Tavole d’autore Milano porta del Mediterraneo

Cenare in città e trovarsi catapultati a ogni boccone in un diverso punto del mare tra Africa ed Europa. Scoprendo come il design aiuti a comprendere concetti troppo astratti per poter essere mangiati e soprattutto digeriti. Con il cibo a fare da strumento

Uno dei miei viaggi del cuore è stato in Tunisia, mille anni fa, con mio padre che mi ha portata a dorso di cammello a Matmata. Forse era un’esperienza turistica, il fatto che con noi ci fosse un giornalista ha fatto di quel viaggio una vera esperienza per me, ragazzina che aveva solo il desiderio di raccontare la verità sul mondo che la circondava.

A un certo punto del viaggio ci siamo trovati dentro a una grotta, a gustare cous cous con le mani. Un’esperienza che mi era sembrata estrema (a casa la mamma era piuttosto rigida con il bon ton), che non avevo mai provato prima e che mi ha offerto un susseguirsi di sapori inattesi e meravigliosi, regalandomi una delle prime esperienze gustative della vita. E se il cibo è memoria, quello di Marco Ambrosino mi ha riportato esattamente lì, a quel viaggio adolescenziale in una terra sconosciuta, a quell’approccio per me un po’ improvvisato e molto entusiasta a un nuovo modo di intendere il viaggio e il cibo. Quella terra, così vicina, mi appariva in tutta la sua estraneità, pur avendo molto in comune con me.

Sabato sera sono stata in Grecia, in Tunisia, in Marocco e in Sardegna, a Napoli e in Sicilia, senza muovermi da Milano. Il senso ultimo del sapore del Mediterraneo è racchiuso nella vibrante proposta di Ambrosino, giovane e brillante mente e mano del 28 Posti a Milano, dove trovare la sintesi migliore di una cucina fatta di pensiero e riflessione, storia e tradizioni, anima di quello che dal Mediterraneo prende corpo.

E in un menu che alterna pomodoro e tartufo, ostrica e acqua di pasta fermentata, miso di legumi e burro alle rose, curry verde e kimchi di fiori di zucchine, arriva l’agnello, che è liturgico e catartico, perfetta sintesi di un pensiero che va al di là del cibo e sublima nella perfezione del ricordo, un esercizio di sintesi difficile da trovare altrove.

Qui si pensa, ma il pensiero non è invadente, ma anzi accompagna con intelligenza il percorso, spiegandolo con oggetti meditati, pensati, studiati per farci riflettere su come il mondo sta diventando e su come possiamo agire per migliorarlo.
Con il food designer spagnolo Martí Guixé lo Chef Ambrosino ha progettato in occasione della settimana milanese del design una cena-manifesto in cui sia gli oggetti che il menu rielaborano in chiave simbolica i concetti di sostenibilità ambientale, economica e sociale, dimostrando come attraverso un modello di ristorazione sostenibile sia possibile contribuire positivamente alla lotta allo spreco alimentare e incidere con messaggi concreti sulla possibilità di cambiare le abitudini dei consumatori. Piccoli cambiamenti che, se considerati su scala globale, possono avere un enorme effetto sulla riduzione dell’impatto ambientale causato dal consumo alimentare umano.

Il progetto è stato realizzato in collaborazione con gli studenti del Master in Food Design and Innovation della Scuola Politecnica di Design SPD. Coordinati dal designer e dallo chef, i ragazzi sono stati invitati a partecipare a una call progettuale legata al tema della cena e ai concetti portati sulla tavola del “28 Posti”. Il viaggio del menu è fatto dunque anche di oggetti, e – se il commensale è particolarmente attento – anche di spunti di dialogo e riflessione.

Dall’impugnatura da usare in segno di adesione al progetto Social Warming, perfettamente aderente alla mano che la stringe, a due sfere in vetro che simboleggiano l’importanza del risparmio d’acqua derivante dalla dieta mediterranea, tutto in questo menu è stato meditato e ragionato, e ha un senso per chi lo vuole cogliere.

Un viaggio non virtuale, ma realizzato attraverso il palato, del gusto e della memoria, della riflessione e della piacevolezza, che non può che stupire e appassionare. Ribaltandoci a ogni assaggio in un luogo diverso dello spirito e del corpo.
Forse il fatto di non aver più frequentato per lungo tempo ristoranti gourmet a causa della pandemia mi ha condizionata, ma credo di no. Qui c’è l’essenza del buono, la mano abile, il senso ultimo dell’accoglienza, e un’idea precisa e una indiscussa sintesi di un pensiero che non lascia spazio a dubbi.

Ambrosino ha capito il mondo che lo circonda, il mondo multietnico e inclusivo che lo accoglie, ed è stato in grado di sintetizzarlo in una perfetta sequenza di piatti, in un crescendo di pensieri e sapori che conquisteranno il vostro cuore e la vostra mente. Facendovi allo stesso tempo riflettere sul posto da occupare nel mondo e sull’impatto che potrete avere sulla Terra.

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