Tutti contro tutti, mentre l’occupazione crolla a picco. Nello stesso giorno in cui l’Istat certifica la perdita di 600mila posti di lavoro dall’inizio della crisi Covid-19, l’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro (Anpal), che ai disoccupati dovrebbe trovare un lavoro, dimostra di essere in pieno caos istituzionale. Prova ne sono le due audizioni che si sono tenute il 30 luglio, una dopo l’altra, davanti alla Commissione Lavoro della Camera, prima da parte della direttrice generale dell’agenzia Paola Nicastro e poi del presidente Mimmo Parisi.
L’approvazione del piano industriale 2020-2022 di Anpal, dopo mesi di attese e bocciature, di fatto non ha risolto nulla. Anzi. Il piano è stato approvato con il voto contrario del rappresentante delle regioni Claudio Di Berardino, assessore al Lavoro della Regione Lazio. Un “no” che ha un peso notevole, visto che le regioni hanno competenza sulle politiche attive del lavoro e dovrebbero applicare quel piano.
Ma, cosa ancora più insolita, il bilancio 2019 di Anpal Servizi – quello che certifica anche le spese sostenute da Parisi mai rese pubbliche tra voli in business class e autista – è stato addirittura approvato, come abbiamo raccontato, con il solo voto favorevole dello stesso presidente, che ha valore doppio. Cosa che lo stesso Statuto di Anpal in teoria esclude. Motivo: il ministero del Lavoro aveva chiesto al dg una istruttoria sui conti, ma Parisi ha inviato in ritardo i documenti richiesti e le verifiche non sono state fatte. Tant’è che persino il rappresentante del ministero del Lavoro in cda, Giovanni Capizzuto, ha preferito astenersi dal voto. Da qui l’ennesimo caos dell’agenzia presieduta dal professore del Mississippi, il padre dei navigator che Luigi Di Maio aveva voluto in Italia per rivoluzionare le politiche attive.
E invece, in un momento di enorme crisi occupazionale, con l’autunno caldo che si prospetta alle porte, nella doppia audizione alla Camera di tutto si è parlato, tranne che di politiche attive.
Anzi, dopo una relazione che da più parti è sembrata una «arringa difensiva», Parisi è passato all’attacco del consigliere Di Berardino e della direttrice generale Nicastro, con cui da tempo ormai intrattiene uno scambio di missive e atti amministrativi al veleno.
Davanti alla Commissione Lavoro, il professore ha sostenuto di aver approvato il bilancio di Anpal servizi (controllata di Anpal di cui è anche amministratore unico) facendo valere il suo doppio voto, per «senso di responsabilità verso la società e i suoi lavoratori» e per evitare «il rischio di perdere il contributo finanziario annuale» se fosse stato approvato dopo il 15 luglio. Per poi passare all’elenco, una dopo l’altra, di una serie di date e documenti con l’obiettivo di dimostrare, di fatto, che la posizione del consigliere Di Berardino fosse in realtà dissonante rispetto all’«apprezzamento» che invece le regioni avevano espresso per il piano.
Nessuna notizia sulla app Italy Works, che Parisi aveva annunciato di voler sviluppare in Italia sul modello di quanto fatto in Mississippi. Il decretone del reddito di cittadinanza ha stanziato 25 milioni per lo sviluppo del software di incrocio tra domanda e offerta di lavoro, ma poi non si è saputo più nulla. Se non che Catalfo ha firmato un protocollo con la ministra dell’Innovazione Paola Pisano per portare avanti il progetto del professore.
Nell’aula della Commissione si è generato il caos, invece, quando il leghista Claudio Durigon – sottosegretario al Lavoro del governo gialloverde al momento della nomina di Parisi – ha chiesto al professore dettagli sulla app “Resto in campo”, che a giugno Anpal ha lanciato per il settore agricolo. Erano i giorni in cui si diceva che i raccolti sarebbero andati perduti perché i braccianti stranieri non avrebbero potuto raggiungere l’Italia. Da qui la decisione della ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova e di quella del Lavoro Nunzia Catalfo di mettere a punto una applicazione per favorire l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro e fronteggiare il fabbisogno di manodopera agricola. E per farlo è stato chiesto di aggiornare e ampliare l’applicazione “Fair Labor”, che la Regione Lazio nel 2019 aveva sviluppato per contrastare il caporalato nella provincia di Latina. «Guarda caso», fa notare Durigon, «il consigliere Di Berardino è assessore della Regione Lazio e il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, è presidente».
«Della app “Resto in campo” non so nulla», ha risposto Parisi. «Il ministro mi ha chiamato per informarmi. Ma poi non ho saputo più nulla. Non è stata presa una decisione all’interno del cda».
