Giuseppe Conte, secondo la Stampa, vuole fare causa a Davide Casaleggio e alla sua associazione Rousseau. L’ex premier, impegnato nel progetto del nuovo statuto del Movimento Cinque stelle che verrà presentato dopo Pasqua, è tornato infatti a indossare i panni dell’avvocato.
Il presidente dell’associazione Rousseau e figlio del co-fondatore ha detto che «prima di indire qualunque votazione online, dovranno essere pagati dagli eletti Movimento gli arretrati dovuti alla piattaforma, che ammontano a circa 450 mila euro», spiega il quotidiano di Torino. Senza il saldo, non potrà essere proposta alcuna modifica delle carte statutarie, tantomeno la nomina di Conte a leader. Proprio Conte si è quindi riunito con «alcuni giuristi di fiducia e, dopo aver convocato i vertici pentastellati e ottenuto da loro il via libera, ha iniziato a preparare le carte per portare in tribunale l’associazione Rousseau», continua l’articolo.
Insomma, la rifondazione del Movimento è congelata e quella con Casaleggio sembra essere guerra aperta. Tutti i tentativi di accordo sono falliti. La proposta avanzata dal capo politico Vito Crimi non è stata nemmeno ascoltata, perché Casaleggio – scrive la Stampa – riterrebbe scaduto da dicembre il mandato del reggente. E anche se la causa a Casaleggio è il tipo di strappo sanguinoso che Beppe Grillo e lo stesso Conte volevano assolutamente evitare, è rimasta l’unica strada percorribile.
A essere bocciata dal capo di Rousseau è stata anche l’opzione del tesoriere Claudio Cominardi, che ha sottoposto a Casaleggio «l’idea di un contratto di servizio che legasse Casaleggio al Movimento in qualità di semplice gestore della piattaforma», si legge. Il rifiuto è stato netto: «Vogliamo una partnership che mantenga Rousseau indipendente», ha risposto l’imprenditore. E il suo braccio destro, Enrica Sabatini, è tornata a battere il tasto degli arretrati da versare prima di far tornare operativo il servizio del voto online.
Di fronte al muro alzato e invalicabile, Conte ha capito di non avere alternative: «Non si può bloccare la vita del partito di maggioranza in Parlamento per la pretesa economica di un privato che gestisce un sito web», è stato il pensiero espresso durante una delle riunioni dell’ultima settimana a cui era presente anche Crimi. Dunque, non c’è alternativa: si dovrà trascinare Casaleggio di fronte a un giudice.
In termini legali la situazione vede l’imprenditore milanese dalla sua l’articolo 1460 del codice civile: «Nei contratti con prestazioni corrispettive ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie la propria». Senza essere pagato, dunque, Casaleggio può rifiutarsi di attivare il voto su Rousseau. Nessun contratto, però, è stato mai firmato tra l’associazione Rousseau e i Cinque stelle: si tratterebbe dunque di un “contratto di fatto”, ma «in mancanza di un perimetro chiaro di diritti e doveri reciproci, non si può inibire la vita associativa del partito a fronte di una non argomentata e non fondata pretesa economica».
La prospettiva di una causa «si sta concretizzando», confermano alla Stampa, ma non si possono certo aspettare 3 o 4 anni per una sentenza. L’obiettivo è ottenere un procedimento cautelare d’urgenza che sblocchi i servizi di votazione sulla piattaforma Rousseau, in attesa del primo grado di giudizio.