E se lo abolissimo? Cosa dovrà fare il sostituto di Centeno per non rendere inutile l’Eurogruppo

Il 9 luglio si sceglierà il successore del portoghese. Il nuovo presidente dell’organo che riunisce i 19 ministri delle Finanze dei Paesi con l’euro dovrà chiedere un mandato chiaro per poter prendere decisioni politiche. O rimarrà sempre un corpo tecnocratico che discute di virgole di budget

Afp

Il presidente dell’Eurogruppo, Mário Centeno, lascerà il 15 giugno il suo ruolo come ministro delle finanze del Portogallo. Questo significa che è giunto al termine anche il suo ruolo come presidente dell’Eurogruppo, l’organo dove siedono i ministri delle finanze dei Paesi che hanno adottato l’euro. Centeno ha infatti confermato che darà le sue dimissioni e non cercherà di rinnovare il mandato. 

L’elezione del prossimo presidente dell’Eurogruppo si terrà dunque il 9 luglio. Questa è un’ottima occasione per riflettere sulla strana istituzione che è l’Eurogruppo, sul suo ruolo in Europa e nel mondo e su quali debbano essere i compiti principali del suo presidente. 

Partiamo da un’analisi degli ultimi due anni. A Centeno non si può purtroppo dare neppure la sufficienza per la sua presidenza. Nonostante alcuni timidi tentativi, l’Eurogruppo non ha giocato un ruolo propositivo negli ultimi due anni, soprattutto durante lo scoppio e diffusione del Coronavirus.

Al contrario, per poco non ha dato il proprio endorsement al piano da 540 miliardi, il quale senza misure ben più coraggiose, come quelle del piano franco-tedesco, poco avrebbe fatto per salvare l’Europa rischiando anzi di bloccare riforme più incisive.

Non solo, l’Eurogruppo ha fatto mancare impulso politico a misure cardinali come il completamento dell’unione bancaria dell’Eurozona, che secondo noi di Volt Europa è una componente fondamentale per il funzionamento dell’Unione.

A marzo l’Eurogruppo ha avuto l’opportunità di diventare il centro della ripresa europea. Invece di un piano ambizioso, però, ha prodotto un documento lungo, difficile da leggere e, in sostanza, privo di contenuti concreti. Due giorni dopo, l’inutilità dell’Eurogruppo in quella occasione è stata certificata dalla decisione della presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde di procedere con il “bazooka da 750 miliardi di Euro” (diventati poi 1350 miliardi) del programma Pepp (Pandemic Emergency Purchase Programme). Una mossa decisiva, avviata senza poter contare su alcuna copertura politica. 

I giorni successivi hanno segnato la progressiva scomparsa dell’Eurogruppo come luogo in cui discutere la ripresa. In aprile, l’unica cosa che i ministri delle finanze hanno fatto è stato chiedere ai capi di Stato e di governo, che siedono nel Consiglio europeo, di prendere delle decisioni sul fondo per la ricostruzione.

Ovviamente, il Consiglio ha deciso di non decidere, dando invece un mandato non chiaro alla Commissione europea e segnalando implicitamente la necessità di aggirare l’Eurogruppo per riuscire a elaborare un piano.

Così, la discussione sulla ricostruzione è avvenuta altrove, segnando il crepuscolo di quella istituzione peculiare centrata sull’Eurozona. Se il futuro presidente non saprà ridare lustro all’Eurogruppo come sede propulsiva di decisioni importanti per l’Europa, potrebbe infatti essere necessaria una riflessione sull’utilità di questa istituzione. 

Se decidessimo che vale la pena tenere in vita l’Eurogruppo, occorrerebbe mettere in chiaro che il gruppo deve avere la volontà e la capacità di prendere decisioni politiche. Vale a dire che i leader politici che siedono nel Consiglio europeo devono dare a questo organo un mandato chiaro per poter lavorare sul futuro dell’Eurozona. Non deve agire come un corpo tecnocratico focalizzato sui dettagli tecnici: questo lavoro deve essere lasciato ai corpi preposti all’interno dei singoli governi.

Così che si delinea il ruolo del futuro presidente dell’Eurogruppo: questa persona dovrà creare quella fiducia senza la quale il lavoro non può procedere. Dovrà inoltre comprendere quale sia il limite del mandato concesso dal Consiglio europeo e quindi quando tocca ai capi di Stato e di governo prendere le decisioni.

L’Europa non ha bisogno di un altro corpo tecnocratico che discuta di virgole di budget, Volt Europa sostiene la necessità di istituzioni politicamente legittimate a prendere decisioni anche difficili ma nei tempi giusti per affrontare le conseguenze di questa crisi e rispondere incisivamente a quelle future. 

*Andi Shehu è Co-Presidente di Volt Italia

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