AlgoritmocraziaLo strano caso della galleria milanese censurata per aver messo su Instagram un’opera d’arte

Il social network non permette alla galleria milanese Almach Art Gallery di pubblicare il dipinto del pittore spagnolo Salvador Aulestia: due nudi di donne di segno e postura inconfondibilmente classici del secolo scorso, trattata peggio che un selfie di Kim Kardashian

Salvador Aulestia

Musei e mostre di nuovo serrati. Non c’è pace per la cultura su questa tetra terra infetta. L’umanità, smarrita e vagula (per quanto si riesca a vagare entro quattro mura), si attrezza potenziando l’unica arma sociale derivata che le resta: la rete web.

Anche i musei e le gallerie, già negli scorsi mesi, avevano aperto le porte del virtuale. Le hanno riaperte, mestamente, ancora ieri e fino al 3 dicembre, salvo proroghe non inattese. Il peggio non è però la perdita dei sensi estetici (come capita a taluni, colpiti dal virus, con l’olfatto e il gusto), ovvero la cessazione del rapporto fisico con l’arte.

È pure peggio se l’unica arma che hai ti spara contro, come è capitato a una galleria milanese, la Almach Art Gallery, assai coraggiosamente aperta in via Gaudenzio Ferrari, nella periferia storica del centro cittadino, proprio nei primi mesi dell’Annus Horribilis 2020, con ardimentosi programmi di esposizioni, fin da subito tutelate e rispettose delle normative sulla salute.

«Problemi con l’immagine: non rispetta la nostra normativa, contenuti per adulti sessualmente provocativi». Questa la ragione del diniego alla promozione della mostra che si è visto recapitare per via telematica dal risponditore algoritmico di Instagram il gallerista, Luca Temolo Dall’Igna.

La buona e virtuosa intenzione, ligia e disciplinata alla dura lex del Comitato che domina sulla sopravvivenza degli italiani, era quella di offrire alla mostra retrospettiva di Salvador Aulestia (inaugurata alla vigilia del nuovo lockdown e prorogata fino a fine anno), autore novecentesco spagnolo già esposto in molti musei del mondo, la chance di una vita parallela, virtuale e surrogata, ma almeno una vita.

Invece no. Nemmeno il social web lo consente. Non bastavano i custodi della salute pubblica al governo. L’opera incriminata? Due nudi di donne di segno e postura inconfondibilmente classici del secolo scorso, trattata peggio che un selfie di Kim Kardashian. Hai voglia a volere fare credere al mondo dell’arte che il bello, il buono e il giusto sono ormai virtuali, mentre fuori infuria la bufera Covid19, se poi la censura è reale.

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