Hanno tutti torto. Ha come al solito torto Enrico Letta, che mercoledì pomeriggio, a conferma del fatto che sarà impossibile prendere sul serio un politico finché i politici non rinunceranno ai social, pensa bene di twittare il seguente penzierino: «Più sale l’occupazione femminile, più sale il tasso di natalità. Questo vale in tutta Europa. Da noi sono bassi entrambi. Presentiamo la nostra proposta fiscale, la TASP, la tassazione agevolata per il secondo percettore di reddito in famiglia. Un modo concreto per aiutare le #donne». Là, dove io ho trascritto «Europa», lui aveva messo una bandierina, non bastasse il cancelletto su «donne».
Stilemi giovanilisti a parte, non si sa da dove cominciare a prendere questo tweet. Forse da ciò su cui hanno tutti torto: l’idea che si sappia perché le donne fanno o non fanno figli. (Sì, ho detto le donne, sì, ho escluso i padri, sì, andate a insultarmi un po’ più in là ché qui devo andare avanti col ragionamento).
I figli non sa perché li fa chi li fa, figuriamoci se lo so io (che mi sono ben guardata dal farne) o se lo sa Letta (che, come tutti, a stento saprà perché ha fatto i suoi). Spesso un perché neppure c’è. Come tutto, è possibile fare figli per automatismo, perché è quel che ci si aspetta da te e non t’è mai venuto in mente di metterlo in discussione, o t’è venuto in mente ma ti pareva più riposante non discutere la tradizione. È possibile fare figli per la stessa ragione per cui li si battezza pur non essendo cattolici o per cui ci s’iscrive a legge sebbene non si abbia voglia di fare l’avvocato come papà: per inerzia. Ma anche per entusiasmo, per distrazione, per noia: per una gamma di ragioni e non ragioni vasta quanto l’umanità, e difficilmente riassumibile in un tweet.
Hanno tutti torto, quindi le mie amiche si sono precipitate a cantargliele, a Letta (così imparate a stare sui social, politici): non facciamo figli perché non ci sono asili, mica perché dovete detassarci. Le amiche in questione hanno peraltro tutte figli, seppur unici: devono essersi accorte della carenza di posti negli asili quando stavano espellendo la placenta.
Facciamo ordine nei torti.
«Secondo percettore di reddito» è persino più ridicolo di «principale esponente dello schieramento a noi avverso». Certo, povero Letta, mica poteva dire «quella che guadagna meno, cioè la donna»: già col giro burocratico di parole gli sono saltate alla giugulare, come ti permetti di dare per scontato che le donne guadagnino menoooo.
Sì, Letta, lo so che le coppie in cui lei guadagna più di lui sono pochissime (anche perché è il modo più certo di garantirsi perpetue disfunzioni erettili del marito), ma non puoi dire che aiuti le donne aiutando quelle che lavorano per sfizio tanto col loro stipendio neanche si paga la babysitter. Non puoi, lo capisci? Lo capisci che la verità non basta a sé stessa, dev’essere anche una verità presentabile? Lo so che è difficile far stare una verità presentabile in 280 caratteri, è (anche) per questo che dovresti rinunciare ai social.
Poi, non devi mai, ma proprio mai, dire alle donne che hai capito perché non fanno figli. Non devi dirglielo neanche il giorno in cui ti renderai conto che le cose che fanno calare il tasso di natalità sono il progresso, lo stato sociale, l’occupazione, gli incentivi.
Le mie bisnonne facevano abbastanza figli da metter su squadre di calcio, e non avevano l’acqua corrente. Le mie nonne hanno fatto tre figli a testa, due dei quali sotto le bombe della seconda guerra mondiale. I miei genitori hanno fatto una figlia unica. Quella figlia unica s’è ben guardata dal figliare. È perché non c’erano posti negli asili o lo Stato non mi dava abbastanza sussidi? No: è perché avevo altro da fare.
Più dai alle donne possibilità di fare qualunque altra cosa, meno viene loro in mente di figliare per tenersi occupate e per avere un ruolo nella società. Nove su dieci delle mie amiche hanno figliato quando hanno capito che ormai era troppo tardi per fare una carriera non di ripiego. Sì, è aneddotica e non statistica, ma resta il fatto che con la lavatrice e l’asciugatrice in casa figliamo meno di quando andavamo a lavare i panni al fiume sotto le bombe.
Ma tutto questo lo posso dire io, che ho tutto il weekend libero per prendermi insulti e nessuna intenzione di prendermi voti. Tu non puoi dire niente sulla maternità perché viviamo nell’epistemologia identitaria, e dopo un penzierino del genere qualunque madre ti dirà che tu non sai cosa voglia dire giostrarsi tra il capufficio che non vuole tu faccia tardi e i posti insufficienti all’asilo e le chiusure estive di tre mesi come se una lavoratrice avesse tre mesi di ferie.
E a quel punto tu dovrai coprirti il capo di cenere, nonostante la madre in questione abbia torto. Non torto perché la situazione degli asili sia soddisfacente, eh: di quei cazzo di asili dovreste farne di più e tenerli aperti dodici mesi, ché a passare le giornate con un bambino senza essere stipendiate per farlo viene l’esaurimento nervoso, e il congedo di paternità non è una soluzione. Non solo perché l’esaurimento viene anche agli uomini: soprattutto perché, tra i suoi tanti deliri, quest’epoca feticizza l’allattamento al seno, e che cosa te ne fai d’un padre a casa se tanto il bebè ti sta attaccato alla tetta?
Gli asili vanno chiesti perché sì, perché lo Stato che ci sta a fare se non per queste cose, perché le tasse che le paghiamo a fare se non per non far esaurire chi s’è sacrificata a figliare. Gli asili dovete farli senza contropartita, non perché in cambio vi facciamo il secondo figlio: mica siamo al mercato.
Le mie amiche hanno torto perché non è perché mancano gli asili o i congedi di paternità o la detassazione, che loro hanno il figlio unico e che le altre non figliano. Il problema, Letta, è che tu con la tua idea del secondo percettore (che poi se è una roba per le donne si dice «percettrice»), e le mie amiche con l’arma dialettica degli asili state alla maternità come Riccardo Cocciante stava alla fine d’un amore: cerchi a tutti i costi una ragione, ma non c’è mai una ragione