Dopo il defenestramento del cardinale Giovanni Angelo Becciu stanno facendo il giro del mondo, ma con ben altre ricadute, le parole inedite di Francesco rilasciate, nel maggio dello scorso anno, alla giornalista messicana Valentina Alazraki e riportate nel documentario che il regista americano Evgeny Afineevsky ha dedicato al pontefice argentino. Presentato ieri in anteprima al Festival del Cinema di Roma, il lungometraggio sarà oggi insignito del 18° Premio Kinéo nei Giardini Vaticani.
«Le persone omosessuali – queste le clamorose parole di Bergoglio – hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo».
In realtà, pur avendo una portata rivoluzionaria soprattutto per quello che attiene all’impegno globale per l’ottenimento di una legge sulle unioni civili, la dichiarazione è consentanea a quella che è stata la posizione, sia pur non espressa, di Francesco su una tale tutela legale sin dai tempi dell’episcopato a Buenos Aires.
Ne aveva già parlato Sergio Rubin, per quanto smentito nel 2013 da Miguel Woites, direttore dell’Agencia Informativa Católica Argentina (Aica), e nel 2014 dal basiliano Thomas Rosica, che all’epoca lavorava presso la Sala Stampa della Santa Sede come assistente di lingua inglese. Il futuro biografo del Papa sosteneva che l’allora arcivescovo di Buenos Aires ritenesse le unioni civili una giusta tutela e un buon compromesso per evitare l’introduzione del matrimonio egualitario in Argentina, che vi fu legalizzato nel 2013.
Bergoglio, che condusse all’epoca un’aspra e aperta battaglia contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso definendolo «una deriva antropologica», nulla disse contro il riconoscimento delle unioni civili, avviato a livello locale tra il 2001 e il 2007.
Anzi, la Pontificia Universidad Católica Argentina Santa María de los Buenos Aires organizzò nel 2001 una “Jornada sobre la Unión Civil”, che come istituto fu legalizzata il 13 dicembre 2003 dall’assemblea legislativa della città.
Le affermazioni di Rubino, che trovano oggi una manifesta conferma nelle parole stesse di Francesco, non erano però affatto isolate. Il gesuita Juan Carlos Scannone, già professore di Bergoglio e pubblicamente riconosciuto quale “teologo del Papa” (deceduto il 28 novembre 2019), aveva già detto al giornalista francese Frédéric Martel: «Credo che Jorge intendesse davvero dare diritti alle coppie omosessuali, era la sua idea. Ma non era favorevole al matrimonio poiché è un sacramento. La Curia romana, invece, era ostile alle unioni civili: il cardinale Sodano era particolarmente rigido a riguardo. Anche il nunzio di stanza in Argentina era molto ostile alle unioni civili».
Sempre in “Sodoma”, il libro-inchiesta di Martel su omosessualità e Vaticano edito simultaneamente in otto lingue nel febbraio dello scorso anno, sono inoltre riportate le dichiarazioni del biblista protestante Marcelo Figueroa, pastore della Chiesa presbiteriana e direttore per 25 anni della Società biblica argentina, che dal 2016 dirige l’edizione settimanale argentina de L’Osservatore Romano: «Penso che Jorge sia favorevole alle unioni civili; per lui è una legge legata ai diritti civili. Le avrebbe accettate se il Vaticano non fosse stato ostile».
Parole seguite da questa valutazione di Martel: «Gli amici più stretti del futuro papa da me incontrati sottolineano la difficoltà di Bergoglio ad agire a favore dei diritti degli omosessuali in Argentina a causa del Vaticano. In privato, Bergoglio avrebbe sostenuto il progetto di legge come un buon compromesso per evitare il matrimonio.
«Era molto isolato», fanno tuttavia notare i suoi amici. A loro avviso, su questo tema si è svolta una violentissima battaglia tra il Vaticano, sostenuto localmente da alcuni sacerdoti ambigui e il futuro papa che, alla fine, ha dovuto rinunciare alle sue idee più aperte.
C’è infine da rilevare come il lungometraggio “Francesco” riporti anche una breve intervista ad Andrea Rubera, portavoce di Cammini di Speranza, che col consorte Dario De Gregorio è papà di tre bambini nati in Canada con la gestazione per altri.
Rubera racconta a Linkiesta di aver consegnato personalmente a Papa Francesco una lettera nel 2015 e di aver ricevuto due giorni dopo una telefonata da parte del pontefice, che chiedeva quale fosse la natura del problema esposto nella missiva: «Ovviamente ero emozionato e spiazzato da quanto stava accadendo. Ho detto al Papa che non chiedevo un riconoscimento della nostra situazione familiare ma un consiglio su come dovessi regolarmi per i nostri bambini, ai quali io e Dario volevamo garantire una partecipazione alle attività parrocchiali. Il Papa mi ha risposto “vada dal parroco e gli esponga tutto con semplicità, vedrà che troverà accoglienza per i suoi figli”. Ho fatto così e, infatti, il parroco ha mostrato piena disponibilità: sono cinque anni che i nostri figli partecipano pienamente alle attività parrocchiali».