American BeautyCome funziona il lavoro dell’artista secondo Jeff Koons

La percezione della propria attività cambia di continuo, spiega l’autore statunitense al critico Massimiliano Gioni in “Il desiderio messo a nudo” (Johan & Levi). Non serve fare sottili analisi di ciò che si è fatto, semmai occorre seguire le intuizioni, registrare i particolari interessanti colti nella vita di tutti i giorni per trasformarli in qualcosa di nuovo

AP Photo/Francesco Fedeli

MG Vorrei tornare per un momento all’immagine dell’America e dell’american dream nel tuo lavoro. George Carlin ha detto che il “sogno americano” si chiama così perché soltanto chi dorme può crederci veramente… In un’epoca in cui la società americana è sempre più polarizzata, pensi di avere una percezione diversa del tuo lavoro e del suo rapporto con la cultura popolare?

JK La percezione del proprio lavoro e persino quella di se stessi mutano in continuazione. Non è che mi sieda a pensare in maniera analitica al mio lavoro e ai modi in cui è cambiato, o che mi metta a studiare le differenze tra il presente e il passato. Naturalmente sono consapevole del fatto che la cultura in cui viviamo cambia e si trasforma continuamente. E vedo quello che mi succede attorno: assisto anche io alle crisi e alle tragedie nel mondo, ma le vedo come una persona, non necessariamente come un artista.

So che tutti questi avvenimenti prima o poi avranno un impatto sulla mia arte, ma non li processo o rielaboro attivamente nel mio lavoro. Il mondo penetra nell’opera, questo è certo, ma è difficile spiegare come. Lavoro in modo molto intuitivo e a guidarmi sono solo i miei interessi. A volte mi ci vuole un anno o due per capire che un certo aspetto del lavoro sta diventando troppo decorativo, per esempio, o che devo puntare in una direzione diversa e abbandonare una determinata idea.

Non capita mai che mi sieda a riflettere e dopo un attento esame arrivi a dire: “Adesso voglio fare un’opera su questo tema o su quel soggetto”. Non è così che funziona. Piuttosto noto dei cambiamenti nel mio modo di pensare quando riguardo delle vecchie foto o dei vecchi appunti: certe volte il seme di un’idea può restare lì per un paio d’anni o più, prima che cominci a lavorarci su o addirittura prima ancora che io riesca a riconoscerlo.

MG Quindi il tuo metodo consiste nel continuare ad accumulare materiale indipendentemente da ciò su cui stai lavorando o da quello che succede attorno a te?

JK Quel che faccio è vivere la mia vita, proprio come fai tu. Ciascuno di noi fa l’esperienza della propria vita. Ma è inevitabile che abbiamo tutti esperienze diverse e che le nostre vite individuali ci portino a sviluppare gusti differenti. Se vedo un colore o un motivo particolare in grado di catturare la mia attenzione, allora mi sforzo di memorizzarlo… sono queste le cose che cerco di assimilare. Ci sono certi dettagli che saltano naturalmente all’occhio: io mi limito a registrarli nella mente, dedicandoci una particolare attenzione.

È un processo che ha luogo non solo nella mente ma anche nel corpo. È un’esperienza molto fisica, ed è per questo che trovo difficile spiegare come l’attualità e quello che succede nel mondo facciano il proprio ingresso nell’opera, se non attraverso l’atto stesso del vivere.

da “Il desiderio messo a nudo. Conversazioni con Jeff Koons”, di Massimliano Gioni (traduzione di Federico Florian), Johan & Levi editore, 2021, pagine 144, euro 16

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