Like, cuoricini, stories. I social network accompagnano le nostre giornate. Dalla mattina alla sera la nostra vita è scandita da notifiche e sbirciatine alle foto e video degli altri. Ma che cosa sono dopotutto i social? Sono strumenti che ci permettono di mostrare piccole parti della nostra vita agli altri, mentre gli altri, per non farsi mancare nulla, ci restituiscono pezzetti delle loro vite sotto forma di foto, video o parole.
La scelta quotidiana che ci perseguita è quella di scegliere cosa è di dominio pubblico e cosa non lo è. Ma c’è di più. I social ci restituiscono emozioni differenti, dalla gioia alla tristezza. Dipende dalla realtà che ci viene riproposta in forma virtuale. Spesso però è un sentimento differente quello che guida le nostre azioni sui social network, un sentimento che non è quasi mai benvenuto nelle interazioni sociali offline e che invece in rete si sta diffondendo indisturbato. Stiamo parlando dell’invidia, quel sentimento che ti fa desiderare di vivere la vita di un’altra persona. Ciò non ci stupisce: la vita virtuale è una copia posticcia della realtà, in cui la persona viene messa in mostra al massimo delle sue potenzialità.
Sui social network non ci sono macchie, vogliamo che gli altri ci vedano perfetti, economicamente abbienti, intellettualmente preparati, brillanti e affascinanti. Si indossa una maschera e si scende nell’arena dell’egocentrismo e del narcisismo. Ciò ha come risultato da una parte la mistificazione della realtà che diventa un luogo inesistente e fittizio, dall’altro la creazione di un sentimento di invidia da parte di chi osserva davanti allo schermo.
I social network diventano i motori del rancore sociale. Da una parte permettono all’invidia di diffondersi in modo esponenziale, dall’altra diventando luoghi in cui i cittadini sfogano la propria rabbia
Facciamo un semplice esempio. Il periodo delle vacanze è il momento dell’anno in cui si produce più materiale sui social network rispetto alla norma. Le vacanze vengono presentate ai follower come un momento distensivo in cui tutto funziona al meglio e la vita è semplicemente meravigliosa. Ma proprio le vacanze sono uno dei momenti in cui la disparità di reddito torna a presentarsi in modo appariscente e ineluttabile. Ecco perché durante il periodo estivo l’invidia si diffonde in modo molto veloce. Il che genera stress nei confronti dei genitori che non possono offrire ai propri figli una vacanza fantastica, mentre questi ultimi provano un sentimento di invidia nei confronti degli amici fortunati che possono permettersi delle vacanze più costose.
L’invidia è all’ordine del giorno. Questo sentimento ha delle basi socioeconomiche molto solide. La crisi del 2008 è un trauma da cui non ci siamo ancora ripresi, come viene fuori dal progetto di ricerca Censis-Conad sul rancore e la paura diffusi in Italia. Da un preciso momento in poi il reddito dei cittadini ha iniziato a diminuire, mentre la domanda interna si contraeva e aumentava il numero dei nuovi poveri. Oggi, per la prima volta nella storia del nostro Paese, il numero di persone che vive sotto la soglia di povertà ha raggiunto livelli preoccupanti. La speranza per il futuro sembra essere svanita in Italia, mentre le persone tendono a rinchiudersi in un proprio mondo, lontani dagli altri.
Si soffre in solitudine e non si riesce a reagire. Le emozioni nei confronti dei concittadini sono due: invidia nei confronti di chi ce la fa, di chi non ha problemi ad arrivare alla fine del mese e può sfoggiare sui social tutto il suo benessere; odio nei confronti di chi è in difficolta, degli ultimi e degli stranieri. La nostra società si muove in questa doppia direzione e i social network diventano i motori del rancore sociale. Da una parte permettono all’invidia di diffondersi in modo esponenziale proprio per via delle peculiarità della realtà virtuale che edulcora il vissuto; dall’altra diventando luoghi in cui i cittadini sfogano la propria rabbia.
Tra pagine e gruppi Facebook, video e immagini social, è vivo un sentimento di invidia sociale che viene spesso espressa con rabbia e senza mezzi termini. In questo senso i social network sono diventati dei veri e propri canali di sfogo. Ma la soluzione non è prendere a pugni le nuvole: bisogna ripartire dall’aiuto reciproco e costruire un nuovo immaginario collettivo. Serve una spinta catartica che assorbisca la rabbia e offra al Paese una piattaforma culturale e sociale nuova. Una spinta che stimoli l’avvio di una riflessione comune tra tutti gli attori della società civile.
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