Totus politicusL’inefficace pantomima di Salvini e il doppio colpo in canna di Draghi

Il presidente del Consiglio tiene insieme e consolida la sua maggioranza, al riparo da pericoli di scivolate letali. Allo stesso tempo rafforzando l’unità della coalizione si mette nelle condizioni di poter contare su una larghissima maggioranza per il Quirinale, nel caso decidesse di lasciare Palazzo Chigi

Unsplash

Non c’è alcun dubbio sul fatto che Mario Draghi sia in questa fase l’unica persona in grado di tenere tra le mani tutti i fili della politica italiana e che il suo tasso di professionismo politico (che a Micromega giudicano l’anticamera della morte della democrazia, lui è «un capo che sottomette i partiti») sia stia dimostrando ogni giorno più elevato: e pazienza se questo potrà dispiacere alla giovane Jasmine Cristallo (movimento delle Sardine) che a Piazzapulita giovedì sera ha spiegato che in politica ci vuole una «connessione sentimentale col popolo» (un Gramsci da Wikipedia non si nega a nessuno) e che – altro che pragmatismo! – non bisogna stare sulla «torre eburnea»: ce l’aveva con il vicino di sedia Carlo Calenda, uno che da un anno piaccia o no sta per le strade di Roma a fare politica.

Draghi però non fa il movimentista magari in vista di un seggio in consiglio comunale – Mattia Santori docet –  ma è il capo di un governo alle prese con problemi la cui entità Jasmine non immagina, un governo peraltro minato al suo interno da un partito, la Lega, che abbaia continuamente alla luna alla quale infatti ogni tanto va mollato un ossicino per farla stare buona: e ogni volta è così, Salvini strepita per i tg della sera e i titoli dei giornali dell’indomani, poi Draghi lo riceve, lo ascolta pazientemente, lo persuade a non esacerbare la situazione e poi gli offre il contentino, tipo l’apertura delle discoteche. E come abbiamo già scritto tempo fa usando una non bellissima espressione da Transatlantico l’ex Capitano “fa pippa”. Fino alla prossima mattina.

E così mentre Jasmine – simpatica solo perché è il titolo di un gran disco di Keith Jarrett e di un bel film di Woody Allen – invoca a casaccio Giuseppe Di Vittorio, va ricordato che il presidente del Consiglio sta svolgendo il suo lavoro puntualmente ricompattando la maggioranza e senza arretrare di un millimetro dalle sue strategie. Non si può infatti neppure parlare di vere e proprie mediazioni giacché tutte le volte Salvini non porta a casa niente (ricordate l’attacco a Luciana Lamorgese? Ecco). 

In questo modo il presidente del Consiglio si mette nelle condizioni di avere un doppio colpo in canna. Da una parte – va da sé – tiene insieme e consolida la sua maggioranza che infatti è al riparo da pericoli di scivolate letali, e questa è una ottima premessa per andare avanti con tranquillità; dall’altra parte, rafforzando l’unità della coalizione, automaticamente Draghi si mette nelle condizioni di poter contare su una larghissima maggioranza per il Quirinale, un’eventualità su cui com’è noto esistono posizioni diverse ma che è tuttora un’ipotesi molto forte.

Potrebbe essere eletto “alla Ciampi” alla prima votazione, ma anche nel caso in cui se nelle prime tre votazioni i veti incrociati determinassero un’impasse, ecco che lui potrebbe fare il salvatore della Patria al quarto scrutinio. Per ora sono tutte chiacchiere.

Quel che è certo è che il presidente del Consiglio sta tessendo la tela in ogni direzione e fin nei minimi dettagli: questo è il senso anche della lunga telefonata di ieri con un Silvio Berlusconi chiaramente infastidito dalle pessime perfomance dell’alleato Salvini (a proposito, che fine ha fatto l’idea della federazione?). Mario Draghi, totus politicus come diceva Benedetto Croce, certamente stringe i bulloni della maggioranza per il bene del governo. E non solo.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter