Chi dorme fa pigliare pesciIl successo di Calm, la app che aiuta le persone a meditare, è un paradosso

Michael Acton Smith e Alex Tew vendono in forma moderna una pratica antichissima e utilizzano lo smartphone per far rilassare persone stressate proprio a causa degli smartphone (e della tecnologia in genere). Ma, secondo loro, non c’è contraddizione. E il servizio che offrono, con la pandemia, ha toccato numeri stellari

da Apple

Calm aveva mosso i suoi primi passi già da qualche anno, con l’acquisto del dominio su internet (per meno di un milione di euro). Poi, nel 2011, erano arrivati gli investitori della Silicon Valley. Nel 2012 parte il sito, nel 2013 la app.

E così Calm, la app per la meditazione più importante del momento, conquistava la popolazione della Silicon Valley, si allargava verso la fascia dei Millennial presi dalla passione per il wellness e cercava di costruirsi una base sempre maggiore.

Ma per diventare un vero e proprio impero della mindfulness è servita una catastrofe globale. La pandemia ha chiuso le persone in casa, ha seminato inquietudine se non terrore e ha aumentato i livelli diffusi di stress. Calm ha rappresentato la via di fuga ideale.

Ora non ha rivali. È presente su oltre 100 milioni di smartphone (i download sono aumentati di un terzo nei primi giorni della crisi da coronavirus), ha raggiunto un valore, secondo gli investitori, di due miliardi di dollari e ha già piani ambiziosi di espansione. Libri, film (ne ha già fatto uno, “Baa Baa Land”, definito il «più noioso di sempre» dal suo stesso produttore: otto ore in cui vengono inquadrate pecore che non fanno niente di niente), serie tv (anche qui: nel 2019 avevano prodotto “A World of Calm” per la Hbo Max: scene tranquille e rilassanti con voci suadenti di Nicole Kidoman, Keanu Reeves e Oscar Isaac tra gli altri), ma anche cuscini, coperte ponderate, puzzle.

Non solo: come spiegano Michael Acton Smith e Alex Tew, i due fondatori intervistati in questo accurato articolo dell’Atlantic, Calm pensa di creare collaborazioni con l’American Airlines, per meditare mentre si vola, o con Uber Uk, per avere viaggi in auto più tranquilli. O di offrire servizi ai dipendenti di General Electric, 3M e altre aziende. Fino al grande sogno di una oasi reale di pace e relax, dove far rifugiare gli stressati di tutto il mondo.

«Ci ha ispirati Richard Branson, che qualche anno fa ha comprato Necker Island». Una Calm Island sarebbe, nell’idea dei due fondatori, una sorta di Disneyworld fatta di esperienze sinestetiche, immersive, rilassanti. «Un luogo dove andare e staccare del tutto, mangiare sano, fare yoga, ascoltare la musica delle onde». Il loro obiettivo è quello di rendere tutti più felici e più sani. O, anche, di calmare il mondo.

Il vero miracolo di Calm, sottolinea l’articolo dell’Atlantic, è di avere monetizzato il far niente: a quanto pare, scrive il magazine americano, spingere le persone a stare sedute e abbandonarsi ai propri pensieri vale miliardi.

Ma i paradossi sono tanti: vende, sotto una veste moderna e tecnologica, una pratica spirituale antichissima. E utilizza una app da smartphone per affrontare le ansie generate da un’epoca dominata dagli smartphone.

Per i fondatori non c’è contraddizione. Il loro è un servizio: guidano alla meditazione persone che non saprebbero da dove iniziare. Anche perché – e questo è importante – non esiste un modo giusto per meditare. In generale, si cercano silenzio e calma e poi ci si abbandona alla contemplazione dei propri pensieri, che emergono da soli e vanno a fluttuare nel teatro della mente. L’obiettivo è quello di osservarli, non interagire con loro, e soprattutto non reagire. È questa la mindfulness: separarsi dalle proprie idee ed emozioni. Non è facile, visto che il cervello pensa sempre.

Dal punto di vista storico, la meditazione ha le sue radici in India e si può datare la sua origine intorno al 1.500 a.C. con connotazioni spirituali e religiose.

Il suo arrivo in Europa sarebbe molto più tardo, più o meno nel XVII secolo. Guadagna popolarità nel XIX secolo per esplodere durante la New Age, nel periodo post-bellico. In questi decenni ha fatto in tempo a laicizzarsi, diventando più che altro una pratica per il benessere del fisico e della mente.

Anche oggi è il suo aspetto terapeutico, da antidoto allo stress quotidiano, che viene valorizzato. Secondo alcuni studi aiuterebbe la concentrazione, addirittura la felicità e infine (poteva mancare?) la resilienza. Come spiega anche l’Atlantic, è forse l’unico modo al mondo per ottenere qualcosa dal niente.

Calm, del resto, ha già ottenuto molto. La sua formula è semplice: punta al minimalismo, evitando terminologie buddiste e spiegazioni non necessarie. Il design è essenziale. Ad accompagnare gli utenti è la voce di Tamara Levitt, una insegnante canadese di mindfulness. Per chi vuole, ci sono anche storie che invitano al sonno: “Dream With Me” viene letta da Harry Styles, l’ex cantante degli One Direction (e uno degli investitori della app). L’abbonamento è di 15 dollari al mese, 70 all’anno e 400 tutta la vita. Per i più appassionati.

Il problema, semmai, è che né la meditazione né le app sono la soluzione a tutto. Lo dimostra il fatto che molti utenti smettono quasi subito. Del resto è difficile capire quanto tempo occorra prima di raggiungere i primi risultati, e a quale ritmo ci si debba applicare. Nemmeno i ricercatori lo hanno capito.

Se meditazioni e app offrono sollievo ai momenti di stress più acuti, non rappresentano una soluzione permanente. Per quella, bisogna andare alla radice dell’origine dello stress. Ed è molto più difficile.

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