Prima scomparso, poi ammutolito. È questa la parabola di Jack Ma, influente imprenditore cinese, fondatore di Alibaba, nonché tra gli uomini più ricchi al mondo. Il miliardario più schietto della Cina è riapparso in un quadratino al lato dello schermo di una videoconferenza dominata da Vladimir Putin. È ricomparso così, dopo mesi di oscuramento. Muto, senza dire nemmeno una parola per tutto l’incontro, e con lo sguardo poco interessato.
Nessuno ha più visto Jack Ma nella business school che ha fondato, spiega in un’inchiesta il Financial Times. Né nella sua palestra di Tai chi. E i suoi «discorsi chiassosi che hanno caratterizzato gli incontri annuali degli imprenditori nella sua provincia natale dello Zhejiang sono stati sospesi», continua l’articolo.
Perché? Da quando il presidente cinese Xi Jinping ha sospeso inaspettatamente l’offerta pubblica di Ant Group, la società di pagamenti e prestiti di Jack Ma, cinque mesi fa, l’imprenditore cinese ha fatto una sola apparizione pubblica. In una domenica di gennaio è arrivato senza preavviso in una piccola scuola elementare nella campagna di Tonglu, quasi vuota in quel momento: nessuno si aspettava l’imprenditore più stravagante della Cina, ed era esattamente quello che il team di Ma desiderava. «Era lì per girare una breve clip nella quale evidenziava le sue attività di beneficenza e, cosa più importante, per far sapere al mondo che era ancora libero», spiega il quotidiano britannico.
«Ci ha solo ascoltato parlare di educazione», ricorda il preside Chen Jianqiang. «Le cose non sono andate tanto bene per lui ultimamente, quindi non vuole apparire pubblicamente», spiega ancora Chen. Poco dopo il suo viaggio, il video della visita nella scuola ha fatto il giro del mondo e Alibaba, il colosso dell’e-commerce da lui fondato nel 1999, ha riguadagnato 47 miliardi di dollari di valore di mercato e il piano del gruppo di vendere un’importante fetta di obbligazioni a investitori stranieri è di nuovo in carreggiata.
Ma il fatto che abbia dovuto guidare per ore nella campagna cinese per girare un breve video e segnalare al mondo di essere ancora in pista è un segno di quanto sia stata rapida e brutale la caduta in disgrazia di Jack Ma. E sopratutto descrive perfettamente l’atteggiamento di diffidenza della Cina, e di Xi Jinping, nei confronti dei magnati che alimentano la crescita economica del paese.
Il momento di massimo successo per Jack Ma e Alibaba, la quotazione di Ant Group, che avrebbe dovuto attirare circa 37 miliardi di dollari da parte di investitori istituzionali, è in teoria ciò che tutti gli imprenditori sognano e tutti le nazioni vorrebbero ospitare. Tutte, ma non la Cina.
Perché proprio da quell’annuncio, infatti, sono cominciati i guai per il miliardario cinese. Ponendo gli interessi delle sue imprese private al di sopra di quelli dello Stato cinese e sfidando i regolatori finanziari a cambiare radicalmente le dinamiche economiche interne, Jack Ma si è scavato la fossa con le proprie mani. Nei giorni che seguirono la conferenza stampa di Ma, in cui annunciava «la più grande IPO della storia», le autorità lo convocarono a Pechino per avvisarlo delle conseguenze del suo slancio e per svelargli i piani (devastanti per Ma) previsti per Ant Group. Il suo discorso aveva innervosito perfino Xi Jinping.
Così è iniziato il suo declino. La tanto pubblicizzata quotazione fu improvvisamente annullata, Ma perse circa 10 miliardi di dollari mentre le azioni di Alibaba quotate in borsa diminuirono del 10 per cento. Ma non finisce qui: il Jack Ma istrione e dipendente dalle luci della ribalta svanì completamente.
Nonostante ciò, centinaia di milioni di persone in Cina utilizzano i prodotti che Ma ha creato. E altrettante affidano i propri risparmi nei fondi del mercato monetario di Ant. Seguendo quanto fatto da Jeff Bezos negli Stati Uniti, inoltre, Ma ha portato Alibaba anche nel mondo offline, acquistando catene di supermercati e partecipazioni nelle società di arredamento per la casa e nei principali gruppi di media cinesi.
