Almeno lasciate in pace la libertà. Libertà è una parola sfortunata nella democrazia italiana, perlomeno negli ultimi anni. Ognuno l’ha sempre usata a modo suo, e come diceva Robert Alan Dahl della democrazia, quando una parola significa tutto, allora non significa proprio più niente. A lungo agitata con furore da Silvio Berlusconi, proprio per questo, nel lento tramonto del Cavaliere di Arcore, era quasi scomparsa dal dibattito pubblico. Ora torna nella discussione sul Green Pass.
Da una parte, a destra, libertà è intesa come libertà di movimento e proprietà di sé e del proprio corpo, che può voler dire rifiutare il vaccino se lo si teme o si nega che serva per qualsiasi motivo. Piaccia o meno la destra, queste cose assomigliano alla libertà individuale per come la conosciamo.
Ma l’autoproprietà contempla anche la possibilità di scegliere di sottoporsi a vaccinazione. Circa 35 milioni di italiani l’hanno interpretata così, cogliendo appieno che per godere della propria libertà, per trarne tutti i benefici, essi hanno bisogno di poter entrare in relazione con altri senza temere di essere visti come fonte di contagio possibile. Le società moderne si fondano su un’estesa divisione del lavoro, questa divisione del lavoro ha bisogno di un certo grado di fiducia anche fra estranei, il contagio la mette in discussione.
Tuttavia ci sono problemi anche quando chi giudica la scelta di vaccinarsi la migliore per tutti, poi considera un capriccio irrazionale il rifiuto del vaccino, senza cercare di capirne i motivi. Un gruppo (ma anche un singolo individuo) è tanto più rispettoso della libertà quanto più accetta che quella altrui possa essere utilizzata per fini che non condivide. Tolleranza significa precisamente questo.
Tutto ciò che destra e non coincide per forza con l’establishment mediatico e politico, definisce libertà quella cosa secondo cui la tua finisce dove comincia quella degli altri. La frase, fortunatissima, ma anche terribilmente ambigua, è più simpatica nella versione inglese, riconducibile a una battuta di Oliver Wendell Holmes: la libertà di movimento del mio pugno è limitata dalla posizione del naso del mio vicino.
Le persone che hanno studiato filosofia al liceo assoceranno l’idea alla filosofia di Kant, ma la libertà per Kant è una faccenda complicata, che ha a che fare con la determinazione della condotta da parte della ragione.
La legge morale dovrebbe portarci a vivere senza infrangere la libertà degli altri, ma solo perché questo lo detta la ragione riconoscendo tale massima come un imperativo. Herbert Spencer propose a sua volta una legge dell’eguale libertà: «Ogni uomo può pretendere la più ampia libertà di esercitare le sue facoltà compatibile col possesso di analoga libertà da parte di ogni altro uomo».
Dovrebbe già essere evidente perché tutto ciò ha poco a che fare con l’obbligatorietà della vaccinazione o l’estensione dell’ambito di utilizzo del green pass. La mia libertà finisce dove comincia la tua (formulazione un po’ più elegante di la tua libertà finisce dove comincia la mia) ha a che fare con la dimensione individuale dell’azione, con il modo nel quale degli individui non debbono potersi fare alcune cose gli uni agli altri.
Il processo di vaccinazione ha invece a che fare con scelte collettive. Meglio sarebbe forse tirare in ballo l’harm principle di John Stuart Mill: «L’unico scopo per il quale il potere può essere giustamente esercitato su qualsiasi membro di una comunità civile, contro la sua volontà, è quello di prevenire un danno agli altri». Le letture e le applicazioni del principio di Mill sono state le più diverse, incluse quelle a favore della vaccinazione obbligatoria. Ma il danno cui si richiama il principio dev’essere, ci pare, chiaramente specificato. Per degli esemplari di homo sapiens che hanno vissuto e selezionato i propri comportamenti in comunità di alcune decine o un centinaio circa di individui per 200mila anni, e poi sono transitati a vivere in città e megalopoli, che erano 5 milioni 10mila anni fa e sono 7 miliardi oggi sul pianeta, il concetto di danno è diventato qualcosa di via via diversamente articolato e negoziato.
Il danno provocato a tutti noi da no vax ed esitanti è sicuramente indiretto e, per ora, potenziale. Prima che ci fossero i vaccini e le cure mediche efficaci, e quando imperversavano le epidemie, cioè fino a un secolo fa, la questione non era neppure pensabile. Danno indiretto: il naso di chi non vuol essere colpito dal pugno altrui, oggi, è ampiamente coperto. Un numero assai elevato d’italiani si è già vaccinato e molti si apprestano a farsi immunizzare.
