Si chiama Fondo nuove competenze, ed è una assoluta novità per le politiche attive del lavoro in Italia. Istituito dal decreto rilancio presso l’Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), lo scopo di questo nuovo strumento è la rimodulazione dell’orario di lavoro, riservando una parte delle ore lavorative a percorsi di formazione e sviluppo delle competenze.
Ma come funziona? E cosa viene richiesto alle aziende che vogliono accedere al Fondo?
Mylia, brand del gruppo Adecco specializzato nella formazione professionale, per rispondere alle domande delle imprese ha organizzato un webinar dal titolo “Fondo nuove competenze: i vantaggi per le imprese” con Paola Nicastro, direttore generale di Anpal e Michele Faioli, professore di diritto del lavoro all’Università Cattolica, moderati da Alessandra Spagnolo, business development manager di Mylia.
Davanti alla sempre maggiore brevità dei cicli economici, all’allungamento della vita lavorativa e alla accelerazione dei processi di digitalizzazione, «i processi di reskilling e upskilling sono fondamentali», ha spiegato nella introduzione Roberto Pancaldi, managing director di Mylia. «Lavorare sulle competenze permette di mantenere l’employability, che è l’aspetto più importante per restare attrattivi sul mercato del lavoro. E il Fondo nuove competenze è una novità importante in questo ambito».
Il fondo, dopo l’istituzione nel decreto rilancio, è stato poi rafforzato nel successivo decreto agosto e attuato con un decreto interministeriale del 22 ottobre. La dotazione è costituita al momento da 730 milioni di euro, ma potrà essere incrementata anche da ulteriori risorse del Fondo sociale europeo.
Quali sono le finalità? «Ci sono due scenari differenti nei quali si può trovare una impresa che vuole accedere al fondo», dice Spagnolo. «Ci può essere il caso dell’azienda che definisce i fabbisogni di competenze e decide di agire, o anche l’azienda che vuole accompagnare i lavoratori verso un percorso di ricollocazione al di fuori del proprio contesto aziendale».
L’idea del fondo, come spiega Paola Nicastro, «nasce in un momento critico in cui contemporaneamente il ministero del Lavoro stava agendo molto sugli ammortizzatori sociali necessari per accompagnare le aziende in questo momento di grande crisi». Ma non si tratta di una politica passiva. La finalità è «accompagnare le imprese nella ripresa, sia i datori di lavoro sia i dipendenti. C’è quindi una attenzione alle nuove necessità delle imprese, ai fabbisogni di competenze nuove, per colmare il gap di competenze dei lavoratori».
Se il decreto rilancio aveva inizialmente previsto per il fondo solo una mobilità “endoaziendale”, nel decreto agosto l’utilizzo del fondo viene esteso anche alla mobilià “esoaziendale”, e quindi alla formazione finalizzata ad aiutare un gruppo di dipendenti in esubero alla ricollocazione sul mercato. Un fattore importante in vista dello stop al blocco dei licenziamenti, attualmente previsto per il 31 marzo.
Ma come funziona il fondo? «Abbiamo voluto investire direttamente le imprese, dando loro un ruolo da protagonista, per fare in modo che individuassero il fabbisogno di competenze dei propri dipendenti e intervenissero direttamente», spiega Nicastro. «Il fondo finanzia le ore rimodulate del rapporto di lavoro e l’impresa si preoccupa direttamente di organizzare ed effettuare i percorsi formativi».
Come si accede? All’Anpal bisogna presentare l’accordo aziendale siglato con le parti sociali per la rimodulazione dell’orario di lavoro e il progetto formativo. Si tratta, spiega il professore Michele Faioli, di «un contratto collettivo decentrato, che è il presupposto di tutta la procedura». Nello specifico, è «un contratto decentrato che ha carattere gestionale, munito di forza vincolante in quanto deve gestire il tempo di lavoro», che viene rimodulato con una nuova componente dedicata alla formazione. «La formazione», continua Faioli, «diventa quindi un obbligo per il lavoratore».
I contratti devono essere firmati tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali dei lavoratori, Rsa o Rsu, che possono essere anche assistite dalle organizzazioni territoriali. Per ogni settore bisognerà capire qual è l’agente contrattuale con cui sedersi al tavolo, in quanto nell’avviso diffuso da Anpal si fa riferimento alla contrattazione collettiva firmata dalle rappresentanze sindacali maggiormente rappresentative.
Anpal verificherà l’accordo collettivo e il progetto formativo, che deve avere i requisiti previsti dal decreto interministeriale. Così le istanze possono essere accettate. «Il piano formativo più è dettagliato e mirato, con finalità e obiettivi, meglio è», spiega Nicastro. «Avere le idee chiare all’inizio è fondamentale: le aziende devono fare uno sforzo di previsione e progettazione importante». Il consiglio, continua la direttrice, è «concentrarsi sul fabbisogno di competenze delle persone con percorsi di formazione quanto più possibile personalizzati che possono avere efficacia in termini di risultato». E alla fine si farà una verifica del percorso formativo concluso.
Rispetto a quanto previsto inizialmente, i datori di lavoro privati potranno andare oltre la scadenza del 31 dicembre 2020 per la stipula dei contratti e la presentazione dei piani formativi.
Le aziende che usufruiscono della cassa integrazione potranno accedere contemporaneamente al Fondo nuove competenze. «Ma lo stesso lavoratore non può essere contemporaneamente in cig e accedere al fondo», spiega la direttrice generale di Anpal. «Il datore di lavoro che presenta istanza al fondo, però, potrà ripresentarla successivamente anche per altri dipendenti che non sono stati considerati nel primo step del piano formativo».