Trump torna alla tv
È un progetto che preoccupa più del rischio di un attacco trumpiano all’Iran (per quello, come per molto altro, i sinceri democratici contano sul Pentagono e sulla Cia, e dopo quattro anni neanche se ne stupiscono). È quello della Trump Tv, ora data per sicura o quasi. Donald Trump, ha riferito Axios, dice agli amici di voler fondare una digital media company per «bastonare Fox News». La tv dovrebbe essere in streaming online perché «costa meno e si lancia più velocemente». La preoccupazione è tanta perché sarà «pensata come una cassa di risonanza dell’estremismo digitale» e potrà «amplificare notizie false e voci pericolose, senza neanche una parvenza di controllo giornalistico», scrive l’ex vicedirettore per l’intelligence dell’FBI, Frank Figliuzzi. Convinto che la tv di Trump diventerà il punto di riferimento, e la motivazione a restare attivi, dei gruppi e delle milizie suprematiste come i Proud Boys (e un pericolo mortale in pandemia, sarà piena di negazionisti del Covid ed estremisti no-mask).
Proud Boys e milioni di trumpiani di base, a breve, potrebbero chiudersi del tutto al resto del mondo e alla realtà. Abbandonando i rinnegati di Fox News per la Trump tv, ignorando Twitter e Facebook per la piattaforma ultra Parler. La crescente separazione sociale e social renderà ancora più difficile la comunicazione tra le due Americhe «che operano in base a due insiemi di fatti completamente diversi». Lo ha ammesso ieri Barack Obama, diventato una star dicendo che non c’erano due Americhe ma una, millenni fa.
Un barlume di speranza arriva dal conduttore radiofonico storicamente trucido Howard Stern, che conosce benissimo Trump. E promette che la sua tv «fallirà entro un anno, come tutti gli altri suoi business». Stern ha lanciato un appello al presidente uscente: «Per una volta, fai qualcosa di buono per il Paese, cerca di calmare i tuoi fottuti amici burini pazzi e digli che hai perso le elezioni». Poi chissà.
Trump e le matricole feroci
I fottuti amici di Trump (che mai Trump frequenterebbe) non sono più solo la base del partito. Hanno eletto dei Mr. e Ms. MAGA che a gennaio vanno a Washington. Ci sono le neodeputate in quota Qanon, Lauren Boebert e Marjorie Taylor Greene, che si fa ritrarre armata vicino a una foto delle deputate progressiste della Squad. C’è Ronny Jackson, medico alla Casa Bianca di Trump e prima di Barack Obama, il quale – dice Jackson – ha fatto spiare Trump. C’è Madison Cawthorne, 25 anni, il congressman più giovane, che vanta vacanze a tema hitleriano e cerca di proporsi come l’Alexandria Ocasio-Cortez della destra.
Ora sono la corrente trumpiana del partito, quella post-fattuale. Potentissima sul territorio, vera espressione degli elettori super trumpiani, portatrice di teorie complottiste al Congresso. Potrebbe scavalcare i repubblicani più istituzionali, che lavoravano sui peggiori istinti della base ma rappresentavano i megadonatori. E a cui Trump e il trumpismo sono notoriamente sfuggiti di mano (boy, we screwed up, «ragazzi, che disastro abbiamo combinato», ha detto al Wall Street il donatore più importante e feroce, Charles Koch).
Intanto Taylor Greene ha postato un video in cui fa ginnastica nella sua stanza d’albergo e si lamenta che nella Washington comunista hanno chiuso le palestre per il Covid. Le hanno fatto presente che c’era una palestra aperta nel suo albergo e una dietro l’angolo. Ora su Twitter si mette in dubbio l’esistenza delle palestre aperte (e le teorie di Qanon applicate alla vita quotidiana avranno un certo successo).
