Dilemmi scientificiLa proposta radicale e controversa della geoingegneria per proteggerci dai cambiamenti climatici

Crescono gli investimenti su nuove tecniche ingegneristiche per affrontare il surriscaldamento globale e l’emergenza ambientale attraverso la manipolazione intenzionale del clima. Ma la comunità scientifica solleva molti dubbi, anche di carattere politico ed etico-legale

Davanti all’attuale alterazione del bilancio energetico del pianeta, la comunità internazionale si sta interrogando su nuovi metodi per gestire e affrontare il cambiamento climatico e il surriscaldamento globale. Molti istituti di ricerca e agenzie governative stanno concentrando sempre maggiori investimenti sulle soluzioni proposte dalla geoingegneria, o ingegneria solare (solar radiation management), una tecnica che propone di affrontare l’emergenza climatica attraverso la manipolazione intenzionale, e su larga scala, del sistema climatico stesso.

Una delle ultime testimonianze di questa tendenza è il recente annuncio da parte dell’organizzazione SilverLining della Safe Climate Research Initiative: un fondo di ricerca per promuovere il raffreddamento della Terra riflettendo in atmosfera le radiazioni solari.

«Le ragioni a favore dell’utilizzo di tecniche di “geoingegneria” sono che davanti a una situazione che sembra molto critica metterci una pezza sopra potrebbe avere senso. Il punto è capire a quali conseguenze potremmo arrivare servendoci di queste strategie. Siamo davvero sicuri di conoscerle?», si chiede l’ingegnere ambientale Stefano Caserini. «Geoingegneria rimane un termine ambiguo e generico che non andrebbe usato perché il confine tra questa tecnica e l’attività antropica in generale è troppo discutibile. Se ci pensiamo, infatti, anche l’immissione da parte dell’uomo di miliardi di tonnellate di CO2 in atmosfera può essere definita geoingegneria così come destinare migliaia di chilometri quadrati di campi a una monocoltura – continua Caserini – L’Ipcc, nel rapporto speciale del 2018, ha preferito parlare di “gestione della radiazione solare”. Una tecnica su cui gravitano molti dubbi».

Per intervenire sul clima artificialmente e contrastare il riscaldamento globale servendosi delle tecniche proposte dalla geoingegneria, o ingegneria solare, si possono seguire due strade. Agire direttamente sulla causa del riscaldamento schermando i raggi solari oppure ridurre l’eccesso di anidride carbonica presente nell’atmosfera.

Per quanto riguarda la prima, le proposte in campo sono molte, come ricreare nella troposfera – la parte di atmosfera più bassa, a contatto con la superfice terrestre – delle nuvole artificiali in grado di riflettere la luce solare prima che quest’ultima colpisca, riscaldandole, le acque degli oceani. Ma anche agire sulla stratosfera – la parte di atmosfera immediatamente sopra la troposfera – lanciando aerosol, tramite razzi e aerei, per riprodurre nuvole artificiali. Si tratta di una strategia che, nonostante riscuota curiosità e interesse, presenta diverse controindicazioni.

«La tecnica di sparare aerosol nell’atmosfera per riflettere i raggi solari implica diversi problemi. Nel momento in cui ci impegniamo in questa attività dobbiamo essere consapevoli di farlo a lungo termine perché altrimenti il riscaldamento tornerebbe immediatamente a essere un problema, e anche più impattante – sottolinea Caserini – Inoltre, le tecniche che riducono le temperature intervenendo sul bilancio energetico non risolvono il problema dell’acidificazione del mare perché non intervengono sulla CO2, che così continuerebbe a sciogliersi in acqua. Proprio per questo, ha molto più senso agire rimuovendo la CO2 per abbassare le temperature. Viceversa, in un mondo in cui i livelli di anidride carbonica continuano a crescere e si gestiscono le temperature con la solar radiation management, o ingegneria solare, si distruggono gli oceani».

«L’intenzionale manipolazione del clima su scala planetaria è una di quelle capacità tecniche che permettono di intervenire su questioni fondanti per la vita e la morte, come le armi atomiche e le modifiche del codice genetico. La specie umana non ha ancora acquisito sufficiente consapevolezza e norme etiche solide che ne guidino l’uso», sottolinea Marco Casari, professore di economia e tra gli autori dello studio Solar geoengineering may lead to excessive cooling and high strategic uncertainty, pubblicato sulla rivista scientifica statunitense Pnas. «La geoingegneria solare può offrire uno strumento che abbassa velocemente la temperatura globale con costi di intervento limitati. Presenta tuttavia dei rischi di tipo climatico, etico-legale, e politico che facciamo fatica a valutare pienamente».