Poco prima, la direttrice Nicastro aveva spiegato che «l’app “Pronto in campo” non è una nuova app, ma un riutilizzo gratuito di una app della Regione Lazio, aggiornata per essere estesa a tutto il territorio nazionale». Quanto ai costi per l’ampliamento, la traduzione e l’integrazione del software, «dovrebbero essere intorno ai 180mila euro», ha detto Nicastro. «Tutto è stato fatto attraverso Consip con il raggruppamento di fornitori usati nel Lazio, che è lo stesso di Anpal». Durigon ha già annunciato una interrogazione a Catalfo. E la Commissione chiederà chiarimenti a Nicastro sui costi. Ma certamente è risultato inconsueto che il presidente dell’agenzia non sapesse nulla di una app lanciata dalla stessa agenzia che presiede.
Nelle settimane che hanno preceduto l’arrivo della app, in realtà, si sono tenuti diversi incontri tecnici tra la direttrice, i ministri, e anche con i sottosegretari del ministero dell’Agricoltura e del Lavoro. «Ma il presidente se non erro era negli Stati Uniti», ha fatto notare Nicastro.
Risposte gelide che fanno emergere la distanza enorme tra le due figure. «Non ho idea di quanti soldi siano stati spesi per la app», ha risposto Parisi. «Lei (la direttrice generale, ndr) ha budget illimitato, stiamo cercando infatti di mettere un limite». E invece, «per l’app famosa di Parisi, non si è speso un centesimo dei 25 milioni di euro messi da parte dal governo, perché non mi è stato consentito di farlo».
Uno scontro tra il presidente e la dg, a pochi minuti di distanza, che va avanti ormai da mesi nell’agenzia. Con Parisi che è arrivato a minacciare addirittura provvedimenti disciplinari contro il dirigente di Anpal che si occupa della gestione dei fondi sociali europei. E Nicastro che, per tutta risposta, in una lettera indirizzata anche alla ministra Catalfo, ha messo nero su bianco – episodio dopo episodio – il clima ormai irrespirabile dell’agenzia.
«Un clima di lavoro sereno aiuterebbe tutti», ha detto Nicastro in Commissione. «I miei non sono “contrasti”, ma atti dovuti in virtù del rispetto delle norme, dei regolamenti e delle leggi che devo osservare».
Nessun chiarimento, da parte di Parisi, sulle stabilizzazioni dei 654 precari storici di Anpal Servizi previste dal decreto salva imprese. «Il presidente avrebbe dovuto già procedere», ha detto Nicastro. In base all’accordo sottoscritto dallo stesso Parisi con i sindacati, e secondo quanto prevede lo stesso piano industriale, dovrebbero essere completate entro dicembre 2020. Ma il 22 luglio Parisi ha comunicato ai 260 collaboratori in scadenza a luglio la proroga dei contratti fino a dicembre 2021. In Commissione, il professore non ha dato spiegazioni sul perché della lunga proroga, né si è impegnato a portare a termine le stabilizzazioni entro fine anno.
La data del 31 dicembre 2021, però, viene vista da più parti come un possibile volano per assorbire i navigator, i cui contratti biennali scadranno ad aprile 2021. E certamente i Cinque Stelle, con Parisi, non vorranno addossarsi il peso politico di quasi 3mila nuovi disoccupati, assunti per trovare un lavoro ai percettori del reddito di cittadinanza (Parisi ha detto che sono 196mila i posti di lavoro trovati finora, ma non si trova riscontro dei dati). Il timore diffuso nell’agenzia è che l’obiettivo sarebbe quello di innescare un turnover tra i precari storici e i navigator, innescando una guerra tra poveri.
Nessun chiarimento neanche sulle spese sostenute da Parisi nel 2019, tra i voli aerei, l’autista personale e la casa in centro a Roma, mai rese pubbliche. Le verifiche chieste dal ministero del Lavoro sono finite in un cortocircuito burocratico, come ha spiegato Nicastro. La direttrice generale, su richiesta del ministero, ha chiesto a Parisi la documentazione per effettuare verifiche. Richiesta che Parisi ha rispedito al mittente, sostenendo che la materia fosse di competenza del cda. Ma il cda a sua volta si è ritenuto incompetente in materia. Per cui, in una recente nota, i revisori dei conti hanno rispedito la patata bollente al ministro di Catalfo, che ora dovrà occuparsene.
Intanto, però, Parisi ha girato alla dg un parere dell’Anac in cui si dice che, poiché da amministratore unico della controllata Anpal Servizi non percepisce alcun compenso, non è neanche tenuto a rendere pubbliche le spese. In Commissione, per l’ennesima volta, ha promesso che le pubblicherà a breve, come aveva già detto più volte, senza poi farlo. Dicendo che fornirà alla Commissione i verbali della Corte dei conti e dei revisori di Anpal.
Intanto, il 31 luglio mattina si imbarcherà su un volo per il Mississippi. Ovviamente in business class.