L’Italia al centro della villeggiaturaUna zona rossa in vacanza, uno Scanzi che balla

Gli italiani hanno smesso di chiedersi se il cane possa esser fatto pisciare a duecentodieci metri da casa, e hanno iniziato a comportarsi come non ci fossero restrizioni, lamentandosi d’una qualche ingiustizia

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Quand’ero adolescente, quella che ora si chiama Sky si chiamava Tele+, era di Berlusconi (come tutto), e aveva un canale sul quale, ogni ventiquattr’ore, sceglieva un film e lo replicava tutto il giorno, ogni due ore (quand’ero adolescente i film duravano meno di due ore).

Era una trovata ottima per gli ossessivi: un giorno e una notte vidi dieci volte La ragazza con la pistola; per indecisi e procrastinatori: vabbè, quel film che mi piace sarebbe in onda adesso, ma che fretta c’è, posso vederlo tra due ore, ho tempo, è un’opportunità diluita; e per chi ambisse a una crisi isterica durante un’insonnia che ti ripropone il film che hai già visto. (Mi rendo conto mentre scrivo che questa storia è incomprensibile a chi non abbia vissuto il mondo in cui il resto della televisione andava vista all’ora in cui andava in onda, altrimenti te l’eri persa. Di questo passo non diventerò mai la scrittrice di riferimento della generazione dello streaming).

Questa primavera 2021 è come quelle repliche lì: pensavi fossero finite, e invece alle tre di notte trovi ancora lo stesso film a farti compagnia.

Sono abbastanza sicura d’aver già scritto l’anno scorso che fino a un attimo prima piangevamo miseria, la pandemia ci ha impoverito, la gente non ha da mangiare, non c’è più lavoro non c’è più decoro, e un attimo dopo c’instagrammavamo da località di villeggiatura come fossimo in pieno boom economico (e in piena recessione pandemica).

Quest’anno, uguale. Sebbene le zone rosse attuali non somiglino affatto al confino dell’aprile scorso: la gente ha smesso di chiedersi se il cane possa esser fatto pisciare a duecentodieci metri da casa, e ha iniziato a comportarsi come non ci fossero restrizioni. Sì, le mascherine, sì, nei negozi si entra in pochi alla volta, ma se giri per Milano in queste settimane ti viene da pensare che queste zone rosse siano un dispetto ai ristoratori e poco più (ve li ricordate, i ristoratori? No, non i ristori, i ristoratori, quelli che andavi lì, ti sedevi, facevi due chiacchiere, ti sfamavano. Erano quel pezzo di prodotto interno lordo che esisteva fino a un anno fa, chissà se saremo l’ultima generazione ad averli frequentati).

Quest’anno la gente si scansa la mascherina per piangere miseria, dirti che un certo mondo è finito per sempre, i giornali patinati chiuderanno tutti a breve, la moda è morta, Marx è morto, Coco Chanel è morta, e pure io non mi sento tanto bene, la pace fiscale non c’è stata e io ho pagato un botto di tasse senza entrate; poi, nello stesso respiro, ti annuncia la Pasqua a Cortina, a Sharm El-Sheikh, in Salento.

No, in Salento no. Un’amica è partita per la seconda casa senza familiari: lei ha un lavoro che le fornisce scuse di copertura se dovessero fermarla, ma i suoi parenti no, e non volevano essere multati. In Puglia c’è la zona rossa rafforzata, e neanche la seconda casa basta per farti entrare nella regione se non hai la residenza. (La zona rossa rafforzata è una scusa perfetta per godersi le seconde case senza parenti noiosi, ci vuole solo il lavoro giusto).

L’altro giorno Speranza ha detto al Corriere che la norma per cui puoi andare all’estero con cinque giorni di quarantena, ma non a mangiare le cozze pelose a casa tua, non è mica una distrazione, macché, c’è dietro un ghepardissimo ragionamento: «A partire per l’estero sono poche migliaia di persone, mentre se permettessimo una mobilità nazionale senza vincoli avremmo numeri incontrollabili». Sembra un discorso del 1981: di quando non c’erano le low cost e andare all’estero era una cosa che facevano i ricchi, di quando villeggiare dall’altra parte del mondo non costava un decimo che villeggiare in Sardegna.

La primavera è praticamente estate, le foto dal mare invadono i nostri Instagram, manca solo Chiara Ferragni, ancora a Milano distratta dalle cause che non possono che aumentare la sua popolarità: dall’insolentire i cialtroni della regione Lombardia al difendere la legge Zan. Ma presto, si spera, anche lei ci fornirà replica dell’estate 2020, quando fu ambasciatrice del turismo italiano (e ci sdegnammo perché osava fotografarsi agli Uffizi; unica cosa in cui il 2021 si differenzia: oggi santa Ferragni, e un anno fa tutt’uno sdegno perché confondeva Vogue e la, santo cielo, cultura).

L’altro giorno il Los Angeles Times titolava che sì, la California aveva vaccinato le persone povere, ma alle persone trans chi ci pensava? Un’amica che mi segnalava l’articolo commentava qualcosa tipo: la gente muore di fame e noi ci occupiamo di stronzate. Non ho osato dirle che la gente muore di fame nei giorni feriali e va nella seconda casa a fare Pasquetta. Mi sono sentita qualunquista al solo pensarlo, e poi aveva già riattaccato: doveva fare la valigia e partire per la campagna toscana.

Dove, intanto, Arezzo è diventata zona di sceriffi. Devono rifarsi l’immagine dopo aver vaccinato Scanzi (che ha sostituito Chiara Ferragni: il cattivo di quest’estate è lui, quindi l’anno prossimo ce lo ritroveremo santo). Dicono che indagheranno sulle porzioni: se in gastronomia compri troppo capretto, vuol dire che a casa tua c’è un assembramento. Chissà se è vero, o se è come quelle notizie sull’impossibilità di comprare assorbenti dopo le diciotto, quelle fatte apposta per farci scandalizzare mezza giornata e dire che è una vergogna, cosa siamo diventati, una società di intolleranti.

Chissà se agli Uffizi si possono comprare capretti e assorbenti dopo le diciotto, o se si fa prima a prendere un Easy Jet per una qualunque mèta estera, fare la spesa e tornare ad Arezzo senza che nessuno t’abbia controllato. Chissà quanto manca al primo annuncio di vittima di discriminazione che, nella campagna toscana, è stata multata perché aveva comprato troppo da mangiare. Affamata shaming. Chissà quante meravigliose storie su Instagram, che finalmente uniscano quel che siamo – gente in villeggiatura – e quel che vogliamo: lamentarci d’una qualche ingiustizia.

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