Capitano senza ciurmaIl modello Salvini forse non funziona più

Ai suoi comizi c’è sempre meno gente e i contestatori non gli sono mai mancati, come insegnano Mondragone, Codogno, Bologna e le altre piazze che lo hanno respinto. Il leader della Lega è sempre uguale a se stesso e forse per questo continua a calare nei sondaggi. Possibile che siano le conseguenze delle manifestazioni delle Sardine di qualche mese fa?

Andreas SOLARO / AFP

E se Matteo Salvini avesse perso l’ultimo tocco magico? Non impressiona certo il nuovo calo attribuito da Swg alla Lega (da 26,9 a 26,3 in una settimana), figuriamoci, ma il calo di gente ai comizi e le contestazioni, da Mondragone a Codogno, questo sì impressiona.

L’ultimo tocco magico del capo leghista che evapora come un lascito di una stagione finita è proprio quello del bagno di folla che a Mondragone è diventato un bagno reale di acqua, a far dimenticare il mito della camicia sudata, del panino fra un comizio e l’altro, del milionesimo selfie con la pensionata o lo studentello: tutta la retorica del salvinismo con la sua indubbia forza evocativa di un’Italia reale eppure vecchia nel suo ingenuo esaltarsi per un leader scarpe grosse e cervello fino, come fosse l’Italia all’alba della politica novecentesca e non al suo post-epilogo, se si può dir così.

La voglia di un Conducator italico, sempre annidata nel sistema nervoso del Paese, si era convogliata – e in parte lo è ancora, ma meno – verso un Capo che però sta trasmettendo al Paese la sua non invincibilità.

Infatti non è più il Salvini di mica tanto tempo fa. La contestazione di Mondragone non colpisce in quanto contestazione, ma soprattutto perché non c’è stata la solita contro-contestazione: dov’erano i suoi? E persino a Codogno, la Codogno entrata nel cuore di tutti gli italiani, in pieno Nord, c’era una studentessa con un cartello scritto a pennarello “Non ci rappresenti”, che è una versione ancora più garbata del “Bologna non si Lega” da cui tutto cominciò.

Mentre un’altra ragazza issava un suo cartello, sempre a pennarello ma di un altro colore, “Non si specula sui morti”, e questo è il punto, forse un nuovo spirito del tempo, basta con la stagione dello sciacallo, basta venire sui luoghi del dolore per qualche voterello in più, un basta – beninteso – erga omnes ma che non può che cadere come un anatema sulla testa dei demagoghi di professione.

È possibile che qualcosa del freddo gennaio delle Sardine abbia germogliato fino a questa estate rovente, tematizzando il rifiuto di un modo maschio e insensibile di fare politica.

Prima del distanziamento sociale le Sardine stabilirono che il salvinismo come movimento reazionario di massa si poteva arginare ed ecco che 6 mesi dopo, e tanto dolore in mezzo, sembra che intorno alla figura di Salvini non ci sia più appunto il movimento, l’acqua ristoratrice delle fatiche e culla di ulteriori adesioni, come se la Lega fosse davanti al fantasma di quello che negli anni Settanta si chiamava “riflusso”, la stanchezza del presidio delle strade e delle piazze, la disillusione verso una rivoluzione tradita, o mancata, la smitizzazione del condottiero vincente e la condanna per la strumentalizzazione del dolore.

In questa situazione Salvini fa Salvini, a rischio di una triste imitazione del tempo che fu. Come scrisse Chateaubriand a proposito del tardo Bonaparte dei Cento giorni, «insieme modello e copia, personaggio reale e attore intento a rappresentare quel personaggio, Napoleone era il mimo di se stesso; non si sarebbe creduto un eroe se non si fosse rivestito del costume di eroe».

Il problema del salvinismo è appunto qui: insomma, Berlusconi fece il Predellino, Fini fece Fiuggi, non parliamo del soqquadro a sinistra, mentre Salvini è sempre Salvini, una sicurezza ma anche una noia, la prevedibilità come l’alfa e l’omega della politica. Ma le cose cambiano in fretta e lui infatti perde 10 punti in un anno.

Saranno state le Sardine, sarà stato il Papeete, sarà stata un’inconsistenza di idee nel momento più grave della recente storia d’Italia, sarà stato l’arrivo arrembante di Giorgia Meloni, sarà stato tutto questo e altro ancora, fatto sta che il cosiddetto Capitano ha lo sguardo meno sicuro di sé, e non ha chiaro cosa c’è dietro l’angolo del post-Covid, quando davvero serviranno idee e competenze, mentre continua a comiziare, ma più stancamente, senza l’ausilio di truppe che, se non in rotta, appaiono quantomeno poco motivate, come quando l’odore della disfatta precede il rimbombo degli altrui cannoni.