«Ho sbagliato». Parole non comuni dette da un politico, specie da uno come Mark Rutte abituato a governare i Paesi Bassi con lo spirito di un amministratore delegato che porta risultati. Da alcuni giorni il premier olandese è finito nel mirino di stampa e opposizione, che gli contesta una gestione poco chiara del coronavirus, con i casi che continuano a essere stabilmente sopra quota 8 mila, e della casa reale. Sì, perché nel pieno di un semi-lockdown uno dei problemi più gravi che affligge il governo de L’Aja sono i viaggi della famiglia Orange-Nassau, i regnanti olandesi responsabili di aver preso un aereo per la Grecia mentre il Paese cerca di contenere il virus.
Gli Orange Nassau sono da sempre nel mirino dell’opinione pubblica. Nell’ultimo periodo molti membri della Camera hanno cominciato a prendere in seria considerazione l’idea di rimodulare la storica indicizzazione annuale dello stipendio della casa reale, solitamente aggiornato ogni anno del 5% e portata avanti dal lontano 1970. Così il prossimo anno re Willem-Alexander e la sua famiglia avranno a disposizione un budget di oltre 47 milioni di euro che ha fatto storcere il naso a molti. Il deputato laburista Attje Kuiken si è lamentato pubblicamente in Parlamento sostenendo che «lo stipendio che riceverà la principessa Catharina Amalia di 1,6 milioni a partire dai suoi 18 anni sia giusto. È una generosa borsa di studio ma ha ancora senso oggi?».
Un tema che può apparire secondario ma che secondario non è. In un momento di sacrifici sapere che il budget reale cresce in maniera così netta mentre gli stipendi del resto del Paese aumentano del solo 0.8% rischia di far scivolare il Paese in braccio ai populisti. «La principessa non è una normale ragazza di 18 anni, deve costruirsi una sua segreteria e un suo personale. È giusto che abbia uno stipendio adeguato», ha risposto Rutte, che si è comunque riservato di prendere una decisione definitiva a fine anno.
Una storia a cui si è subito aggiunto l’affaire-Grecia. Da inizio mese nei Paesi Bassi sono presenti regole molto stringenti per contenere la diffusione del virus, come la chiusura per un mese di bar e ristoranti, restrizioni agli assembramenti e il divieto di vendere alcolici oltre le 20. Perciò ha suscitato parecchio scalpore l’improvvisa partenza dei reali che venerdì scorso hanno preso un volo per passare qualche giorno in Grecia salvo poi tornare appena 24 ore dopo, quando è improvvisamente montata la rabbia dell’opinione pubblica per questa vacanza.
«Non vogliamo creare polemica», è stata la reazione del re e della regina, rientrati subito a L’Aja mentre le principesse sono tornate soltanto martedì. «Il premier avrebbe dovuto dirlo immediatamente, non riesce a controllare i reali», è stato il commento del parlamentare Joost Snaller del D66. Le scuse del premier, che ha detto di non aver considerato come il viaggio dei reali non fosse in linea con quanto chiesto al resto del Paese, ha reso la situazione ancora più imbarazzante.
D’altronde il momento per il Paese è particolare. I Paesi Bassi aggiornano ogni giorno il record di casi (mercoledì sono stati oltre 8700 i nuovi positivi e 59 i morti) e gli ospedali cominciano a mostrare i primi segni di sofferenza. In un Paese che difatti non ha mai avuto una prima ondata, questo emergere di nuovi casi sta facendo salire la pressione sul governo sia in Parlamento che nel Paese. L’aumento dei casi ha portato per la prima volta il premier a dover piegare l’animo liberale degli olandesi chiedendo loro esplicitamente di sottostare alle regole, come indossare la mascherina nei luoghi pubblici. Una netta inversione a U rispetto allo scorso marzo, quando “immunità di gregge” era la parola-chiave e ci si preoccupava di non intaccare le libertà dei cittadini.
Da allora anche lo stile del premier sembra essere cambiato: meno muscolare e più esortativo, sa che è necessario cambiare se vuole chiedere ai suoi connazionali di rispettare delle regole che, per spirito e per indole, fanno fatica a far loro. Non mancano addirittura gli esempi di forza come dimostra lo «Gewoon je bek houden als je daar zit», rivolto ai tifosi delle squadre di calcio della Eredivisie, la serie A olandese, ai quali ha chiesto di assistere alle partite senza urlare. I paragoni con l’Italia della scorsa primavera e il braccio di ferro dei mesi scorsi sembrano ormai un lontano ricordo: l’obiettivo adesso è piegare la curva dei contagi e convincere l’opinione pubblica a seguire le regole. Sarà sufficiente?