Alberto MingardiTanti giornali, più podcast, meno Twitter e l’incubo selvaggio al mattino

Alberto Mingardi, fondatore dell’Istituto Bruno Leoni, di cui è direttore generale, è Professore associato di Storia delle dottrine politiche all’Università Iulm. È Adjunct Scholar del Cato Institute e Presidential Fellow in Political Theory presso la Chapman University di Orange County. È inoltre segretario della Mont Pelerin Society, l’associazione internazionale di studiosi liberali fondata da Friedrich von Hayek e di cui fu segretario proprio Bruno Leoni.
Scrive sul Corriere della Sera, su Linkiesta e sul Wall Street Journal. Il suo ultimo libro è “Contro la tribù. Hayek, la giustizia sociale e i sentieri di montagna“ (Marsilio, 2020). Qui risponde al questionario de Linkiesta, ispirato a The Interrogator di Monocle, sui suoi consumi culturali.

A che cosa sta lavorando?
Con Gilberto Corbellini, stiamo scrivendo un libro, “La società chiusa in casa”, sulle sfide che la pandemia ha rappresentato per la società aperta, che è un po’ uno sviluppo di una collaborazione e di una sintonia intellettuale che abbiamo messo alla prova coi nostri articoli su Linkiesta. Inoltre, sto lavorando all’Introduzione a un saggio che pubblicherà in italiano Liberilibri e che credo sia un classico del pensiero politico contemporaneo: “Nazionalismo”, di Elie Kedourie.

Appena sveglio dove cerca le notizie del giorno?
Apro l’email e do un’occhiata alle newsletter del Corriere, dell’Economist e a Good Morning Italia.
A colazione legge i giornali col caffè, con una spremuta o con che cos’altro?
Con un orrendo Nescafé col latte.
Sotto la doccia che cosa canticchia?
«Sul ponte sventola bandiera bianca».
In che ordine legge i giornali?
Il Corriere lo leggo sull’app prima di andare a dormire. Lo guardo con più attenzione la mattina, poi Il Foglio, il País e il Wall Street Journal. Sul web Linkiesta, Politico, Formiche e Dagospia. Gli altri li intercetto, come ormai fanno tutti, con rassegne stampa, mailing list, social e quant’altro. È un peccato: ci sono tante cose interessanti, dappertutto. Per dire, credo che i pezzi migliori su pandemia e vaccinazioni li abbia fatti Camilla Conti, su La Verità. Ma passare la mattina a leggere i giornali è un lusso per pochi. Se sono in viaggio sbircio i quotidiani locali.
Che musica sta ascoltando ultimamente?
Molta musica spagnola: Manuel de Falla e Isaac Albeniz, suonati da due pianisti straordinari come Joaquín Achúcarro e Alicia de Larrocha. Duke Ellington e Miles Davis, che sono la musica classica del Novecento. E, con molta nostalgia, Franco Battiato. “La voce del padrone” è un po’ come “Rimmel” di De Gregori. Uno vede cosa c’è dentro e si chiede: ma come ha fatto?
Come la ascolta: in streaming, vinile, alla radio?
Ho capito che per ascoltare bene ho bisogno di prendere in mano un cd, guardarlo, leggere l’ordine delle tracce, eccetera, e appena posso faccio così. Ma se mi viene voglia di ascoltare qualcosa mentre sono per strada o in metropolitana, pesco dalla libreria sull’iPhone.
Continueremo ad andare ai concerti?
Sì, assolutamente. La musica dal vivo ha un suono e una dimensione totalmente diversi.
I magazine che non mancano sul divano nel weekend?
Non sono un grande cultore, ammiro Domus e Gramophone, anzitutto come testimonianze della sensibilità che ci sta dietro.
L’ultimo romanzo che le è piaciuto?
“Il problema dei tre corpi” di Cixin Liu.
E il saggio?
“To Jerusalem and Back” di Saul Bellow e “Immigration and Freedom” di Chandran Kukathas, uno dei pochi filosofi contemporanei che sia davvero un pensatore.
Guarda le serie tv?
C’è qualcuno che riesce a resistere? Le ultime che mi sono piaciute sono “Sweet Tooth” e “For All Mankind”. Non mi perdo un episodio di “Loki”, ma con qualche perplessità.
Guarda ancora i telegiornali?
No.
Social di riferimento?
Non sopporto più Twitter, un pollaio di gallinacci rinsecchiti. Provo a usare Instagram e LinkedIn, anche se non ho ben capito come funzionino.
Ascolta i podcast?
Sì. Sono uno strumento straordinario, il contrario dei social. In un’ora di conversazione uno non si può nascondere dietro le battute. Ascolto quelli di Sam Harris e Malcolm Gladwell e l’“EconTalk” di Russ Roberts, in italiano il “Daily Cogito” di Rick DuFer. E il “LeoniFiles” dell’Istituto Bruno Leoni, ovviamente.
Si addormenta con un libro, con un magazine, con una serie tv, con un podcast o con un talk show?
Ciascuna di queste cose, se fatta bene, dovrebbe tenere svegli, non fare addormentare…
Sogna il neoliberismo?
Sì, ma poi purtroppo mi sveglio e mi ritrovo, come tutti, immerso nel neostatalismo selvaggio.
—————————————————————————–
Qui le puntate precedenti di La dieta culturale