Quando si è concluso lo spoglio delle ultime elezioni politiche, nel settembre del 2017, gli analisti politici tedeschi hanno individuato subito alcuni aspetti notevoli del nuovo Bundestag che si sarebbe insediato di lì a qualche settimana. Ad esempio l’ingresso fra i banchi del Parlamento federale di un partito di estrema destra come AfD, per la prima volta nella storia repubblicana, e addirittura come terza forza dopo Union e SPD; o il ritorno dei liberali della FDP, nuovamente sopra la soglia del 5% dopo un esilio di quattro anni.
Oppure la partecipazione femminile, in controtendenza in confronto alle precedenti legislature: rispetto al 37,3% di parlamentari donne nel Bundestag uscente, quello emerso dalle urne del settembre 2017 ne avrebbe contate 17 in meno, pari al 30,7% del totale. Ma il dato sicuramente più impressionante è stato fin da subito quello meramente numerico: fatti tutti i calcoli, ci si è resi conto che il diciannovesimo Bundestag avrebbe ospitato l’incredibile numero di 709 deputati, record assoluto della storia parlamentare tedesca – che pone la Germania dietro solo alla Cina e ai suoi quasi 3.000 membri dell’Assemblea nazionale del popolo.
A detta di tutti gli osservatori, un numero così grande poneva il serio rischio di una scarsa funzionalità: dalla ordinaria attività legislativa alle mansioni delle diverse commissioni, dover avere a che fare con 709 parlamentari rende anche le procedure più semplici potenzialmente molto più macchinose, ed estremamente complicato gestire le possibili maggioranze.
Non solo: per così tanta gente ci vuole adeguato spazio, e l’edificio del Bundestag non ne aveva, tanto che alcuni neoeletti hanno dovuto stabilire i propri uffici in un palazzo vicino usato negli anni ‘30 dai nazisti per il Ministero dell’Interno, e sui cui muri è possibile ancora trovare qualche svastica. Teoricamente il Bundestag dovrebbe essere composto da 598 deputati. La legge elettorale prevede infatti che, per ognuno dei 299 distretti in cui è diviso il Paese, ogni cittadino abbia a disposizione due voti: un Erststimme (“primo voto”) e uno Zweitstimme (“secondo voto”).
Con il primo voto si sceglie il candidato: chi prende più voti vince il Direktmandat, il “mandato diretto” e un seggio in Parlamento. First-past-the-post, uninominale secco. Con il secondo voto si sceglie invece il partito, ed entra in gioco il proporzionale. I vincitori dei Direktmandate occupano 299 seggi, la metà: i restanti posti vengono distribuiti proporzionalmente tra tutti i partiti che, nelle varie liste presentate nei 16 Länder, superano la soglia del 5%. È qui però che iniziano i problemi.
È possibile che un partito in un Land ottenga più Direktmandate rispetto al numero di seggi che gli spetterebbe in base ai risultati ottenuti col secondo voto: a questo punto a quel partito vengono assegnati dei seggi extra, i cosiddetti Überhangmandate, per bilanciare lo squilibrio. Tale aggiustamento, però, genera un nuovo squilibrio fra quel partito e gli altri, perché sfalsa le proporzioni certificate dallo Zweitstimme: per correggere lo sbilanciamento, dal 2013 anche agli altri partiti vengono assegnati dei seggi extra, gli Ausgleichsmandate, in modo da rispecchiare nuovamente i risultati del secondo voto.
Il metodo di ricalcolo e redistribuzione dei seggi è estremamente complicato – si scherza spesso sul fatto che solo una manciata di nerd dei sistemi elettorali ne conosca in profondità tutti i dettagli – ma come si vede consente di superare la soglia dei 598 deputati con molta facilità, tanto che alcuni esperti già nel 2013 mettevano in guardia dal rischio concreto di arrivare a oltre 800 parlamentari. Per scongiurare un simile scenario, i partiti della Grosse Koalition hanno raggiunto martedì scorso un compromesso su una parziale riforma della legge elettorale, che come primo passo mira a ridurre il numero dei collegi da 299 a 280.
La riforma entrerà in vigore a partire dalle elezioni del 2025, e potrebbe includere ulteriori modifiche: nell’accordo Union e SPD hanno stabilito che, dopo il voto previsto nell’autunno dell’anno prossimo, verrà istituita un’apposita commissione (a cui parteciperanno esponenti della maggioranza e dell’opposizione) per discutere alcuni punti da tempo al centro del dibattito. Ad esempio l’abbassamento dell’età minima per votare, da portare a 16 anni, o l’allungamento della durata di una legislatura da quattro a cinque anni; altre proposte riguardano l’introduzione di quote rosa e addirittura di un limite massimo di parlamentari esplicitamente stabilito.
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