Il presidente del Partito popolare europeo (PPO) Donald Tusk starebbe meditando di rientrare in Polonia per guidare quell’ipotetico fronte unito delle opposizioni che proverà a scalzare il PiS dal trono alle prossime elezioni (2023).
Secondo indiscrezioni diffuse da Gazeta Wyborcza, l’ex primo ministro polacco ed ex presidente del Consiglio europeo starebbe per sciogliere gli indugi. Tornerebbe a casa per rimettersi alla guida di Piattaforma Civica (PO, nell’acronimo polacco), la formazione di centrodestra che ha contribuito a fondare nel 2001 e con cui ha governato tra 2007 e 2014 prima di essere chiamato a Bruxelles per presiedere il Consiglio – uno dei primissimi politici dell’Europa post-comunista a ricoprire una carica così in vista.
Proprio l’addio di Tusk, arrivato in un momento in cui venivano diffuse intercettazioni da dove la classe dirigente di PO emergeva come incompetente e avulsa dalla realtà, era coinciso con l’inizio dell’egemonia del PiS, che aveva trionfato alle elezioni dell’anno successivo e ha da allora sempre battuto i rivali europeisti.
Le speculazioni circolano da mesi. Tusk è considerato vicinissimo ad Angela Merkel, e quindi una figura di garanzia per amministrare l’eredità di cauto europeismo della Kanzlerin in un paese così cruciale come la Polonia, la locomotiva economica della metà orientale del blocco Ue.
Al momento Coalizione civica (KO), il fronte capeggiato da PO, sta arrancando nei sondaggi. La danno al 16%, non solo più di venti punti sotto il PiS, ma anche a un bruciante – 7% da Polonia 2050, la creatura di Szymon Hołownia che ambisce ad incarnare l’anti-PiS e sta cannibalizzando il voto urbano, tradizionalmente appannaggio di PO.
Rimpiazzando la leadership scialba di Borys Budka, Tusk potrebbe galvanizzare il suo storico elettorato e rilanciare le quotazioni del partito dove finora ha più faticato, nelle campagne e nell’Est della Polonia, come certificato anche dalle presidenziali dello scorso anno.
«Sono pronto a fare qualunque cosa per impedire che PO sia consegnata alla storia. Mentalmente e fisicamente, sono pronto a prendere qualunque decisione che aiuti a riportare la decenza in Polonia», ha dichiarato il presidente del PPE.
Tusk è universalmente visto come la nemesi di Jarosław Kaczyński, il Grande Vecchio che di fatto dirige l’azione del governo di Mateusz Morawiecki. Un’antagonismo che per i due pesi massimi della politica polacca, entrambi emersi in seno al sindacato anticomunista Solidarność, ha travalicato i confini del dibattito politico.
Kaczyński e affiliati attribuiscono a Tusk, all’epoca premier, la “responsabilità politica” del disastro aereo di Smolensk del 2010, dove persero la vita il presidente Lech Kaczyński, fratello di Kaczyński, e altre 88 persone, tra cui alcune delle più importanti cariche delle istituzioni.
Un’accusa infamante, di cui l’ex primo ministro ha dovuto rispondere anche in tribunale, non solo sui giornali. È stata infatti lanciata un’inchiesta per verificare l’esistenza di un presunto accordo tra l’intelligence militare polacca e i servizi segreti russi. Negli ambienti del PiS Tusk è stato accusato di “tradimento”: avrebbe intessuto contatti segreti con Mosca, con le ricostruzioni più dietrologiche che si sono spinte fino a ipotizzare un’intesa sottobanco tra il suo governo e la Russia di Putin al fine di decapitare la classe politica degli ultra-conservatori. Le indagini precedenti hanno tuttavia attribuito lo schianto a un errore umano e alle cattive condizioni meteo.