Dieci numeri in dieci anni“Inque”, il super magazine bello da star male

Senza pubblicità, progettato dall’ex art director del New York Times Magazine, è un evento culturale che punta sulla bellezza della grafica e sulla qualità dei contenuti. Ci saranno contributi di grandi autori e di artisti di ogni genere. Si parte nel 2021 per raccontare gli anni Venti

Non sarà solo un nuovo magazine: sarà un evento culturale. A suo modo, una rivoluzione.

Si chiamerà “Inque” (pronunciato come “ink”, inchiostro”, ma che richiama “inquiry”, inchiesta), uscirà a cadenza annuale per dieci anni – dal 2021 al 2030, poi fine – senza versione digitale, non avrà pubblicità ma, al contrario, grandi firme del mondo dell’editoria, della letteratura e delle arti.

Soprattutto, sarà bellissimo: per la grafica, la forma, la qualità della carta. Per la bellezza degli articoli, ai quali lavoreranno scrittori come Jonathan Lethem, Chimamanda Ngozi Adichie, Joyce Carol Oates, Ben Lerner, o fotografi come Jason Fulford e Alec Soth, o attori come Samuel L. Jackson. Basta così?

No: ci sono anche Brian Eno, Tilda Swinton, Ocean Vuong e Tom Waits giusto per fare altri nomi.

Dietro al progetto, c’è il britannico Dan Crowe. Già editore di riviste e libri, ha fondato “Butterfly”,, “Zembla” (il magazine che, dal 2003 al 2005, ha lanciato il format della “Dead Interview”, il dialogo tra un autore vivente e un personaggio deceduto) “Port” e “Avaunt”.

Questi ultimi due li ha realizzati insieme Matt Willey, grafico di origine inglese, per cinque anni art director del New York Times Magazine e designer dell’anno nel 2014 secondo Creative Review, che ha coinvolto nella nuova avventura.

«We have been making magazines for a while», spiegano, «è da un po’ che facciamo riviste». Un’esperienza che li ha portati ad alcune conclusioni importanti, sintetizzate in una sorta di manifesto valido per ogni prodotto editoriale (almeno, di quelli che puntano a essere di qualità): amano fare magazine, ma odiano sentirsi dire cosa devono metterci dentro.

Amano parlare con gli scrittori e discutere su cosa hanno intenzione di scrivere, ma odiano i costi di distribuzione. Amano lavorare con fotografi e illustratori, ma odiano doversi affidare alla pubblicità. Amano l’odore della carta, dell’inchiostro e di come stanno insieme. E odiano dover pubblicare qualcosa anche quando non è del tutto pronto.

Tutte ottime premesse per qualcosa di nuovo, attento all’estetica, alla qualità, al servizio stesso dei lettori. Perché, ripetono, i lettori di magazine ci sono ancora. Le vendite sono diminuite, è vero. Ma non perché sia scomparso il pubblico: sono i magazine autentici a essere spariti.

L’idea promette bene, anche grazie a una redazione e di prim’ordine, fatta di scrittori, giornalisti e critici importanti.

Tra questi c’è Hanif Kureishi, autore di “Il Budda delle periferie” o “My Beautiful Laundrette”, insieme al poeta Anthony Anaxagorou, alla giornalista Claire Gutierrez, al critico Wesley Morris e alla redattrice del New York Times (e autrice) Liz Welch.

Il primo numero, che uscirà nel 2021, sarà finanziato su Kickstarter. Poi il progetto sarà autonomo per le uscite successive, che copriranno gli anni ’20. Un decennio interessante che, con ogni probabilità, sarà raccontato benissimo.