Ascoltare Xi Jinping, il faraone cinese, ha un effetto straniante. Nel suo ultimo intervento in occasione dell’anniversario della guerra di Corea, avvenuto tre giorni fa, ha promesso una politica economica aggressiva che approfitti della crisi planetaria minacciando ogni tipo di dissidenza.
Non una parola, una soltanto, sulle colpe della Cina per il Covid. Il virus è diventato il vettore dell’imperialismo cinese, l’occasione di nuove conquiste. Questo è il Verbo di regime di Pechino. Mentre il mondo è piegato dal virus e da una crisi economica paragonabile ad un conflitto mondiale, la Cina si è chiusa nel suo lockdown e ha sconfitto la malattia.
Wuhan è free-covid, il resto del mondo ha preso la sua malattia. La stella della propaganda cinese ha giocato una partita mortale all’esterno e tutto dice che l’abbia vinta. Ci hanno mandato milioni di chili di materiale sanitario, buona parte del quale inutilizzabile, e non certo in regalo. Hanno permesso la pestilenza per le loro pessime abitudini alimentari ma nessuno pare più ricordarlo. Hanno mentito per mesi sulla reale natura della pandemia, permettendone la diffusione planetaria.
Cosa avrebbero detto e fatto i sovranisti europei e americani se il Covid invece di venire da Wuhan fosse arrivato da Berlino o da Parigi? Cosa avrebbe detto il faraone cinese a parti invertite? Cosa avremmo fatto se il Covid fosse stata una malattia covata in Africa e negli slum di Rio?
Oggi nessuno ricorda questi semplici dati. Di certo non lo ricorda la smemorata classe politica italiana: ancora oggi è top secret la lista dei “regali” cinesi e quanto sono effettivamente costati. La Cina uscirà più forte dal post-Covid e il mondo libero molto più debole, questo è un fatto.
L’uso politico del virus è ormai una realtà acclarata. Ma alla fine di ogni guerra c’è un conto da pagare. Un mondo da ricostruire. O il mondo libero da Nord a Sud sarà in grado di imporre un risarcimento o sarà la fine. Avevamo timore della Via della Seta, ma alla fine è arrivata la Via del Covid.