Cigno grigioCome sarà il mondo della finanza dopo il virus

Secondo Mauro Del Corno, autore di “La finanza spiegata bene” (Guerini Editore), in futuro nei mercati resteranno molte tracce di quello che è successo: la crescita ulteriore dei giganti del web, quella del biomedicale. E forse il ritorno dell’industria automobilistica

Johannes EISELE / AFP
Johannes EISELE / AFP

Non c’è un uomo che capisca davvero il denaro, diceva John Maynard Keynes. E figuriamoci la finanza. Soprattutto in un momento caotico come quello attuale, dove è forte l’incertezza – nemica degli investimenti – e gli sviluppi imprevisti della crisi possono mutare, da un giorno all’altro, la direzione delle cose. Come spiega il giornalista economico Mauro Del Corno, autore di “La finanza spiegata bene” (Guerini editore), il crollo delle borse di fronte alla consapevolezza della pandemia è stato, dal punto di vista finanziario, un «caso da manuale», spiega.

Eppure, in un primo momento, anche i mercati – nonostante la loro predisposizione a guardare il futuro «interpretando con estrema attenzione i segnali di cambiamento» – «sono stati colti alla sprovvista dalla pandemia». Un errore di sottovalutazione, comune a tante altre sfere, «anche se ciò che avveniva nel mondo asiatico era già chiaro». Ecco: se l’inerzia iniziale è stata l’anomalìa, il risveglio («Ed è stato molto brusco») è stata la reazione normale.

«Tutto si è rivelato all’improvviso quando si è vista l’Italia al centro del contagio». Una sveglia, in un contesto in cui la percezione del rischio «era attutita da tempo». Colpa di «un legame malsano con le banche centrali: negli ultimi anni, di fronte alle crisi, hanno sempre fornito la rete di salvataggio». In un certo senso «questo ha favorito il crearsi di una dipendenza patologica nei loro confronti e nei loro interventi. Sarà difficile porre rimedio in futuro».

Da un lato perché, se si tolgono gli strumenti messi a disposizione negli ultimi anni, aumenta il rischio che il sistemi tracolli. «Dall’altro perché vediamo che, anche adesso, viene usato ogni armamentario possibile per fare fronte alla crisi: addirittura alcuni parlano di cose che, in tempi normali, sono bestemmie, come l’helicopter money». Il tutto per fare fronte al classico “cigno nero”, cioè l’evento (negativo) imprevisto e imprevedibile che scombina le carte in tavola, anzi, travolge il tavolo stesso.

Del Corno però è più cauto. «È più un cigno grigio», sostiene. Il Covid è stato imprevisto ma, per certi aspetti, non era del tutto imprevedibile: alcuni segnali d’allarme – la SARS e l’H1N1 – erano già suonati tempo fa. Non solo: si sono viste le sue prime fasi, si è assistito ai suoi primi sviluppi: «Non è stato un fulmine a ciel sereno». Per cui «un cigno, sì, senza dubbio. Ma grigio».

Dopo la sorpresa, allora, la reazione. Che ha seguito la dinamica solita. «Una caratteristica di queste situazioni è il ritorno della gerarchia dei prodotti. In tempi normali queste differenze spariscono, o diventano quasi impercettibili. Azioni, obbligazioni, denaro e oro vengono scambiati in modo – per dirla in modo semplice – indifferente». Quando le cose precipitano, invece, «comincia la corsa verso il bene più sicuro, cioè quello più in alto della gerarchia». E qual è? «Il dollaro».

Una situazione improvvisa. «Addirittura avevano cominciato a vendere titoli di Stato americani – che sono sicurissimi – in cambio di dollari. E perfino la Fed è dovuta intervenire a comprarli». Il dollaro è «LA moneta, e in questi momenti tutti la vogliono». Nemmeno l’oro ha tenuto allo stesso modo. «Sono scattati i richiami di margine: i creditori, avendo ricevuto a garanzia dei rispettivi crediti beni che ormai perdevano valore e scendevano al di sotto del requisito di margine richiesto, chiedevano una pronta restituzione». Le borse, come si è visto, sono crollate a livelli mai visti. Un picco storico, un bagno di sangue.

«Adesso, dopo qualche settimana, la situazione sembra essersi stabilizzata». Ci sono stati, appunto, gli interventi straordinari di Paesi e istituzioni. E anche se, dal momento che nessuno conosce davvero l’evoluzione degli eventi, che potrebbe anche risolversi in maniera traumatica (di nuovo), «la fase di panico è finita». È tornato un approccio razionale.

Il panorama che ha lasciato sul campo di battaglia permette alcune osservazoni «Un dato molto interessante è l’affermazione, ancora più marcata, dei colossi del web. Hanno gestito dati, si occupano di tracciamenti, app, videoconferenze. Se ci sono dei vincitori, sono senza dubbio loro».

Ci sono altri trend. «A grandi linee, è evidente che le compagnie aeree ne risulteranno danneggiate. È lecito attendersi per loro una ripresa faticosa. Ma, anche qui: molto dipenderà se riceveranno aiuti pubblici o no. Ci sono molte variabili. Ad esempio, il costo del petrolio: adesso è così basso, per più ragioni – tra cui una guerra dei prezzi da Russia e Paesi del Golfo – e questa cosa potrebbe, per paradosso, compensare in parte le perdite».

Il biomedicale esploderà? «È possibile che, vista l’importanza che ha assunto in questi giorni, e anche la corsa al vaccino che sta riguardando tutto il mondo, ci sia un aumento degli investimenti in questo settore», con conseguente crescita dei titoli.

Oppure: «Alcuni pensano che, viste le difficoltà che avranno i trasporti per far mantenere le giuste distanze tra le persone, ci si muoverà di più con l’automobile privata, e i produttori potrebbero trarne qualche vantaggio». Altra idea.

Per il momento, solo una certezza: «I giganti del web ne sono usciti benissimo». Anzi, due certezze: la convinzione che nonostante la crisi sia globale, la sua soluzione «dipenderà molto da come si muoveranno i singoli Paesi. Potrà capitare che aziende sane in Paesi deboli chiudano, e che aziende malmesse ma in Stati forti riescano a superare le difficoltà».

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