Rischio harakiriIl ritardo del Giappone nella campagna di vaccinazioni e il rebus Olimpiadi

Tokyo si è assicurata le dosi necessarie ma ancora non ha avuto il via dall’autorità competente: con buona probabilità le somministrazioni inizieranno a fine febbraio. Per questo i Giochi, in programma per fine luglio, rimangono ancora un grosso interrogativo

Lapresse

Nella corsa alle vaccinazioni c’è chi è ancora fermo ai blocchi di partenza. È il caso del Giappone, che si è assicurato la fornitura di 290 milioni di dosi, più che sufficienti per coprire una popolazione di circa 125 milioni di abitanti: ci sono circa 120 milioni di dosi in un accordo con Pfizer, le altre arriveranno da AstraZeneca, Novavax e Moderna.

Il governo di Tokyo però non ha ancora avuto le autorizzazioni dell’Autorità sanitaria: il Giappone infatti è uno dei pochissimi Paesi che richiedono ulteriori studi clinici interni per garantire la sicurezza di vaccini prodotti all’estero.

Questo procedimento sta rallentando la campagna vaccinale, che a questo punto inizierà non prima della seconda metà di febbraio. Alcune testate giapponesi – compresa l’emittente pubblica Nhk – negli ultimi giorni avevano anche riportato la notizia che le vaccinazioni sarebbero iniziate solo a maggio, citando una fonte anonima vicina al governo. Ma il ministro per le riforme amministrative Tarō Kōno ha immediatamente smentito: «Sono notizie false», ha detto Kōno, che supervisiona la campagna vaccinale.

L’attenzione sul Giappone a livello internazionale guarda soprattutto in prospettiva, alle Olimpiadi di Tokyo in programma dal 23 luglio all’8 agosto. Un evento che attirerà circa 10mila atleti con relativi staff, e poi ovviamente giornalisti, spettatori, turisti: se la maggior parte dei Paesi europei ha già capito che vaccinare la maggior parte della popolazione entro l’estate è praticamente impossibile, con una campagna che inizierà a pochi mesi dai Giochi il Giappone non potrà garantire una manifestazione al sicuro dal virus.

Fino ad oggi nell’arcipelago il numero di contagi e di decessi è relativamente contenuto, soprattutto rispetto ai Paesi europei e agli Stati Uniti: in totale sono circa 350mila positivi dall’inizio della pandemia, con meno di 5mila morti accertate.

Nelle ultime settimane però c’è stata una nuova ondata di contagi e a dicembre Tokyo ha alzato per la prima volta l’allerta sanitaria a livello d’emergenza: ora più che mai il vaccino sembra necessario, ma la parte più difficile per il governo potrebbe iniziare al momento di vaccinare la popolazione. «Il tema de vaccino non è particolarmente sentito dai giapponesi. Anzi c’è una vaga diffidenza», dicono a Linkiesta dall’associazione culturale “L’Altro Giappone”.

Uno studio pubblicato a settembre sulla rivista Lancet rivelava che i giapponesi sono tra i meno fiduciosi al mondo per quanto riguarda l’uso dei vaccini, con meno del 10% degli intervistati che si dichiarava “fortemente d’accordo” con l’idea che i vaccini siano sicuri. Con la pandemia qualcosa sembra essere cambiato: i sondaggi recenti dicono che il consenso per il vaccino contro il nuovo coronavirus dovrebbe essere più alto, intorno al 70%. Ma lo scetticismo è ben radicato nella popolazione.

«Non è un discorso di essere No Vax o qualcos’altro, che non è tema di dibattito politico come in Europa», dice a Linkiesta Antonio Moscatello, autore di diversi sul Giappone (l’ultimo “101 cose da fare a Tokyo e in Giappone almeno una volta nella vita”, Newton Compton Editori). «I giapponesi – prosegue – hanno un sospetto storico verso i vaccini, un tema molto specifico nato all’inizio degli anni ‘90. Prima di allora le vaccinazioni erano obbligatorie fin dalla Seconda guerra mondiale».

Negli anni ‘90 però ci furono casi diversi problemi con i vaccini per morbillo-parotite-rosolia (MPR) che portarono un calo di consenso sui vaccini. «Così nel 1992 un tribunale ha attribuito i problemi dei vaccini alla responsabilità del governo, il quale per svincolarsi come fa spesso la burocrazia giapponese, nel 1994 ha rimosso l’obbligo vaccinale: da quel momento c’è stata solo una forte raccomandazione”. In qualche modo questo ha spinto i cittadini a fidarsi maggiormente di un sistema sanitario che comunque garantisce una buona accessibilità», spiega Moscatello.

Negli ultimi mesi il Giappone ha potuto beneficiare soprattutto di un piano pandemico aggiornato e di una serie di buone pratiche consolidate nella cultura nazionale. «All’inizio della pandemia ci chiedevamo se non stessero facendo troppo poco, o se addirittura nascondessero le vittime. Anche perché loro non sono così coperti da terapie intensive come si potrebbe pensare. E non c’è molto personale negli ospedali.», dicono dall’associazione “L’Altro Giappone”. «Invece con il passare delle settimane abbiamo capito che c’erano differenze enormi tra Giappone e Italia, o altri Paesi occidentali. Avevano delle procedure chiare, piani pandemici da rispettare, e un’esperienza pregressa diversa dovuta ad esempio alla Sars, anche se da loro non è stata un’epidemia particolarmente aggressiva».

È anche per questo che il vaccino non è particolarmente sentito dalla popolazione nipponica. Il Washington Post ha aperto un suo articolo sulla campagna vaccinale giapponese con un’intervista a Hitomi Niiya, fondista giapponese qualificata alle prossime Olimpiadi: l’atleta dice di non volersi vaccinare e ha fiducia nelle precauzioni previste dal governo. Proprio in vista dei Giochi questa reticenza verso il vaccino potrebbe creare nuovi ostacoli all’organizzazione, che ha già fatto capire di escludere un altro rinvio e trarrebbe beneficio da una vaccinazione capillare.

Il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach ha spiegato che «il 2022 non è un’opzione, perché la preparazione degli atleti è già iniziata, e per alcuni di loro sarebbe troppo difficile ricalibrare gli impegni. Inoltre mantenere l’intera infrastruttura olimpica costa troppo alla città: ad esempio il villaggio olimpico sarà trasformato in appartamenti per la popolazione di Tokyo».

Se il rinvio non è più un’alternativa, non lo è nemmeno la cancellazione: la ministra per le Olimpiadi Seiko Hashimoto – ex pattinatrice – ha detto che i Giochi si svolgeranno «ad ogni costo». Diceva sul serio: queste Olimpiadi sono le più costose di sempre, con una spesa di circa 15 miliardi di dollari.

Al momento il Cio ha proposto di mettere su un sistema di test a tappeto per gli atleti, e di limitarne i movimenti: potrebbero lasciare il villaggio olimpico non appena hanno finito le loro competizioni e potrebbero avere dei vincoli sulle persone che possono vedere mentre sono a Tokyo.

Di tempo non ce n’è moltissimo, il Giappone trovare in poco tempo uno schema valido per organizzare una manifestazione mastodontica e articolata come le Olimpiadi, e la soluzione al rebus non sembra troppo vicina. Iniziare la campagna di vaccinazioni in netto ritardo, con lo scetticismo della popolazione da sconfiggere, di certo non aiuta.

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