Strumentalizzazioni politicheMichael Oakeshott ci mette in guardia contro gli abusi della ragione

Come spiega il professor Giovanni Giorgini nell’introduzione a “Razionalismo in politica e altri saggi” (Istituto Bruno Leoni libri), il filosofo britannico reagisce alla mentalità che limita la conoscenza al sapere tecnico (da studio) e valorizza l’aspetto pratico e tradizionale, che può essere acquisito solo con l’esperienza

da Unsplash di Simone Hutsch

Esattamente trent’anni fa, nel dicembre del 1990, veniva a mancare Michael Oakeshott, uno dei principali filosofi politici del Novecento. In occasione di tale ricorrenza, l’Istituto Bruno Leoni ha pubblicato quello che forse è il libro più significativo di Oakeshott, “Razionalismo in politica e altri saggi”. Di seguito proponiamo uno stralcio dell’Introduzione al volume, scritta da Giovanni Giorgini (professore ordinario di Storia delle dottrine politiche all’Università di Bologna).

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È un fatto interessante, e significativo, che Oakeshott abbia scelto come titolo per la raccolta di saggi del 1962 “Razionalismo in politica e altri saggi”, dando così la preminenza al tema del razionalismo in politica.

Si può certamente dire che quel saggio rappresenti il cuore teorico e l’elemento propulsore del libro e che gli altri saggi qui raccolti sviluppino le implicazioni e le conseguenze di quel tema. Con il termine Razionalismo, Oakeshott intende la fede incondizionata sul fatto che l’uso senza vincoli e senza pregiudizi della ragione porterà a un sicuro miglioramento della condizione umana.

Il precursore di questa visione è naturalmente Francis Bacon, il quale aveva fatto della ragione lo strumento della conquista umana della natura; una ragione, tuttavia, che aveva fatto tabula rasa dei pregiudizi derivanti dalla società, dal principio di autorità, dalle opinioni comuni (gli idola). L’applicazione di questa visione strumentale della ragione alla politica porta a una sua inevitabile sopravvalutazione, a credere che la ragione possa agire prescindendo dalle circostanze, per esempio delineando in astratto uno Stato ideale che sarà poi compito del governo mettere in pratica: la «politica della perfezione», che cerca di realizzare il Paradiso in terra e richiede grandi sacrifici agli uomini.

Si tratta di una visione molto simile a quella che Hayek definiva «abuso della ragione», tipico della «mentalità ingegneristica», e che Popper chiamava «ingegneria sociale utopica». Oakeshott intendeva così mostrare la fallace epistemologia che si trova alla base del collettivismo e della pianificazione centrale.

Oakeshott stigmatizzava poi l’errore teorico di considerare “conoscenza” solamente la conoscenza tecnica, che può essere espressa in regole e quindi insegnata e appresa (come la dimostrazione di un teorema o il codice della strada); vi è anche un altro genere di conoscenza, che egli definisce “pratica” o “tradizionale”, che può essere acquisita solo attraverso l’uso e la pratica, e quindi l’esperienza.

È questo tipo di conoscenza che è alla base di attività umane come la politica e… la cucina! Non si diventa buoni cuochi semplicemente leggendo i libri di cucina, che possono sì insegnare la tecnica culinaria ma non creare il gusto; solo il cuoco che ha fatto apprendistato ed è dotato di esperienza pratica sa quanto sale aggiungere quando la ricetta indica “q.b.”.

Si noti che questa visione è sia una riproposizione della nozione aristotelica di phronesis – quella «sapienza pratica» che consente di individuare la giusta medietà evitando l’errore (e il vizio) dei due estremi – sia una polemica contro l’idea allora dominante in filosofia, di stampo neopositivistico, secondo cui l’unica conoscenza sia quella che può essere formulata esplicitamente. In questa critica al Neo-Positivismo, all’idea che il compito della filosofia sia quello di formulare e testare ipotesi che siano empiricamente verificabili, Oakeshott è in quegli anni accomunato a pensatori come Michael Polanyi, Gilbert Ryle e Friedrich A. von Hayek.

In un saggio tanto profondo quanto divertente, “La condotta razionale” (1950), Oakeshott mostrava la fallacia teorica del pensare che la ragione possa operare nel vuoto, senza interferenze da parte delle opinioni della società e delle circostanze storiche; e lo faceva ricorrendo all’esempio ingegnoso dell’«abbigliamento razionale» ideato dai designer Vittoriani per le donne che andavano in bicicletta: essi cercavano la razionalità e la perfezione in assoluto ma conclusero con ciò che era razionale e adeguato alle convenzioni dell’epoca: non i calzoncini corti, gli shorts, bensì dei pantaloni lunghi e aderenti con sopra una gonna al ginocchio per ingentilire l’aspetto troppo maschile dell’abbigliamento, i bloomers!

Se, dunque, la ragione non può mai operare in astratto, la ricerca della perfezione in politica, considerando “razionale” solo la condotta deliberatamente diretta al raggiungimento di uno scopo formulato precedentemente e astraendo dalle circostanze, è un’illusione; si tratta però di un’illusione pericolosa allorché si cerca di metterla in pratica, perché porta inevitabilmente al sogno del controllo assoluto della società e quindi alla tirannide. Un errore teorico si trasforma in un incubo nella pratica.

Oakeshott non si limita a mostrare errori e problemi inerenti al razionalismo ma offre anche delle alternative. Egli fa propria la visione tipica dell’Illuminismo scozzese e poi del fondatore della Scuola austriaca dell’economia Carl Menger, ripresa in quegli stessi anni da Hayek, secondo cui lo Stato moderno e le istituzioni politiche sono «il frutto di innumerevoli scelte umane, fatte in un lungo arco di tempo, ma non di uno specifico disegno umano».

Quelle scelte, inoltre, non erano la risposta ad astratte credenze bensì a specifiche situazioni contingenti. L’idea che vi sia un “architetto” alla loro base, qualcuno che si sia posto un obiettivo e si sia dedicato a quello scopo specifico, è una fallacia razionalistica. Al Razionalismo, alla sua fede nella verità e nella perfezione, Oakeshott oppone una visione scettica della conoscenza che fa da fondamento a una concezione liberale dello Stato nella quale ha un ruolo centrale la nozione di tradizione.

introduzione di Giovanni Giorgini a “Razionalismo in politica e altri saggi”, di Michael Oakeshott, Istituto Bruno Leoni Libri, 2020, pagine 284, euro 20

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