Secondo l’economista Casari, gli interventi di geoingegneria solare potrebbero generare conflitti tra quei Paesi che hanno preferenze diverse in fatto di temperatura. «Dal momento che il costo di questi interventi potrebbe essere molto contenuto, si corre il rischio di assistere a un’azione unilaterale da parte di un singolo Stato. Il nostro studio mostra, sulla base sia di modelli teorici sia dei risultati di laboratorio, che i Paesi con la preferenza più estrema in termini di raffreddamento del clima, impongono le loro politiche agli altri. In altre parole, senza un trattato internazionale questa tecnica verrebbe utilizzata in modo sproporzionato, con un danno per molti Paesi».

Una situazione come questa attiverebbe un circolo vizioso perché potrebbe indurre delle reazioni di contro-geoingegneria, nel tentativo di alzare nuovamente la temperatura. «Da questo studio di economia comportamentale emerge che l’uso di strumenti ingegneristici sul clima potrebbe implicare un aumento delle diseguaglianze tra i Paesi e una notevole difficoltà degli attori coinvolti nel coordinare le loro azioni. La conseguenza sarebbe la presenza di forti oscillazioni di temperatura da un periodo ad un altro, che porterebbe a gravissimi danni».

«Come economista ho studiato come la geoingegneria solare può cambiare gli incentivi dei Paesi ad agire. Al momento sappiamo molto poco sulle conseguenze dell’applicazione dell’ingegneria solare sul sistema climatico e sulla politica internazionale. Capire le implicazioni dell’ingegneria climatica può portare ad usarla con cognizione di causa, oppure a evitarla tout court, e concentrare gli sforzi sulla riduzione delle emissioni che alterano il clima».

I risultati raggiunti dallo studio che ha impegnato Casari non depongono a favore dell’uso della geoingegneria solare. «Tuttavia, potrebbe essere un’opzione da avere a disposizione in caso di emergenze, cioè nel caso l’aumento della temperatura superi livelli di pericolo. Ritengo che due condizioni debbano essere rispettate. La prima è avere già stipulato in anticipo un accordo internazionale su come usare la geoingegneria solare in maniera da prevenire conflitti tra Paesi. La seconda è intraprendere un’azione immediata e senza riserve per diminuire drasticamente le emissioni che alterano il clima. Nessuna di queste condizioni è al momento presente. Altre tecniche di ingegneria climatica che prevedono il sequestro di anidride carbonica sono meno problematiche, tuttavia hanno dei costi elevati».

«In questo caso – sottolinea Stefano Caserini – non si agisce sul bilancio energetico del pianeta ma su quello del carbonio attraverso tecniche più “naturali” (nature based solutions) come l’ampliamento delle foreste – che alcuni potrebbero anche giustamente considerate come esito dell’applicazione della geoingegneria – o l’agricoltura conservativa».

Tra le strategie proposte c’è quella di “dilavamento accelerato”: «Si tratta di accelerare dei processi naturali di rimozione della CO2 tramite l’interazione con le rocce carbonatiche. Un’altra possibilità arriva dal progetto “Desarc-Maresanus”, che propone di spargere calce spenta nel Mediterraneo sfruttando la scia delle navi che attraversano il mare: una strategia che frenerebbe l’acidificazione delle acque rimuovendo dall’atmosfera fino a 115 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, pari a un quarto delle emissioni prodotte in Italia. «Dal punto di vista etico la strategia di sequestro della CO2 fornisce meno problemi perché implica il togliere dall’atmosfera ciò che l’uomo ha immesso in eccesso».

In ogni caso, ciò che deve continuare è l’abbattimento delle emissioni climalteranti. «Le tecniche di rimozione della CO2 che la solar radiation management propone – conclude Caserini – non vanno in alcun modo considerate come alternativa al processo di decarbonizzazione in cui siamo impegnati. Un’attività in cui continueremo a impegnarci e investire perché poco costosa e in grado di offrire benefici più sicuri e affidabili rispetto alle tecniche ingegneristiche».

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