Punto tutto sul Vaticano. Spero che qualcuno faxi a Bergoglio questo articolo, spero che il mio appello lo raggiunga: signor Papa, solo lei può salvarmi dalla saliva altrui.
Ci sarà pure un elemento che lede il concordato, in questa pazza idea di toglierci le mascherine.
Sì, lo so che si soffre. Se è per quello io soffro più di voi, in quest’estate di faccia sudata: di giorno la mascherina per la bocca mi fa sudare la metà inferiore della faccia, di notte la mascherina per gli occhi mi fa sudare quella superiore. Comunque vada, sudo come un tricheco.
Pazza idea, noi che dalla settimana prossima all’esterno possiamo stare senza mascherine.
Pazza idea, di andare in giro mostrando i denti (e i baffi, e i peli che escono dal naso: toglierci la mascherina è chiaramente una manovra della lobby delle estetiste, dalla cui cera bollente ci siamo emancipate in questo anno e mezzo).
Ma, soprattutto, pazza idea pensare che possiamo dimenticare tutte le traiettorie che abbiamo visto disegnate su giornali che per un anno e mezzo hanno stampato numeri monografici sul virus. Le traiettorie delle goccioline di saliva (droplet, per chi non sa né l’italiano né l’inglese).
È una settimana che tutti i miei conoscenti compiono gli anni. Lo so perché una volta le foto dei compleanni le guardavo con l’interesse che riservo ai bambini e ai cani, ma adesso la mia traumatizzata attenzione viene attratta da ogni torta su cui ogni festeggiato sputacchia. La gente soffia sulle candeline come non fosse mai successo niente, bella contenta di sputacchiare sulla torta che i poveri invitati mangeranno, zuppa d’altrui saliva. Gocce di saliva sulla torta, canticchio sull’aria dell’ignaro Burt Bacharach.
A ogni goccia su di me, per i prossimi centocinquant’anni, io mi schiferò come prima della pandemia facevo quando mi davate la mano. Mica lo so perché ai germi sulle mani ci pensassi da sempre e al vostro sputare mentre parlate no: le paranoie hanno vie che la ragione non percorre. Ma decidere che non mangerò mai più una torta di compleanno è la scelta più razionale che abbia mai attuato (anche poco faticosa: per i compleanni come per i matrimoni, la gente non sceglie mai torte buone, chissà perché).
Spero moltissimo nelle ingerenze vaticane.
In un incontro in un’università, quando Habemus Papam era uscito da poco, Nanni Moretti rispose a una domanda sull’invadenza della chiesa cattolica nella politica italiana. Disse che c’era sempre stata, magari «oggi si fanno invadere di più», ma il problema era della politica, mica del Vaticano, «loro fanno il loro mestiere».
Una settimana fa mi sono seduta per la prima volta da quello che sembra un secolo in un bar al chiuso. Ero con un’amica, era un bar in cui nessuna delle due era mai stata. C’è stato un crescendo di isteria e incompetenza, da parte del cameriere che a quanto ho capito era anche proprietario, che ha determinato il fatto che non ci torneremo mai più. Ma questo non è importante.
Quel che è importante è che io avevo chiesto un bicchiere d’acqua, e il tizio si è fatto venire la sua brava crisi isterica mentre me lo appoggiava sul tavolo, e mentre aveva la mascherina calata sul mento, come troppe volte ne abbiamo viste in questo anno e mezzo (cosa dice d’una civiltà il fatto che i suoi rappresentanti, in un cazzo di anno e mezzo, non abbiano imparato a tenersi la cazzo di mascherina sul cazzo di naso?).
Non riuscendo ad arginare la sua isteria, ho sperato (ottimista) di zittirlo dicendo: e comunque mi sta sputando nel bicchiere, visto che ha la mascherina abbassata. E lui in tutta serietà ha risposto, a una tizia seduta a un tavolino del suo bar per bere la sua acqua (acqua e sputo) e mangiare le sue brioche: e allora lei perché non ha la mascherina?
Non che non lo capisca, intendiamoci. Non ha nessuna logica che io abbia fino a oggi tenuto la mascherina per strada, lontano da chiunque, potendomela invece togliere a tavola, a mezzo metro dai commensali.
L’altroieri ero in una stanza d’albergo, senza mascherina giacché sola (e giacché non dormo con la mascherina), e mi chiedevo: quanta gente avrà alitato in questa stanza prima di me? Quanti sputazzi altrui sto ingerendo? Quanto virus sto respirando?
Le linee guida per eventi e cerimonie dicono che devi tenere la mascherina a meno che tu non sia a due metri da qualsivoglia essere umano, cioè a meno che all’evento non siate in tre ben sparpagliati, o a meno che tu non abbia il bicchiere in mano. Sere fa sono stata un’ora a un evento. Pur di non rimettermi la mascherina ho bevuto otto bicchieri di champagne. Sulla strada di casa ho vomitato dentro la mascherina. Per fortuna ne avevo una di ricambio.
In quello stesso incontro all’università, Nanni Moretti irrideva bonariamente il tizio che vedeva, nell’irruzione dei vescovi a teatro, poderosa metafora delle ingerenze vaticane. «Il signore l’ha interpretata così, dice: ho detto a mia moglie, vedi la chiesa cattolica come invade». Ecco, io vorrei un domani in cui il Vaticano c’imponesse di non sputazzarci addosso, e io potessi lamentare a voce alta: vedi come invade – mentre, nel segreto dei miei inconfessabili pensieri, ringrazio che facciano il loro mestiere, tutelandomi dai vostri liquidi corporei.