«Ma si è dimesso dalla carica di presidente esecutivo di Alibaba nel 2019, ma rimane l’azionista di controllo di Ant. E forse anche per questo motivo, nonostante l’oscuramento personale, ha continuato a impegnarsi nella gestione di entrambe le società», dicono le persone a lui vicine al Financial Times. Rimane uno degli imprenditori più importanti del mondo ed è diventato un ambasciatore dell’imprenditoria (non ufficiale) per la Cina, nonché un filantropo: durante la pandemia ha donato migliaia di ventilatori e oltre 100 milioni di mascherine ai Paesi di tutto il mondo. Siede nei comitati delle Nazioni Unite e il suo Rolodex include re e regine, presidenti e primi ministri.
In Cina, e nel mondo, Jack Ma è rispettato e a volte idolatrato. Il suo enorme seguito lo ha aiutato infatti a costruire un’influenza senza rivali per un uomo d’affari in Cina, e la sua popolarità lo ha fatto diventare fin troppo potente in un Paese che consente solo un singolo centro di potere. Così, «Xi Jinping adesso minaccia di schiacciarlo, in una gara che coglie la contraddizione insita nel cuore della Cina moderna», spiega l’articolo.
Xi Jinping ha rafforzato il controllo sulla società cinese, ha rinvigorito le aziende statali e ha messo in ginocchio gli oligarchi del paese. E gli scontri tra i miliardari con lo Stato cinese sono diventati così frequenti negli ultimi anni che è emersa una nuova regola: mentire. Alcuni, come Wang Jianlin, fondatore del conglomerato immobiliare Wanda, sono rimasti in silenzio riducendo le loro attività; altri, come Wu Xiaohui del conglomerato assicurativo Anbang, sono finiti in prigione.
«Hanno tutte le ragioni per tacere», dice Rupert Hoogewerf al Financial. «Ma per Jack Ma è insolito. Fin dall’inizio è stato un imprenditore di alto profilo. È come Richard Branson: ha usato il suo profilo per costruire la sua attività», continua ancora. In particolare, i vertici del Partito comunista si erano stancati del fatto che Ma fosse sempre la star dello spettacolo.
Il Financial Times ha così passato in rassegna i primi rapporti d’affari di Ma per capire come in tempi migliori tenesse a freno gli azionisti e le autorità di regolamentazione straniere con poche conseguenze; come ha aumentato la sua influenza in Cina; e come ha perseguito un profilo globale che alla fine ha messo a disagio Pechino.
In Cina, la storia personale di Ma è diventata una favola moderna. La sua infanzia, l’ostacolo del college, le difficoltà con la lingua inglese, i primi successi con Internet e l’esperienza diretta con il Partito Comunista. L’imprenditore dice spesso di «essere innamorato del governo, ma di non volerlo sposare», e che avrebbe ceduto la sua intera azienda allo Stato in qualsiasi momento. Anche se è un membro del partito, non è mai entrato a far parte del parlamento cinese, del Congresso nazionale del popolo o del suo organo consultivo, a differenza dei rivali tecnologici come Pony Ma di Tencent e Robin Li di Baidu.
Questo fino al 1997, quando decise di unirsi al ministero del Commercio estero e della cooperazione economica, ora ministero del Commercio cinese. L’esperienza ministeriale non durò molto e nel 1999, riunito un gruppo di amici di Hangzhou, lanciò Alibaba, con l’obiettivo di collegare le fabbriche cinesi con gli acquirenti di tutto il mondo tramite Internet. E dopo il singhiozzo iniziale, l’attività decollò.
Nel frattempo Goldman Sachs e alcuni venture capitalist avevano acquistato il 50% di Alibaba, poi è arrivato il gruppo tecnologico giapponese SoftBank che ha accumulato lentamente una quota del 30%, e infine Yahoo è arrivata ad accaparrarsi un altro 40%. Ma aveva quindi diluito quasi tutte le quote della sua società con investitori non sempre d’accordo con lui.
Nel 2011 gli azionisti di Yahoo e SoftBank possedevano insieme la maggioranza di Alibaba. Yahoo in particolare manteneva il possesso Alibaba.com, Taobao e Alipay. Nella primavera di quell’anno, Ma decise quindi di rilevare unilateralmente Alipay (che è stata ribattezzata Ant Group nel 2014). I registri aziendali cinesi e i documenti legali esaminati dal FT mostrano per la prima volta come Ma abbia portato a termine l’acquisizione di Alipay. In primo luogo, nel maggio 2009, Alibaba ha iniziato a modificare la collocazione di Alipay, grazie al braccio destro di Ma, Joe Tsai, che ha aiutato a spostare la società da una filiale diretta di Alibaba a una società cinese di proprietà di Ma.
