Durante il primo dibattito presidenziale, chiamiamolo così, Trump ha chiesto ai Proud Boys, una banda di teppisti violenti e razzisti, di «fermarsi e di restare in attesa». C’è una sola interpretazione possibile: in caso di sconfitta elettorale, Trump vuole attivare questo gruppo, assieme ad altre gang simili e alle forze di polizia a lui fedeli. L’obiettivo? Attaccare i manifestanti pacifici, i giornalisti e chiunque si opponga al regime di Trump.
Durante il dibattito, è caduto quel che restava della maschera di Trump e tutti abbiamo potuto vedere chi è. Chi è il nostro presidente? È la versione imbellettata d’arancione del bielorusso Lukashenko; è più alto e più grasso di Putin; è la fine della democrazia americana.
Ecco che cosa c’è in gioco. Non chi vincerà le elezioni. Molto probabilmente sarà Biden a vincerle. Semmai come si comporteranno i Proud Boys sulle strade d’America e come brandiranno le loro mazze durante la prossima Notte dei Cristalli. Agli scrittori e ai giornalisti che come me sono nati in paesi autoritari, il 3 novembre interesserà sapere soltanto dove si trova il passaporto e quali nazioni accetteranno rifugiati da un paese malato e morente che il 4 novembre potrebbe non esserci più.
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