Tra le prime mosse dell’amministrazione Biden ce n’è una dalla potente carica simbolica: accelerare l’iter del provvedimento che prevede la realizzazione di banconote da 20 dollari recanti l’effigie di Harriet Tubman, la donna afroamericana divenuta eroina della lotta contro la schiavitù negli Stati Uniti.
Una scelta di forte rottura col passato recente. È stato infatti il Segretario al Tesoro di Trump, Steven Mnuchin, a bloccare l’iniziativa. Una decisione preannunciata già durante la campagna per le presidenziali del 2016, che vide Trump vincitore. Lo sprezzante tycoon irrise all’iniziativa bollandola come stucchevole atto di buonismo. Ma ora l’America ha voltato pagina. La presidenza illuminata di Biden, all’insegna della fratellanza, sta lavorando alla riconciliazione di un popolo lacerato.
Harriet Tubman è nata col nome originario di Araminta Ross nel 1822, sulla costa orientale del Maryland. Ha trascorso un’infanzia e un’adolescenza tra soprusi e violenze. Prima come lavoratrice (ha iniziato a cinque anni come cameriera) e poi come schiava nelle piantagioni di tabacco del Maryland. Prese il nuovo cognome dal marito John, un uomo di colore libero che aveva sposato del 1844. Alcuni anni più tardi riuscì a fuggire a Philadelphia, dove la schiavitù era illegale. Fu aiutata nell’impresa da alcuni membri della Underground Railroad, un’associazione formata da neri e bianchi, specializzata nel favorire la fuga degli afroamericani verso gli Stati dove non c’era la schiavitù, oppure verso il Canada.
A Philadelphia iniziò collaborare con William Still, un membro della Underground Railroad. Qui ebbe inizio il ruolo di attivista della lotta contro la schiavitù. Ha condotto una dozzina di spedizioni liberando complessivamente più di settanta persone. Per questo venne soprannominata Mosè, con chiaro riferimento all’esodo verso la terra promessa, la libertà.
Celebrare in un modo così solenne Harriet Tubman è un progetto che risale all’amministrazione Obama, per volontà dell’allora Segretario al Tesoro Jack Lew. Ora, il neo presidente Biden, facendo propria da subito questa scelta di civiltà, ha dato ascolto ai numerosi appelli giunti dalla società civile, segnando così la sua continuità con l’era Obama sul delicato terreno dei diritti.
La questione razziale, mai sopita negli Stati Uniti, durante l’era Trump si è imposta con ancora più irruenza al centro del dibattito. Lunghissimo l’elenco degli atti di violenza contro cittadini afroamericani, anche da parte di agenti della polizia.
Agghiacciante l’indifferenza di una parte della società americana rispetto a questi fenomeni. Un’indifferenza talvolta degenerata in sinistro e malcelato compiacimento, perfino davanti a gravissimi atti criminali compiuti da quelle frange di estrema destra, i suprematisti bianchi, intrise di odio razziale e pulsioni sovversive.
Ma Biden ha squarciato il velo di ipocrisia che avviluppa questo tema scottante. Stigmatizzando gli eventi di Capitol Hill dello scorso 6 gennaio, non ha esitato a parlare di «terrorismo nazionale», quale nemico da combattere, al pari dell’Isis o del covid-19. E passando dalle parole ai fatti, Biden ha firmato una serie di ordini esecutivi riguardanti l’uguaglianza razziale, inclusa la revoca della Commissione 1776, istituita lo scorso anno da Trump, quale strumento da un lato di propaganda nazionalista e dall’altro di negazionismo verso le tematiche della schiavitù.
E quale ulteriore cifra distintiva del nuovo corso targato Biden, troviamo una donna come artefice del cambiamento. A prendere di nuovo in mano il procedimento con l’intenzione di portarlo a termine è infatti Janet Yellen, prima donna nella storia a ricoprire la carica di Presidente della Federal Reserve (2014-2018) e nuovo Segretario al Tesoro. Le donne sono le grandi protagoniste di questo nuovo corso della più antica democrazia del mondo. Oltre a Kamala Harris come vice presidente, col doppio primato di prima donna nera ad accedere a tale carica, e le altre nomine dell’esecutivo, c’è la scelta di uno staff della comunicazione tutto al femminile.
Joe Biden sta in pratica tentando di ricucire punto per punto lo strappo non solo politico, ma anche e soprattutto culturale, civico, giuridico e sociale, costituito dalla parentesi Trump. E anche se davanti al nuovo inquilino della Casa Bianca si stagliano sfide immani, si inizia a intravedere la luce dopo l’oscurità.