Controlli alle frontiere rafforzati, lotta all’immigrazione clandestina e riforma dello spazio Schengen: sono questi i punti chiave delle misure annunciate dal presidente francese Emmanuel Macron durante la sua visita al Passo di Perthus, al confine con la Spagna.
Le parole del capo di Stato arrivano a una settimana dall’attentato compiuto da un tunisino in una chiesa di Nizza e in cui hanno perso la vita quattro persone. L’uomo era arrivato in Italia il 20 settembre, ma dopo aveva ricevuto un decreto di respingimento con l’ordine di abbandonare il territorio nazionale si era recato in Francia passando per Ventimiglia.
Non è quindi un caso che Macron abbia parlato non solo di immigrazione in termini generali, ma anche – e soprattutto – di flussi secondari, facendo quindi riferimento a quelle persone che abbandonano i Paesi di primo arrivo, come Spagna e Italia, per spostarsi verso gli altri Stati europei. La Francia, come ricordato dal capo dell’Eliseo, «è uno di principali Paesi di arrivo dell’immigrazione secondaria», motivo per cui è arrivato il momento di «cambiare profondamente le regole del gioco».
Obiettivo primario del presidente francese è modificare il Trattato di Schengen che regola la libertà di circolazione di merci e persone all’interno dello spazio comunitario e intensificare ulteriormente i controlli alle frontiere. «Tenuto conto dell’evoluzione della minaccia terroristica» il numero di poliziotti e gendarmi che sorvegliano le frontiere nazionali passerà da 2.400 a 4.800 «per combattere la minaccia terroristica, i traffici e l’immigrazione clandestina».
Macron ha specificato che presenterà la proposta di riforma dello spazio Schengen in occasione del Consiglio europeo di dicembre, ma la vera data a cui il presidente guarda è quella del 2022. Tra due anni i cittadini francesi torneranno alle urne per scegliere il loro presidente e la Francia, in piena campagna elettorale, avrà la presidenza di turno dell’Unione europea. Momento perfetto per Macron per ottenere in sede comunitaria dei risultati da presentare ai propri elettori, soprattutto se in relazione ad un tema – quello dell’immigrazione – solitamente usato dalle destre per aumentare i propri consensi.
Durante la sua visita al confine spagnolo, il presidente francese ha infatti tessuto un parallelismo tra l’immigrazione e gli attentati che hanno colpito la Francia negli ultimi tempi. «Vediamo chiaramente che le azioni terroristiche possono essere condotte da persone che usano i flussi migratori per minacciare il nostro territorio», ha affermato Macron. «Gli attacchi in Francia, e pochi giorni fa a Vienna in Austria, ci mostrano che il rischio terrorismo è ovunque, che le reti terroriste sono globali». Alla luce di ciò, ha sottolineato il presidente, l’Unione europea deve «intensificare la sua risposta» e garantire la sicurezza dei propri cittadini. Secondo il capo dell’Eliseo è tempo di «agire su tutti i fronti» nella lotta alla radicalizzazione.
Gli attentati e i controlli
La riforma sull’immigrazione in Europa e sui flussi migratori, così come il rafforzamento dei controlli alle frontiere sono da tempo al centro dell’agenda politica di Macron, ma entrambi i temi sono tornati in auge a seguito degli attentati che hanno colpito la Francia negli ultimi mesi.
L’episodio di Nizza e l’attacco con coltello a settembre nei pressi della sede di Charlie Hebdo compiuto da un pakistano residente in Francia da tre anni sembrano dare ragione al presidente francese, ma prendere in considerazione solo questi due casi rischia di essere fuorviante.
Altri due attacchi avvenuti nel 2020 in Francia sono stati messi in atto da uomini cresciuti in Francia che si erano radicalizzati – uno di loro con problemi mentali – e la stessa decapitazione del professore Samuel Paty è stata compiuta da un 18enne di origine cecena arrivato però nell’Esagono quando aveva soli sei anni. Anche l’attentatore di Vienna, citato da Macon, aveva origini macedoni, ma era nato e cresciuto nella capitale austriaca.
La questione è quindi più complessa di quello che sembra ascoltando le parole di Macron: da una parte, la maggior parte degli attentati compiuti in Francia portano la firma di residenti francesi e lo stesso attacco a Vienna pone l’accento sulla radicalizzazione all’interno del territorio europeo; dall’altra è innegabile che ci sia una percentuale, seppur minima, di rifugiati radicalizzati arrivati in Europa che non può essere ignorata.
Altro punto su cui il capo dell’Eliseo ha insistito è il rafforzamento dei controlli alle frontiere. Ciò che Macron ha però dimenticato di specificare è che la Francia in passato ha più volte sospeso gli accordi di Schengen e aumentato la presenza delle proprie forze dell’ordine lungo i valichi di frontiera, soprattutto dopo l’attentato al Bataclan del 2015. Un esempio su tutti è quello del confine tra Italia e Francia, la cui gestione è stata molto spesso motivo di scontro tra Roma e Parigi e da cui è transitato lo stesso attentatore di Nizza, nonostante i controlli rafforzati.
Per evitare che nuovi attacchi terroristici vengano compiuti sul suolo europeo sarebbe invece utile incrementare la cooperazione tra i servizi di intelligence dei diversi Stati membri, come chiesto da Germania e Francia. Il tema, secondo quanto annunciato dal ministro degli Interni tedesco Horst Seehofer, sarà al centro dell’incontro del 13 novembre dei ministri degli Interni dell’Unione.
Intanto, la Francia ha portato ai massimi livelli l’allerta terrorismo mentre si attende entro fine anno la presentazione al Parlamento francese delle misure contro l’islam separatista, altro tema strettamente legato alla riforma di Schengen proposta da Macron e che ha già causato non pochi problemi dentro e fuori dall’Esagono.