Mare nostrumLa Turchia provoca la Grecia, ma l’Unione è troppo divisa su come gestire il problema Erdoğan

Ankara non ha un atteggiamento conciliante e non sembra intenzionata a fare passi indietro nel Mediterraneo orientale. Ma Bruxelles si dimostra incapace di dare una risposta compatta ed efficace, soprattutto nelle sanzioni per cui serve l’unanimità. Il presidente turco ha gioco facile a sfidare i suoi vicini, sapendo che poco o nulla può essere fatto per contrastarlo

MUSTAFA OZER / AFP

Uno dei temi di cui si è discusso nell’ultima plenaria del Parlamento europeo è stata la crisi nel Mediterraneo orientale tra Grecia e Turchia. Le relazioni tra i due Paesi sono ancora particolarmente tese a causa della contesa sull’estensione delle Zone economiche esclusive e sullo sfruttamento delle risorse che si trovano nelle suddette aree. E la soluzione al problema sembra ancora molto lontana.

A complicare il quadro non è solo l’atteggiamento ben poco conciliante di Ankara, ma anche la divisione interna alla stessa Unione europea, che ne inficia le capacità di reagire in maniera efficace. Di questa debolezza ha saputo approfittare il presidente Recep Tayyip Erdogan, che continua a sfidare Bruxelles ben sapendo che poco o nulla può essere fatto per fermarlo.

Il tema delle sanzioni
Il 15 settembre l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Josep Borrell, ha preso parte alla plenaria del Parlamento europeo per comunicare la posizione dell’Unione in merito all’atteggiamento assunto negli ultimi mesi dalla Turchia nel Mediterraneo orientale. Borrell ha espresso la solidarietà dell’Unione nei confronti di Grecia e Cipro, ma ha ammesso che i tentativi di arrivare a una soluzione del problema tramite il dialogo non hanno avuto, a oggi, gli effetti sperati.

La Turchia, secondo l’Alto rappresentante, ha infatti continuato a compiere azioni unilaterali in violazione dei diritti di due Stati europei, inasprendo ulteriormente i rapporti con Bruxelles e opponendosi così al dialogo.

Nonostante la distanza sempre maggiore con il vicino, Borrell ha insistito sulla necessità di arrivare a una soluzione attraverso la diplomazia perché la Turchia «rappresenta un partner chiave per l’Unione in molte aree, come per esempio quella della migrazione. È difficile credere che possiamo risolvere la questione dei flussi migratori senza l’aiuto della Turchia» tanto sul fronte del Mediterraneo orientale quanto su quello libico.

Nel suo discorso sullo stato dei rapporti con la Turchia, l’Alto rappresentante ha anche ricordato che la possibilità di introdurre nuove sanzioni contro Ankara è ancora sul tavolo, ma si tratta di una minaccia che suona ogni volta più vuota.

Lo stesso ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha affermato di non essere preoccupato dalla minaccia europea, sottolineando come le precedenti sanzioni non abbiano avuto alcun effetto sulle politiche turche.

A parlare delle relazioni tra Unione europea e Turchia è stata anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione. «Astenersi da azioni unilaterali e riprendere i colloqui in genuina buona fede è l’unica strada da percorrere», ha affermato la presidente, sottolineando che «sebbene siamo vicini sulla mappa, la distanza tra di noi sembra aumentare» a causa dei tentativi della Turchia «di intimidire i suoi vicini».

Anche von der Leyen, come Borrell, ha però finito con l’adottare toni concilianti nei confronti di Ankara, ricordando come il Paese anatolico sia importante sul fronte dell’immigrazione soprattutto nell’ottica di un rafforzamento delle frontiere esterne e di un approfondimento dei partenariati extra-Ue. Ma la presidente della Commissione nel suo discorso ha sollevato anche un’altra importante questione che può essere legata alle attuali relazioni con la Turchia.

Uno dei motivi per cui l’Unione europea non ha ancora preso seri provvedimenti contro Ankara è la mancanza dell’unanimità sull’adozione di nuove sanzioni, procedura che richiede per l’appunto il consenso di tutti i Paesi membri.

A questo proposito, von der Leyen ha chiesto di «passare al voto a maggioranza qualificata, almeno per quanto riguarda i diritti umani e l’attuazione delle sanzioni». In questo modo la capacità di reazione dell’Unione migliorerebbe e potrebbe rappresentare davvero una minaccia per i Paesi terzi, come nel caso della Turchia, superando l’impasse che il voto per unanimità comporta.

Med7 e Francia
Ma a essere divisa nella posizione da assumere nei confronti di Ankara non è solo l’Unione europea. Anche i membri del Med7, il gruppo formato da sette Paesi europei del Mediterraneo, hanno usato toni diversi durante l’ultimo incontro. Se da una parte Francia, Grecia e Cipro hanno si sono impegnate a collaborare per contrastare l’espansionismo turco, dall’altra Italia, Spagna, Malta e Portogallo hanno utilizzato un tono più conciliante, puntando sul dialogo.

Il presidente francese Emmanuel Macron, che ha aperto la sessione, ha sottolineato l’urgenza di coordinare gli sforzi europei per affrontare tutti i dossier relativi al Mediterraneo, dalla disputa con la Turchia fino all’embargo sulla Libia e il futuro di Siria e Libano.

Le sue parole sono state accolte con favore da Grecia e Cipro, con il presidente cipriota Nicos Anastasiades che ha anche sottolineato l’importanza di giungere a una nuova politica europea in tema di immigrazione per evitare che la Turchia continui a usare i migranti come arma geopolitica.

Per Francia, Grecia e Cipro il dialogo resta la strada da percorrere per appianare le divergenze sul Mediterraneo con il Governo turco, ma nelle scorse settimane la Francia ha avvertito la Turchia di possibili ripercussioni in caso di gravi violazioni.

A riprova della serietà delle sue intenzioni, Parigi ha da tempo inviato navi militari e jet nella regione a sostegno della Grecia, che ha a sua volta annunciato un ammodernamento del proprio esercito. Atene si è infatti impegnata ad acquistare 18 aerei da combattimento francesi (i Rafale), quattro fregate multiuso e quattro elicotteri; a reclutare 15 mila nuovi soldati e ad aumentare gli investimenti nell’industria delle armi e della cyber security.

La Francia resta per il momento l’unico Paese dell’Unione a essersi impegnato in prima persona per la difesa della Grecia, ma la mancanza di una risposta compatta da parte dell’Unione ne limita fortemente il potere d’azione.

La Turchia continua sì a provocare Atene, ma non ha alcuna intenzione di giungere a uno scontro diretto ed è ben consapevole che ha ben poco da temere da Bruxelles. Ancora una volta la divisione all’interno degli Stati membri ridimensiona il ruolo geopolitico dell’Unione, messa sotto scacco da una Turchia che, per quanto potente, sta riuscendo a imporre il proprio volere su altri 27 Paesi.

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