Nonostante ci fossero già stati dei tentativi, le resistenze erano forti. Per il mondo delle aste di opere d’arte spostarsi su internet era considerato un destino, certo. Ma da tenere lontano il più a lungo possibile.
Gli eventi maggiori venivano sempre fatti dal vivo. A questi si aggiungevano feste private per far conoscere le opere ai possibili acquirenti, che erano anche occasione per stringere nuove conoscenze o consolidarne di nuove. Alla rete, cui si riconosceva comunque un’influenza crescente, si concedeva poco spazio.
Poi è arrivato il coronavirus e, come è intuibile, tutto è dovuto cambiare in fretta.
Come si spiega sul Financial Times, in tre mesi si sono concentrati anni di sperimentazioni, test e nuove idee. Si sono accelerati processi che, con il passo normale, avrebbero richiesto anni.
Nonostante i tagli, le date saltate, gli appuntamenti bloccati – l’ultima asta di Sotheby’s a New York è stata il 16 marzo, arte asiatica del Sud – le grandi case hanno resistito e si sono rifugiate, anche per necessità, su internet. A quanto pare, non lo lasceranno.
Per Guillaume Cerutti, amministratore delegato di Christie’s, è stato «un momento verità» per le vendite online. Se ne parlava già da dieci anni, ma con poca convinzione. Adesso si è arrivati al punto.
Le aste online ci sono, se ne fanno, stanno prendendo – per ovvie ragioni – il posto di quelle dal vivo e «continueranno a esserci anche dopo il Covid». Da gennaio a giugno, Sotheby’s ha condotto 80 vendite su internet, cioè il doppio rispetto allo stesso periodo nel 2019, per un totale di 139 milioni di dollari, mentre nel 2019 erano solo 23.
Questo non significa che le cose vadano a gonfie vele. In genrale, Sotheby’s ha ridotto le vendite del 75% (dati fino a maggio) e nei ricavi c’è stato un crollo: da 2,2 miliardi (ottenuti nello stesso periodo nel 2019) a 541milioni totali del 2020. A Christie’s non è andata meglio: da 2,3 miliardi a 364 milioni – di cui online 32,2.
Per risalire la china si punta sugli appuntamenti di giugno e luglio, che costituivano fino all’anno scorso le occasioni più importanti della stagione.
E anche qui, visto che saranno pochi (se non zero) i compratori che assisteranno in presenza, ci si affiderà alla tecnologia. Forse, con uno sguardo, si può già intravedere come sarà il modello delle aste nei prossimi anni.
Sotheby’s dividerà le sue vendite in più località. Il 29 giugno si terrà una vendita di New York – ma condotta da Londra, con schermi che collegheranno la sede inglese agli Stati Uniti e a Hong Kong (il pezzo più pregiato sarà un “Trittico” di Francis Bacon: base d’ata 60 milioni, per chi fosse interessato).
Christie’s, al contrario, sceglie lo schema della staffetta: nella sua “One”, il 10 luglio, comincia da Hong Kong e prosegue andando a Parigi, poi a Londra e infine a New York. Una maratona di tre ore, tutto in una sola soluzione, con un catalogo di vendite variegato – dagli impressionisti a Zao Wou-Ki.
Funzionerà? Alcuni temono che ci sia troppa carne sul fuoco. Ma, va detto, è una fase di transizione, nella quale si passerà dal modello pre-Covid – fatto di poche date importanti – a una nuova era di “flusso”, cioè di tanti appuntamenti piccoli ma più frequenti, più mirati, con un massimo di 25 pezzi al posto dei 300 dei grandi eventi.
La parola chiave è “mirati”. Non è un mistero che la parte più difficile è, in questi ultimi mesi, contattare i clienti e convincerli ad acquistare le opere.
Da un lato sono sorti ostacoli oggettivi: con il blocco dei voli e le restrizioni ai movimenti muoversi e incontrarsi con agio è diventato impossibile – condizione aggravata dall’assenza di feste ed eventi promozionali.
Dall’altro sono nati anche problemi di cassa: pochi vogliono spendere. Il mercato dell’arte è ciclico, si sa. Segue l’andamento generale dell’economia e si fa influenzare dalle tendenze della politica. I venti di guerra commerciale tra America e Cina del 2019, per esempio, hanno provocato una riduzione degli scambi del 17%.
Per il 2020 le maggiori preoccupazioni vengono dalla crisi finanziaria globale (che segue le quarantene e le chiusure forzate), dai tassi di mortalità più alti, dalle necessità di una nuova pianificazione finanziaria. Insomma, per molti investire in un quadro sarà l’ultimo dei pensieri.
Questo ha portato a uno sviluppo impensabile nel mondo delle aste, una piccola rivoluzione copernicana: le partnership tra rivali.
Sotheby’s ha aperto il suo sito a una rete di gallerie, dove anche gli esterni possono piazzare le loro opere e venderle a un pubblico globale (in cambio Sotheby’s si prende una percentuale su ogni vendita). Mentre Christie’s ha annunciato un accordo con la Biennale di Parigi per una vendita online di settembre, al posto della fiera, ormai cancellata.
È nato un nuovo mondo, insomma, che va a ridisegnare gli assetti consolidati e li adatta alle nuove tecnologie.
Non è un caso che, sullo sfondo, ci sia anche la nuova app lanciata da Loïc Gouzer, considerato “il mago delle aste”, ex Christie’s. Si chiama “Fair Warning” e si rivolge a un pubblico selezionatissimo (l’applicazione non è pubblica) cui propone ogni settimana un’asta, a cominciare dal 28 giugno.
Niente sostituti, niente telefonate. Tutto è all’insegna della presenza – reale, anche se virtuale. «Se dormi, perdi (You snooze, you lose)», ha detto Gouzer. Uno slogan che vale per tutto il settore.