Qualche vaccinato contrarrà comunque Covid-19, perché la copertura non è del 100%, e, pochissimi, potrebbero anche rischiare la morte. Ma è difficile immaginare che l’uso del green pass e la restrizione di alcune attività ai soli vaccinati con due dosi abbiano un effetto rilevante sulla situazione di chi si è già fatto, continuamente, vaccinare e probabilmente, se le sue preferenze rivelano alcunché, ha già uno stile di vita che tenta di venire alle prese con i rischi di contagio. Joe Biden, con più efficacia, ha parlato di una «pandemia dei non vaccinati».
Per stare alla metafora, qui il pugno si scontra con il tuo stesso naso. Peraltro, logicamente, prima di dire che sarebbero dovute a no vax o +esitanti/renitenti, si dovrebbe procedere a convocare personalmente chi non si è ancora vaccinato, in particolare gli oltre 2 milioni di over 60 non ancora protetti. In altre parole, si sta presumendo una motivazione ideologica per un comportamento che potrebbe essere semplicemente frutto di mancanza d’informazione.
Danno potenziale: il vero danno è dato dalla paventata chiusura delle attività economiche e dal malfunzionamento delle scuole, con l’autunno. La vaccinazione la scongiura? Cerchiamo di essere chiari. Sicuramente un più rapido raggiungimento dell’immunità collettiva è auspicabile di per sé ma quest’ultima è un concetto sfuggente, di volta in volta associato a soglie differenti, un mito ora esecrato (l’immunità di gregge versione svedese o versione Boris Johnson prima maniera) ora esaltato (l’immunità per via del green pass).
Il miraggio deterministico dell’immunità collettiva, per cui superata una soglia magica nessuno si contagia più, è appunto un miraggio. È improbabile che ci si arrivi mai per SARS-Cov-2: il virus continuerà a circolare e grazie alla sua circolazione sempre più ampia è più probabile che diventi uno dei tanti coronavirus che causano il raffreddore.
Le varianti che bucano il vaccino, come si dice con gergo da social media, non emergono grazie ai non vaccinati (per contagiare un non vaccinato il virus non ha bisogno di sviluppare nuove strategie – ad ascoltare certi ragionamenti finalistici applicati all’evoluzione dei virus sembra che Darwin non abbia mai scritto un rigo) ma senz’altro si propagano attraverso una maggiore circolazione del virus. Nuove varianti continueranno a emergere e, in un mondo aperto e interconnesso, a viaggiare.
La nostra lotta con SARS-Cov-2 non finirà con la vaccinazione di massa: speriamo tutti evolverà verso una situazione nella quale riusciremo con più serenità a trattare i malati ma l’emersione di una nuova variante che costringa a scelte politiche estreme non può essere esclusa a priori. Certamente un Paese più vaccinato è un Paese più protetto. Ma proprio perché la lotta sarà lunga e non finisce qui bisogna prestare attenzione ai messaggi.
Esitanti e no vax andrebbero convinti, o bisognerebbe perlomeno provarci. Le idee di libertà, in medicina, si traducono in concetti come l’informazione del paziente: il consenso informato ha sostituito il paternalismo medico, la scienza e coscienza del medico non legittimano più le manipolazioni dei pazienti. Ottenere il consenso delle persone è importante, così come stimolarne maggiore fiducia verso i vaccini e la scienza. Finora il governo ha fatto pochino, con il disastroso caso AstraZeneca (e l’ancor più disastrosa comunicazione dello stesso), cui solo l’efficienza del generale Figliuolo ha parzialmente posto rimedio.
Lo stesso Figliuolo ha riconosciuto che le informazioni date, sulla base d’indicazioni tecniche, sono state troppo spesso contraddittorie. Dove sono i medici di medicina generale, che dovrebbero e potrebbero contattare i pazienti più a rischio? Dov’è una buona campagna d’informazione del governo sul vaccino, la cara vecchia pubblicità progresso, per dissipare i dubbi?
È paradossale che si normi l’accesso ai concerti e ai ristoranti al chiuso, ma che invece si sia renitenti a obbligare a vaccinarsi quelle figure d’impiegati pubblici, a cominciare dagli insegnanti delle scuole, per cui sì vale il principio del danno di Mill, in ragione delle particolari caratteristiche del loro lavoro. Ci auguriamo tutti di non chiudere di nuovo a settembre. Ma forse alla possibilità di concretizzare quel danno potenziale contribuisce anzitutto una certa comunicazione: ansiogena, allarmista, alla fin fine indifferente rispetto alla libertà delle persone, considerate alla stregua di bambini che vanno costretti a mangiare la minestra. Attenzione. A furia di considerare le persone dei bambini, ci si ritrova con una società rimbambita. Cioè con persone riportate a quella condizione di minorità che Kant pensava sarebbe stata superata grazie all’illuminismo acceso dal coraggio di conoscere.