Trump e i senatori speranzosi
I repubblicani che contano di candidarsi alle primarie del 2024 rischiano un bidone da Trump. Lui parla di ricandidarsi tra quattro anni, un po’ per raccogliere finanziamenti, un po’ per mantenere la suspence. E il controllo sul partito. E la possibilità di bullizzare i presidential hopefuls, quasi tutti senatori e maschi tranne Nikki Haley. Speranze quasi vecchie come Marco Rubio (che lunedì ha ammesso l’elezione di Biden) e Ted Cruz; e nuove come Tom Cotton (detto «il fascista col collo a matita») e Josh Hawley. Tutti impossibilitati a lavorare apertamente alle loro candidature, rischierebbero di far arrabbiare Trump. Che li insulterebbe su Twitter, aizzando contro di loro decine di milioni di followers (già nervosi per via dell’elezione rubata).
L’attesa di Kamala Meyer
Kamala Harris si vede poco, non si sa se per sua iniziativa o perché glielo ha chiesto lo staff di Biden. Mentre il presidente eletto è a Wilmington a lavorare con la transition team, Harris sta nel suo condominio nel West End di Washington e si tiene «in regolare contatto con Mr. Biden». Lo scrive il New York Times, in un articolo che è tutto un sofferto eufemismo per dire che Kamala non è al centro delle cose. Come consolazione, si riferisce dell’ottimo rapporto che suo marito Doug Emhoff ha con Jill Biden (che detesta Harris da quando a un dibattito sderenò il marito). In più, il vicepresidente uscente Mike Pence, come Trump con Biden, non si è fatto vivo (per capire gli ostacoli che dovrà affrontare la vicepresidente non c’è che la serie molto da ridere Veep con Julia Louis-Dreyfus-Selina Meyer, e la Dea sa quanto non la si vorrebbe citare).
Una martire trumpiana al Tesoro
Elizabeth Warren non ce la può fare perché è troppo di sinistra e i democratici non hanno vinto il Senato; e anche se guadagnassero due seggi in Georgia a gennaio, i suoi colleghi moderati sarebbero lieti di avere una maggioranza troppo risicata per approvare la sua nomina. Lael Brainard è nel Board of Governors della Federal Reserve ed è straqualificata; ma anche molti senatori moderati contrari a Elizabeth Warren la trovano troppo di destra e filo-banche. Così potrebbe diventare segretario al Tesoro Janet Yellen. Che è l’ex presidente della Federal Reserve ed è contemporaneamente una martire trumpiana, rimossa dal presidente a fine mandato (Yellen ha appena cancellato un evento pubblico, è considerato un segnale).
Emily’s List
Emily Murphy dirige la General Services Administration (GSA) ed è incaricata di decidere e mettere in moto il passaggio di poteri tra presidenti. È diventata famosa perché non decide e non li mette in moto, perché l’amministrazione Trump non considera concluse le elezioni. Murphy pare pessimista sul risultato. Secondo la rete NBC, cerca attivamente lavoro (è di nomina trumpiana, decade con la nuova amministrazione), e manda messaggi indagando su nuove opportunità lavorative per il 2021 (Trump ha promesso di licenziare tutti i funzionari dell’amministrazione che avessero cercato lavoro, e sarebbe un bel momento di pazzia presidenziale se cacciasse Murphy).
Miracolo ad Atlanta
«Mi ha chiesto se le schede (postali, ndr) potevano essere ricondotte agli elettori… Ho avuto la sensazione che sottintendesse che potessimo buttare delle schede… Era come se mi dicesse “guarda bene e vedi quante schede riesci a buttare”». A parlare era Lindsey Graham, senatore del South Carolina appena rieletto. A raccontare alla Cnn è stato Brad Raffensperger, segretario di Stato della Georgia, repubblicano anche lui ma non popolarissimo nel partito (i senatori uscenti e in ballottaggio il 5 gennaio, Kelly Loeffler e David Perdue, hanno chiesto le sue dimissioni una settimana fa, e riceve continue minacce). Graham ha negato. Un collaboratore di Raffensperger ha confermato la versione del segretario di Stato, anche lui ha partecipato alla telefonata in cui Graham domandava di buttare schede. E adesso i repubblicani hanno paura che le accuse e la rissa li danneggino nel ballottaggio (uno dei candidati democratici, Raphael Warnock, ci crede, e si fa fotografare col suo nuovo cucciolo, un Beagle, che ha avuto 147 mila like).