anzi. «Nonostante le difficoltà, i dislessici si rivelano spesso estremamente competenti in molteplici aree della vita personale e professionale – spiega ancora un documento della Fondazione presentato alla Camera – Alcuni degli studi di ricerca effettuati, mostrano che possono avere notevoli talenti nell’elaborazione visiva e spaziale; sono intuitivi e innovativi, sviluppano modalità creative di gestione delle difficoltà e di risoluzione dei problemi; hanno eccellenti capacità di osservazione; sono abili nell’adottare punti di vista non convenzionali». Per non parlare della capacità di sviluppare relazioni umane e la presenza di forti motivazioni e ambizione.

«L’essere persone DSA non coinvolge l’intelligenza e le funzioni cognitive più complesse, che possono essere anche di livello superiore alla media, ma le difficoltà specifiche in ambiti funzionali così di base, come lettura e scrittura, espongono queste persone al rischio di commettere errori banali che sono causa di stigmatizzazioni negative»

Da qui la necessità di predisporre norme in grado di sostenere l’inserimento lavorativo delle persone con DSA, a partire dalle modalità di selezione, evitando ogni forma di possibile discriminazione. Come prevede il primo articolo della proposta di legge, nei concorsi pubblici tutti i soggetti con DSA potranno sostituire le prove scritte con un colloquio orale. E in particolare è assicurata la possibilità di «utilizzare strumenti compensativi per le difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo, e di usufruire di un prolungamento dei tempi stabiliti per l’espletamento delle medesime prove». Alle imprese spetta la possibilità di predisporre progetti personalizzati per facilitare lo sviluppo delle potenzialità dei dipendenti interessati da questo disturbo. Di fatto, la proposta di legge «si pone in linea con quanto fatto per il riconoscimento dell’inclusione e della piena cittadinanza per tutti» spiega la deputata Coccia. «Ci sono tante persone che meritano di essere valorizzate».