Indignazione e sconcerto: dopo il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan, diplomatici, generali e commentatori hanno attaccato la gestione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Sotto processo, l’apparente tradimento di Washington e il declino dell’egemonia americana nello scenario geopolitico globale.
Il segretario alla Difesa britannico, Ben Wallace, si è chiesto se un paese che non fosse pronto ad «attaccare» fosse ancora considerabile una superpotenza. L’ex premier inglese Tony Blair ha accusato Biden di basare la sua politica estera su slogan elettorali «imbecilli».
Davanti al Parlamento inglese, l’ex primo ministro Theresa May ha chiesto se il suo successore, Boris Johnson, avesse parlato con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, riguardo la «possibilità di mettere insieme una coalizione alternativa in grado di garantire la presenza dell’alleanza in Afghanistan senza gli Stati Uniti».
Anche altrove non è andata diversamente. In Germania, la Cancelliera uscente Angela Merkel ha affermato che il crollo in Afghanistan è stato un «evento amaro», mentre Norbert Röttgen, presidente della commissione per le Relazioni estere del parlamento tedesco, ha parlato di «errore di calcolo grave e di vasta portata».
L’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha scritto sul New York Times che l’Europa dovrebbe iniziare a reggersi sulle sue gambe, «liberandosi dalla tata americana, la cui attenzione sembra andare alla deriva».
Come scrive Tom McTague sull’Atlantic, c’è del vero in tutte queste accuse: la decisione presa da Washington ha portato a legittime preoccupazioni (in tutta Europa e specialmente nel Regno Unito) sulla necessità di una maggiore indipendenza dagli Stati Uniti, come ha ribadito il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, in una lunga intervista concessa a Le Grand Continent, rilanciando l’idea di un’autonomia strategica europea.
L’era Obama-Trump-Biden potrebbe essere vista come un periodo di ridimensionamento, una fase di transizione e superamento della supremazia geopolitica a stelle e strisce.
Ma parte di queste dichiarazioni sono pregne di un’ipocrisia fastidiosa. Per un segretario alla Difesa britannico lamentarsi dell’impegno americano richiede un po’ di sfacciataggine. Personalità vicine al premier Boris Johnson riconoscono quanto gli stessi inglesi abbiano svolto un ruolo di primo piano nel fallimento occidentale su Kabul.
Nel dibattito inglese non si riconoscono, né ricordano, la politica interventista fallimentare in Medio Oriente. In entrambe le principali operazioni britanniche negli ultimi 20 anni, a Bassora in Iraq e a Helmand in Afghanistan, la reputazione di Londra è stata salvata dall’intervento degli Stati Uniti. L’Iraq, in particolare, ha rappresentato una vera umiliazione militare per gli inglesi.
Dopo quelle due operazioni, le forze britanniche hanno fatto poco o nessun progresso in Afghanistan. Per due decenni hanno tentato di pacificare, governare e trasformare un’area molto povera del mondo con l’aiuto americano. Ma hanno fallito.
Nel suo articolo, McTague prosegue spiegando che la cosa più assurda, oggi, sarebbe sostenere l’idea secondo cui il Regno Unito avrebbe potuto mettere insieme una coalizione per portare avanti la presenza della Nato in Afghanistan senza il supporto degli Stati Uniti. Londra non aveva l’impegno e i mezzi per realizzare con successo questa idea, che infatti è rimasta solo una ipotesi. Il Regno Unito non ha né il peso internazionale, né il sostegno pubblico necessari per assumere il comando, laddove gli Stati Uniti avevano fallito. Già nel 2011 l’insuccesso nel rovesciare il dittatore Muammar Gheddafi in Libia senza l’ausilio americano denotava tutta la debolezza di Londra.
Per la Germania, il solo fatto di essere in Afghanistan è stato per l’amministrazione tedesca un passo importante, ma il paese non ha mai ricoperto un ruolo centrale.
Sul fronte dell’Unione Europea, leggere il pezzo di Borrell pubblicato sul New York Times permette di comprendere tutta la sua scarsità di ambizioni. L’obiettivo dichiarato è quello di una forza militare paneuropea di cinquemila persone in grado di proteggere una base aerea. Implicito, nell’asserzione, è il riconoscimento che oggi non esiste una forza coordinata capace di un obiettivo così limitato.
La verità è che Joe Biden e gli Stati Uniti non hanno tradito né gli inglesi né gli europei. Il mancato lieto fine della vicenda afghana riflette l’inevitabile destino di un mondo che il presidente democratico ha solo ereditato.
Vent’anni d’impegno americano sono sbiaditi sotto gli occhi di un Europa che, impegnata com’era a sbandierare la propria raffinatezza, è stata miope: intrappolata nell’illusione di un passato che non è mai stato e di un futuro che non ha la volontà di realizzare.