Finita la diplomazia delle mascherine, è iniziata la guerra fredda del vaccino. Sinora è stata combattuta a carte bollate, ma l’opzione nucleare di Bruxelles si chiama protezionismo: se gli ordinativi non verranno rispettati, l’Unione europea è pronta a chiudere le esportazioni per tenere su suolo comunitario le fiale prodotte all’interno dei suoi confini. Il blocco viene evocato sulla scia dell’incidente AstraZeneca, la casa farmaceutica anglo-svedese che ha annunciato un taglio del 60% sulle consegne del primo trimestre del 2021 attribuendolo a problemi nello stabilimento belga, mentre i suoi siti nel Regno Unito hanno dato la priorità al governo inglese.
Come contromossa, la Commissione europea ha pubblicato il contratto sottoscritto ad agosto per l’acquisto di 300 milioni (più altri cento milioni opzionali) di dosi del vaccino sviluppato dalla multinazionale anglo-svedese insieme all’università di Oxford. Numerose parti del documento di 41 pagine sono oscurate per proteggere informazioni confidenziali. Emerge una realtà in chiaroscuro. Mancano dettagli logistici, ma gli impegni assunti da AstraZeneca sono vincolanti, nero su bianco.
Bruxelles non permetterà si creino precedenti. Infatti, ha rispedito al mittente l’offerta di AstraZeneca, che proponeva una compensazione di 8 milioni di vaccini. Anche così, sarebbe rimasta inadempiente: non sarebbe bastato sommarli ai 31 milioni attualmente previsti per arrivare agli 80 milioni promessi (o 120, a seconda di come si interpretano gli accordi). E qui si apre una triangolazione: ritardi simili non sono ricaduti su un altro cliente illustre, il Regno Unito, che ha approvato la formula il 30 dicembre 2020, con un mese d’anticipo sull’eurozona. È di ieri l’autorizzazione dell’Ema al vaccino AstraZeneca sopra i 18 anni d’età.
📢 EMA has just recommended granting a conditional marketing authorisation for the #COVID19vaccine AstraZeneca to prevent #COVID19 in people from 18 years of age. 👉Read our press release: https://t.co/YDbOvZEMUN pic.twitter.com/Sbj6TdlGTW
— EU Medicines Agency (@EMA_News) January 29, 2021
In termini di «firme» però, lo scarto si allarga: Downing Street ha chiuso il contratto tre mesi prima di Bruxelles. Le fiale di AstraZeneca sono l’architrave della campagna britannica, in fase avanzata con l’11,4% della popolazione coperta contro il 2,3% della media europea. Londra l’ha scelta come primo fornitore: 100 milioni di dosi in totale, contro i 40 milioni acquistati da Pfizer-BioNTech o i 60 milioni di Novavax. L’Unione europea ha distribuito più equamente gli ordini: dagli anglo-svedesi comprerà 400 milioni di vaccini, come da Johnson & Johnson, sono invece 600 milioni quelli opzionati a Pfizer.
La Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen, però, può rivendicare d’aver investito 336 milioni di euro per finanziare quattro stabilimenti AstraZeneca, inclusi i due che si trovano nel Regno Unito (gli altri sono in Germania e Belgio). Nella stessa pagina del contratto si legge che l’azienda userà sia gli impianti all’interno dell’Ue sia quelli nel Regno Unito (punto 5.4), ma anche che le «initial doses», quelle contestate, saranno confezionate in Europa (punto 5.1). Volumi distinti nella produzione generale. In base alla stessa sezione, però, la Commissione può inchiodare la casa ai «Best Reasonable Efforts», cioè un «massimo sforzo» che non è una frase fatta da interviste, ma deve significare mobilitare risorse e infrastrutture per rimediare alle carenze.
Nel documento, AstraZeneca assicurava anche di non avere altri obblighi nei confronti di terze parti in conflitto con l’adempimento del contratto (lettera e del punto 13.1). Una garanzia invecchiata male di fronte ai compartimenti stagni nella capacità produttiva del colosso. Faranno leva qui i diplomatici europei in vista di una battaglia legale. Gli accordi della multinazionale con il Regno Unito non possono minare quelli con l’Ue, è la tesi.
In queste coordinate, la Commissione ha varato una procedura d’urgenza. Per i prossimi due mesi, le esportazioni di vaccini fuori dall’Ue dovranno essere prima autorizzate dagli Stati membri. La misura si applica alle case farmaceutiche che abbiano già sottoscritto forniture con Bruxelles. Oltre ad AstraZeneca, anche BioNTech e Pfizer hanno stabilimenti all’interno dell’eurozona, mentre Moderna orbita sulla Svizzera. Presentando il meccanismo, la presidente von der Leyen ha enfatizzato il suo carattere temporaneo. «Proteggere la salute dei nostri cittadini rimane la nostra priorità assoluta – ha detto – e dobbiamo attuare tutte le misure necessarie per raggiungere questo obiettivo».
Tradotto: l’imperativo è impedire alle case farmaceutiche, se non sono in regola con le consegne, di spostare altrove le dosi prodotte sul suolo comunitario. Ricalca l’accusa di Bruxelles ad AstraZeneca, che avrebbe spedito oltremanica alcune partite made in Europe. Lo si evince dalle parole della commissaria alla Salute, Stella Kyriakides: «Esigiamo trasparenza su dove vadano a finire i vaccini che ci siamo assicurati e dobbiamo garantire che raggiungano i nostri cittadini».
Durante la pandemia è fallito il contact tracing, ora si tratta di tracciare ogni fiala.