Contemporaneamente Ma continuava a stipulare contratti con Alibaba, e a trattare Alipay come una sussidiaria. Con una serie di acrobazie legali e senza l’approvazione del consiglio di amministrazione di Alibaba, Ma ha annullato i contratti legali che rendevano Alipay una sussidiaria di Alibaba, portandola sotto il suo controllo personale. Il 10 maggio 2011, Yahoo notificò ai suoi investitori che aveva perso Alipay a favore di Ma e il prezzo delle sue azioni precipitò. Da quel momento scoppiò una guerra.
Ma si giustificò dicendo che la mossa era necessaria per Alipay per ottenere una licenza di pagamento dalla banca centrale cinese, che sarebbe stata negata se fosse stata di proprietà straniera. Mentre altre versioni spiegano che fu proprio il partito comunista a spingere l’imprenditore verso questa manovra. Lo stesso Jack Ma, interpellato dal quotidiano britannico, non ha risposto alla richiesta di chiarimento in merito.
Così, l’imprenditore riuscì a riprendere controllo della sua azienda, e allo stesso tempo proporsi come capace di tenere testa agli investitori stranieri.
Il problema è che tutto questo ha reso Ma troppo potente. Nel 2018, a Davos, Jtenne una festa con Bill Gates, il primo ministro norvegese Erna Solberg, il presidente del Ruanda Paul Kagame, Justin Trudeau e molti altri. Nelle sue uscite Ma riusciva sempre a ritagliarsi dello spazio per elogiare il partito comunista, ma nonostante ciò quei tipi di eventi erano per Pechino un’umiliazione. «A loro non piace che rappresenti la Cina sulla scena mondiale», spiega al Ft un collaboratore di Ma.
Dopo la cena di Davos, Pechino ha cominciato ad inasprire la regolamentazione finanziaria: «Uno dei motivi per cui Alibaba è cresciuta così velocemente è perché il governo non se ne rendeva conto» spiega una fonte al quotidiano. Una volta scoperto il gioco, però, i controlli sono diventati stringenti. «Quello che diceva sia in pubblico che in privato poteva essere imbarazzante per la Cina, così, dopo essere tornato a casa, dovevano sempre interrogarlo e chiedere informazioni sui suoi viaggi», aggiunge un collaboratore di Ma.
La Cina stava cambiando, e Ma sembrava non essersene reso conto. La goccia che ha fatto traboccare il vaso fu la pubblicazione dei bilanci di Ant e Alibaba: la emissioni Ant avevano eclissato ogni banca statale, e il volume di pagamenti annuali gestito da Alibaba aveva ha superato il Pil cinese.
Perciò, a Shanghai lo scorso ottobre, Ma sapeva che i vertici governativi stavano elaborando regole per tenere a freno Ant e Alibaba, spiega ancora il quotidiano. «Ma ha fatto il passo fatale di rendere pubblica la battaglia. Sul palco, Ma ha sfidato le norme finanziarie del vecchio mondo, spingendo la Cina a prendere la propria strada» continua l’articolo.
A differenza della maggior parte dei suoi discorsi, Ma guardò ripetutamente i suoi appunti, suggerendo che le sue parole erano state calcolate con precisione. Secondo alcune fonti, Pechino lesse quel discorso come un incitamento alla rivolta (economica) nei confronti della politica interna.
E così, dopo un mese, Jack Ma ha dato i primi segnali di ritiro. Ha smesso di guidare un talent show africano da lui creato. Poi l’Associazione generale degli imprenditori dello Zhejiang presieduta da Ma ha annullato la sua conferenza annuale. In Cina si è persino sparsa la voce che fosse agli arresti domiciliari o che fosse fuggito a Singapore. Una nuvola di incertezza ha pesato sul prezzo delle azioni di Alibaba e sulla prevista vendita di obbligazioni.
Oggi non è chiaro se a Ma sarà consentito raggiungere nuovi successi. «Jack Ma deve mantenere un profilo basso ora», spiega un funzionario governativo al Financial Times. Gran parte del pubblico cinese si è rivoltato contro di lui, ansioso di vedere la caduta del più grande capitalista del paese. Mentre in passato era affettuosamente elogiato come Daddy Ma o Teacher Ma. Mentre le maglie dei controlli si sono strette sulle sue società: lo scorso fine settimana, le autorità hanno multato Alibaba per la cifra record di 2,8 miliardi di dollari per aver abusato del suo dominio sul mercato e hanno ordinato alla società di “rettificare” il suo comportamento. Le autorità di regolamentazione del governo cinese hanno subito seguito il trend con un piano per ridurre l’attività di Ant.
I rivali di Ma si sono affrettati a capire da che parte stare. E il partito comunista cinese, che si avvicina al suo centesimo compleanno, sta invece cementando il suo controllo sull’impresa privata.