Canzoni fatte per accompagnare scene di commedie romantiche. Buone anche per le serie tv. Studiate per far ballare gli amici (le amiche) alle feste (ma fino a una certa età, cioè pco oltre l’adolescenza). Il nuovo album di Selena Gomez, attrice e cantante statunitense pop, arriva con una acclamazione di buone recensioni e complimenti da parte dei critici. Tutti meritati, va detto. Le 13 canzoni di Rare, questo il titolo, mescolano con un buon dosaggio ritmi contemporanei, recuperano sonorità hip hop e disco, ormai mainstream e non rinunciano a melodie strappalacrime per classiconi.
Un buon esempio è Lose You To Love Me, canzone con intro di pianoforte che racconta di amori perduti e identità ritrovate (e le due cose sono collegate da rapporto causale), si accompagna a momenti corali e lascia trasparire, nelle sue pieghe, qualche eco del suo passato disneyano. Il brano, la cui uscita è stata anticipata nell’ottobre 2019, si è già conquistato il primo posto nella classifica Billboard Hot 100, la prima volta per la cantante/attrice. Bene è andato anche Look At Her Now, uscito subito dopo e approdato al 23esimo posto. Dal ritmo sincopato, alterna linee melodiche a vari effetti vocali, fino a brevi frasi sussurrate. Con moderata sensualità e marcata baldanza, trasmette l’idea base dell’album: la fierezza di ricominciare a vivere dopo una delusione.
Rare è un breve (dura meno di mezz’ora) compendio di educazione sentimentale giovanile. C’è l’empowerment, come recita il testo della canzone che dà il titolo al disco: «I’m not gonna beg for you / I’m not gonna let you make me cry / Not getting enough from you / Didn’t you know I’m hard to find?» cui si può aggiungere «But I know that I’m special, yeah / And I’ll bet there’s somebody else out there / To tell me I’m rare, to make me feel rare».
C’è anche la terapia, fatta di balli e danze in discoteca, come spiega in Dance Again, per cui «I kickstart the rhythm / All the trauma’s in remission / I don’t need permission», che aiuta a ritrovare una difficile unità tra corpo e mente, dilaniati in precedenza dagli amori finiti male. E poi la spensieratezza di Fun, dove, con semplici parole («I can’t make that up / you may not be the one / But you like fun») dimostra di avere in mano la chiave per un rapporto più distaccato con le altre persone, ma non per questo meno intrigante. Nota finale: c’è perfino spazio per un accenno di body positivity, visto che in Cut You Off la voce racconta di guardarsi allo specchio e decidere di dover «eliminare quel peso in eccesso», cioè «Chop-chop that extra weight»: non si tratta di fare diete strambe, ma di abbandonare un partner ormai diventato un impedimento.
Insomma, tutto funziona bene. L’album, il terzo da solista (il primo è del 2013, il secondo, Revival, del 2015,) arriva dopo il trapianto ai reni, necessario per combattere il lupus, malattia che ha dichiarato di avere nel 2015. E conferma, con i suoi toni vivaci e il suo messaggio più elaborato, la crescita musicale di Selena Gomez. È ricco di idee, anche se già collaudate, che rimangono fresche. Mostra un evidente gusto per l’avventura, vista la varietà ritmica e melodica, e forse prelude a qualcosa di più negli anni a venire.
Almeno si spera: perché nonostante la maturità e la bellezza di alcune combinazioni, Rare rimane un album moderato, che va sul sicuro, non esagera mai. Un po’ come Selena Gomez, del resto: è sì fuoriuscita dalla morigerata scuderia Disney ma, a differenza di Miley Cyrus, non si è gettata nelle ortiche degli eccessi, anche fisici, quasi come sorta di compensazione. È rimasta attenta a non inselvatichire la sua immagine (in Spring Break, per esempio, ha evitato che il suo personaggio fosse presente nelle scene più violente) e a mantenere salda la barra. Sempre verso il successo, certo. Ma con giudizio.